giovedì 11 ottobre 2012

“Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” di Laurent Tirard: il mondo visto con gli occhi dei bambini.


Ispirandosi alla serie di racconti illustrati ideata da René Goscinny e Jean Jacques Sempé alla fine degli anni cinquanta, nel 2009 il regista Laurent Tirard ha realizzato per il grande schermo una pellicola estremamente piacevole e divertente. Campione di incassi in Francia, “Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” ha riscosso un enorme successo di pubblico soprattutto per la sua capacità di raccontare tramite lo sguardo infantile e incantato di un gruppo di bambini un’epoca purtroppo ormai lontana.
Nicolas (Maxime Godart) è un bambino di 8 anni che, nella Francia della fine degli anni cinquanta, trascorre in modo spensierato le sue giornate tra la scuola, la famiglia e gli amici.
Un giorno, equivocando il contenuto di una conversazione tra i suoi genitori (Kad Merad e Valérie Lemercier), inizia a credere che presto avrà un fratellino. Prevedendo quindi che le attenzioni di mamma e papà non saranno più rivolte esclusivamente a lui, e temendo di essere da loro abbandonato nel bosco come Pollicino, Nicolas coinvolge i suoi compagni di scuola affinché, dopo la sua nascita, il bambino venga immediatamente rapito.
Dopo una serie di divertenti equivoci e peripezie, Nicolas si convincerà del fatto che avere un fratello più piccolo non è poi così male e, soprattutto, può presentare dei vantaggi; purtroppo per lui, però, la realtà si rivelerà ben diversa  da ciò che invece aveva immaginato…



Con questa pellicola il regista ci accompagna in un’epoca che ci appare come sospesa nel tempo e, per questo motivo, surreale.
Quello de “Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” è un mondo visto con gli occhi dei bambini, all’interno del quale la cosa peggiore che può capitarci è di ricevere una punizione da parte della maestra o, proprio come accade a Nicolas, di venire a sapere che presto non saremo più gli unici destinatari delle abituali attenzioni degli adulti.
Grazie alla particolare cura impiegata nel ricreare, con scenografie e costumi, le atmosfere tipiche di quel tempo, abbiamo la sensazione di (ri)vivere in quella Francia della fine degli anni cinquanta che abbiamo conosciuto tramite l’ampia filmografia di quel periodo.
Gli spettatori adulti, che erano anche loro bambini all’epoca in cui sono ambientate le avventure di Nicolas, saranno molto probabilmente assaliti da una forte nostalgia per quei tempi ormai lontani ma, allo stesso tempo, non potranno fare a meno di sorridere di fronte all’ingenuità che solitamente caratterizza quell’età spensierata e che accomuna il nostro protagonista e i suoi compagni di classe.
Il pubblico più giovane, invece, non faticherà a riconoscersi nei singoli personaggi creati, più di cinquant’anni fa, dalla fervida immaginazione di Sempé e Goscinny ( quest’ultimo, autore tra l’altro insieme a Uderzo del celeberrimo Asterix ).
Decisamente lodevole la recitazione del piccolo Maxime Godart, alla sua prima esperienza di fronte alla macchina da presa; mentre Valérie Lemercier et Kad Merad (quest’ultimo noto al pubblico   italiano soprattutto per la sua irresistibile interpretazione in “Giù al nord” ) si confermano ancora una volta dei veri campioni di comicità.



Titolo: Il piccolo Nicolas e i suoi genitori ( Le petit Nicolas )
Regia: Laurent Tirard
Interpreti : Kad Merad, Valérie Lemercier, Maxime Godart, Sandrine Kiberlain, Michel Duchossoy
Nazionalità: Francia
Anno : 2009


domenica 7 ottobre 2012

“La ragazza sul ponte” di Patrice Leconte: una favola moderna la cui morale ci invita alla speranza.


Girato in bianco e nero da Patrice Leconte, il regista del fortunato “Il marito della parrucchiera”, “La ragazza sul ponte” narra come l’inaspettato incontro tra una giovane donna  e un uomo maturo   (interpretati rispettivamente da una deliziosa Vanessa Paradis e uno smaliziato Daniel Auteuil) riesce a stravolgere completamente le sorti delle loro disperate esistenze. E’ una favola moderna dalle tinte noir, la cui morale ci esorta a credere, oltreché a sperare, che nella vita, anche nelle situazioni apparentemente più critiche, possa sempre esserci un lieto fine.
Adèle (Vanessa Paradis) è una giovane donna con un passato travagliato alle spalle. Alla continua ricerca del vero amore fin dai primi anni della sua adolescenza, si è sempre sentita usata dagli uomini che ha incontrato lungo il suo percorso e che si sono approfittati della sua ingenuità.
Una notte, in preda al massimo sconforto, decide di porre fine alla sua breve esistenza, gettandosi da un ponte sulla Senna.
Salvata in extremis da Gabor (Daniel Auteuil), un maturo lanciatore di coltelli disoccupato, le viene proposto da quest’ultimo di diventare sua assistente negli spettacoli che organizza in giro per l’Europa.
Sebbene inizialmente titubante, Adèle finisce per accettare la proposta di lavoro di quell’uomo, non avendo nulla da perdere.
A seguito di quell’insolito incontro, inizierà per loro due un periodo di inaspettata fortuna, durante il quale si ritroveranno a viaggiare con il loro spettacolo dalla Francia all’Italia, dalla Grecia alla Turchia.
Acquisita una maggiore fiducia in se stessa e nei confronti della vita, Adèle deciderà così di allontanarsi da Gabor, dopo essersi per l’ennesima volta infatuata di un uomo da poco conosciuto su di una nave da crociera.
Il suo rapporto con il lanciatore di coltelli, mantenutosi fino ad allora su di un piano strettamente professionale, si paleserà essere qualcosa di più profondo, soltanto quando lei, resasi definitivamente conto di non poter più stare lontano da quell’uomo, deciderà di tornare da lui.
I due si rincontreranno a Istanbul. Questa volta, però, sarà Adèle a trovarlo su di un ponte, in procinto di gettarsi nel fiume.
L’improvvisa apparizione e la dolcezza della ragazza dissuaderanno Gabor dal commettere quell’estremo gesto.



Partendo dall’incontro di due persone che, pur caratterialmente diverse, sembrano vivere costantemente sull’orlo del precipizio, Leconte dipana una storia sull’amore e la fortuna, sulla voglia di scegliersi e, soprattutto, di rimanere insieme.
Adèle è una ragazza che, nonostante la sua giovane età, può a ragion veduta ritenersi delusa dalla vita. La sera in cui decide di farla finita per sempre, ecco che l’incontro con Gabor le accende nell’animo un nuovo barlume di speranza
Sebbene inizialmente terrorizzata dall’idea di diventare il vulnerabile bersaglio dei suoi pericolosissimi coltelli, Adèle decide di seguire quell’uomo, la cui maturità gli permette di guardare alla vita con disincanto.
Fino a quando i due rimangono insieme, la fortuna continua a sorridere a entrambi, con i loro spettacoli che riscuotono ovunque un enorme successo.
Il loro è un rapporto che, sebbene improntato essenzialmente alla professionalità, sembra nascondere qualcosa di più profondo e coinvolgente, sebbene nessuno dei due abbia il coraggio di riconoscerlo e, quindi, di ammetterlo.
In effetti, è nel momento in cui vediamo Gabor lanciare con estrema precisione i suoi affilati coltelli contro Adèle, che tra i due sembra instaurarsi una maggiore intimità, proprio come in un rapporto erotico, all’interno del quale si presenta alquanto labile il confine tra paura e piacere; come  appare evidente anche dalla visione di questa clip, in cui, grazie anche alla stupenda melodia di "Who Will Take My Dreams Away?" ( interpretata da Marianne Faithful ), ci ritroviamo magicamente coinvolti nella sensuale atmosfera di quel momento così carico di passione; una passione destinata inevitabilmente ad esplodere.
La scelta del bianco e nero, oltre a rendere questa pellicola originale dal punto di vista visivo, riesce a sospenderla nel tempo, come se il regista avesse voluto sottolineare l’eterna validità del messaggio di speranza che con “La ragazza sul ponte” ci vuole trasmettere.



Titolo: La ragazza sul ponte ( La fille sur le pont )
Regia: Patrice Leconte
Interpreti : Daniel Auteuil, Vanessa Paradis, Luc Palun, Frederic Pfluger
Nazionalità: Francia
Anno : 1999

domenica 30 settembre 2012

“Il disprezzo” di Jean-Luc Godard: scene da un matrimonio, in crisi.


Tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia pubblicato nel 1954, e girato in Italia tra Roma e Capri, “Il disprezzo” è considerato un vero e proprio classico della cinematografia d’Oltralpe. Diretti da Jean-Luc Godard, uno dei grandi maestri della Nouvelle Vague, Brigitte Bardot e Michel Piccoli interpretano una coppia francese il cui matrimonio appare ormai giunto inevitabilmente al capolinea.
Paul Javal (Michel Piccoli), uno sceneggiatore teatrale francese, è sposato con Camille (Brigitte Bardot), un’ex-dattilografa.
La coppia vive a Roma, dove recentemente ha acquistato una casa, conducendo una vita apparentemente tranquilla e felice.
Paul viene contattato da un produttore americano, Jeremy Prokosh (Jack Palance), per riscrivere la sceneggiatura di un film basato sull’Odissea di Omero, e diretto da Fritz Lang, con lo scopo di modernizzarla.
Il giorno dell’appuntamento con Prokosh, Paul viene raggiunto da Camille presso gli studi di Cinecittà. Vedendola, l’americano ne rimane subito affascinato e, con la scusa di discutere con più tranquillità i dettagli della sua proposta, invita la coppia a seguirlo a casa sua.
Intenzionato a raggiungerli successivamente in taxi, lo sceneggiatore esorta la moglie ad andare lei con Prokosh.
Camille, sicura che Paul l’abbia fatto per lasciarla da sola con il produttore americano, inizia a disprezzare il marito, accusandolo di essere troppo arrendevole ai compromessi; e a seguito di ciò il loro rapporto entra in crisi, sebbene prima di quell’episodio sembrasse navigare in acque tranquille.
La situazione continuerà a degenerare, anche dopo che la coppia si sarà trasferita a Capri per seguire le riprese del film, fino a quando la storia non  giungerà a un fatale e tragico epilogo…



Riprendendo le linee guida del romanzo di Moravia, Jean-Luc Godard realizzò una pellicola personale, dal carattere decisamente più commerciale rispetto ai suoi precedenti lavori, in un’epoca in cui la Nouvelle Vague stava vivendo una situazione di profondo stallo.
Così come era stato distribuito nelle sale italiane, “Il disprezzo” appariva notevolmente diverso da quello della versione che era stata invece presentata al pubblico francese ( di cui vi consiglio vivamente la visione, anche se sottotitolata in italiano ).
In effetti Carlo Ponti, uno dei produttori del film, riteneva che la copia originale fosse inaccettabile per il mercato italiano; per questo motivo provvide a far tagliare e rimontare alcune scene, nonché a modificare alcuni dialoghi, con la conseguenza di stravolgere il significato originale della pellicola.
Lo stesso Godard, dopo aver visto la versione rielaborata da Ponti, ne rinnegò immediatamente la paternità.
Proprio per motivi di censura, nella versione giunta nella sale italiane furono tagliate due scene in cui Brigitte Bardot appariva nuda. All’inizio del film, nel momento in cui Camille e Paul giacciono sul letto una accanto all’altro e, più avanti, quando vediamo l’attrice francese distesa su di un tappeto bianco.
L’indimenticabile “Thème de Camille” composto da Georges Delerue, nella versione italiana venne, a mio avviso, inspiegabilmente sostituito dalla musica di Piero Piccioni, facendo perdere così alla pellicola parte della sua originaria drammaticità, invece così ben sottolineata dalla struggente melodia di Delerue, che potete (ri)ascoltare cliccando QUI.
“Il disprezzo” si contraddistingue anche per il suo notevole impatto visivo sullo spettatore,  grazie a una magistrale fotografia che ricorre all’utilizzo di colori vivaci, soprattutto nelle scene ambientate a Capri in cui predominano il blu del mare, il giallo del sole e il rosso della villa.
Accanto ad una sensualissima Brigitte Bardot, e a un impareggiabile Michel Piccoli, ritroviamo il grande Jack Palance nel ruolo del facoltoso produttore americano e, nella parte di se stesso, Fritz Lang, l’indimenticabile regista austriaco che Godard, per la grandissima stima che nutriva nei confronti del suo lavoro,  volle in questo suo ennesimo e controverso film.



Titolo: Il disprezzo ( Le mépris )
Regia: Jean-Luc Godard
Interpreti : Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance, Fritz Lang, Giorgio Moll
Nazionalità: Francia
Anno : 1963



sabato 22 settembre 2012

“Giù al nord” di Dany Boon: quando i pregiudizi si combattono ridendo.


Già campione d’incassi al box-office francese, nell’ottobre del 2008 “Giù al nord”, diretto e interpretato da Dany Boon, arrivò nelle nostre sale, riscuotendo un notevole successo di pubblico anche qui in Italia. In questa pellicola il regista affronta in chiave comica il tema delle differenze sociali e culturali tra il nord e il sud della Francia e i pregiudizi che ne derivano. Due anni più tardi, nel 2010, il “nostro” Claudio Bisio decise poi di realizzarne un remake in salsa italiana: il fortunatissimo “Benvenuti al sud”.
Philippe (Kad Merad) è il direttore dell’ufficio postale di Salon-de-Provence.
Costantemente  pressato dalla moglie Julie (Zoé Felix), che vuole andare a vivere in Costa Azzurra, e nel tentativo di ottenere più facilmente il trasferimento in quella regione, decide di fingersi disabile. Scoperto però da un ispettore che sta seguendo la sua pratica, invece di essere licenziato, viene assegnato per punizione all’ufficio postale di Bergues, nel freddo Nord-Pas de Calais.
A causa dei numerosi pregiudizi che avvolgono quella regione della Francia,  Philippe vive  questo trasferimento come una vera e propria tragedia; a ogni modo, costretto ad accettare la nuova destinazione, si prepara a partire senza la sua famiglia al seguito.
Nei giorni che seguiranno il suo arrivo a Bergues, scoprirà però che il clima non è poi così terribile come glielo avevano descritto, e gli abitanti del luogo, sebbene parlino lo Ch’ti ( un dialetto a lui praticamente incomprensibile ) si dimostreranno nei suoi confronti estremamente ospitali.
Inoltre con i colleghi, e in particolar modo con Antoine (Dany Boon),  settimana dopo settimana si svilupperà un profondo rapporto di amicizia. Quando infatti dopo tre anni, e numerose e divertenti peripezie, Philippe otterrà finalmente il tanto atteso trasferimento nel sud della Francia, per lui sarà estremamente doloroso separarsi dai suoi cari amici Ch’ti.


Originario proprio del Nord-Pas de Calais, Dany Boon ha voluto dedicare questa sua seconda opera come regista a un tema al quale è particolarmente sensibile; ovvero il diffuso pregiudizio dei  francesi nei confronti dell’area di Lille, ritenuta incredibilmente fredda e piovosa e, soprattutto, abitata da persone grette e poco socievoli.
E’ proprio nel tentativo di dissipare questi spiacevoli preconcetti che Boon ha realizzato una  commedia esilarante ma al tempo stesso estremamente umana, in cui vediamo il personaggio interpretato da Kad Merad cambiare lentamente opinione sugli abitanti di Bergues e sulle loro abitudini, rivelandosi così del tutto infondato ciò che fino ad allora  gli era stato raccontato su quella regione del nord della Francia.
Dopo tre anni, nel momento in cui verrà finalmente trasferito  al sud, a Porquerolles, constaterà poi la veridicità del proverbio citatogli da Antoine al momento del suo arrivo a Bergues, ovvero: “Quando uno straniero viene a vivere al nord, raglia due volte: quando arriva e quando riparte”.
Philippe rappresenta il prototipo di colui che, non conoscendo da vicino il Nord-Pas de Calais, ne ha un’idea estremamente negativa, a causa delle sue difficili condizioni climatiche, della povertà e  disperazione degli abitanti.
La maggior parte delle gag a cui assistiamo durante la visione del film ruota intorno alle frequenti incomprensioni tra Philippe e i suoi colleghi derivanti dall’uso dello Ch’ti, in cui, fra le varie peculiarità,  la pronuncia delle “s” diventa “ch”, e il “toi” e “moi” si trasformano rispettivamente in “ti” e “mi”.
Nonostante l’impresa si presentasse tutt’altro che semplice, bisogna a ogni modo riconoscere che con “Giù al nord” Dany Boon è riuscito a far riflettere e, contemporaneamente, a  divertire i suoi connazionali, facendoli ridere fino alle lacrime, come dichiarato dal quotidiano francese “Le Monde”.



Titolo: Giù al nord ( Bienvenue chez les Ch’tis )
Regia: Dany Boon
Interpreti : Kad Merad, Dany Boon, Zoé Felix, Philippe Duquesne, Line Renaud
Nazionalità: Francia
Anno : 2007

martedì 18 settembre 2012

“Per fortuna che ci sei” di James Huth: l’amore, quando meno te lo aspetti.


Uscito in Francia nel giugno di quest’anno, e da noi trasmesso di recente, direttamente in televisione, “Per fortuna che ci sei” è una commedia romantica che, sebbene di produzione francese, per struttura e ritmo riporta alla mente le vecchie pellicole hollywoodiane degli anni trenta e quaranta. Accanto a una splendida Sophie Marceau ritroviamo il simpaticissimo Gad Elmaleh, che qui in Italia conosciamo soprattutto per i suoi ruoli comici ne “Una top model nel mio letto” e “Ti va di pagare?
Sacha (Gad Elmaleh) è un musicista single che trascorre le sue serate suonando il piano nei jazz club, divertendosi con gli amici e passando da una donna all’altra. Vive da solo in un loft situato nel quartiere di Montmartre senza alcuna responsabilità sulle spalle e, soprattutto, senza avvertire minimamente il bisogno di una relazione sentimentale stabile; questo fino a quando, in un piovoso martedì di maggio, non incontra Charlotte (Sophie Marceau). Tra i due scatta immediatamente il colpo di fulmine.
Lei è una donna in carriera, che organizza mostre di arte contemporanea per conto di Alain Posche (François Berléand), potente e arrogante uomo d’affari parigino, nonché l’ultimo dei due suoi ex-mariti. Dovendo inoltre occuparsi di tre figli, conduce una vita diametralmente opposta a quella di Sacha.
Sebbene i due apparentemente non abbiamo nulla in comune, dopo una serie di peripezie, capiranno però di non poter più fare a meno l’uno dell’altra.


Non è certamente la prima volta che l’idea della storia d’amore tra due persone caratterialmente agli antipodi viene utilizzata dal cinema, soprattutto da quello americano; ed è proprio alle indimenticabili pellicole di Frank Capra e George Cukor che si è ispirato James Huth per realizzare questa divertente commedia rosa in cui sono evidenti i richiami al genere slapstick.
Per fare questo il regista si è avvalso non solo dell’innata comicità di Gad Elmaleh, ma anche del poliedrico talento di Sophie Marceau che, nonostante l’immagine decisamente sofisticata di Charlotte, in questo film vediamo più volte inciampare e cadere rovinosamente a terra in modo alquanto maldestro.
Tra il personaggio di Sacha e quello di Charlotte, è indubbiamente il primo ad affrontare un vero e proprio cambiamento; dichiaratamente allergico alle relazioni stabili e, soprattutto, ai bambini, a poco a poco lo vediamo prendere le distanze da alcune posizioni che hanno contraddistinto per anni il suo stile di vita prima dell’incontro con Charlotte.
Quest’ultima invece, dopo la fine del suo secondo matrimonio, sembra non avere né il tempo né il desiderio di pensare a un nuovo amore, in quanto già sufficientemente impegnata a destreggiarsi tra la sua carriera e la cura dei propri figli. 
In un ruolo secondario, ma non per questo meno importante, ritroviamo il bravissimo François Berléand, nei panni di uno dei due ex-mariti di Charlotte, il quale, al fine di contrastare la relazione tra i due, non mancherà di esercitare la sua influenza nel tentativo di screditare professionalmente il musicista.
La scelta delle locations contribuisce indubbiamente a conferire un ulteriore tocco glamour a questa pellicola, la cui fotografia ci regala una Parigi insolitamente colorata e luminosa, perfino nella scena dell’incontro sotto la pioggia tra Sacha e Charlotte, in cui possiamo riascoltare in sottofondo l’indimenticabile “A sunday kind of love” di Etta James. 


Titolo: Per fortuna che ci sei ( Un bonheur n’arrive jamais seul )
Regia: James Huth
Interpreti : Sophie Marceau, Gad Elmaleh, Maurice Barthélémy, François Berléand
Nazionalità: Francia
Anno : 2011

giovedì 13 settembre 2012

“Bella di giorno” di Luis Buñuel: la fragilità di una donna morbosamente in bilico tra sogno e realtà.


Tratto da un romanzo di Joseph Kessel del 1929, e diretto nel 1967 dal regista spagnolo Luis Buñuel, “Bella di giorno” suscitò un enorme scandalo per la scabrosità dei temi trattati all’epoca in cui uscì nelle sale. A ogni modo, in considerazione dell’elevato valore artistico riconosciutogli, questo film si aggiudicò il Leone d’oro alla  Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Protagonista della pellicola è una straordinaria Catherine Deneuve, nel ruolo di una moglie borghese dalla personalità alquanto complessa, affiancata da alcuni mostri sacri del cinema francese che rispondono ai nomi di Jean Sorel, Michel Piccoli e Pierre Clementi.
Séverine (Catherine Deneuve) è l’elegante e sofisticata moglie di un medico parigino (Jean Sorel).
A causa di turbe psichiche che, da quello che riusciamo a intuire, risalgono probabilmente agli anni della sua infanzia, ha una vita affettiva alquanto distorta, caratterizzata da un’evidente frigidità nel rapporto con il marito e, contemporaneamente, da evidenti inclinazioni masochiste.
Nel tentativo di dare sfogo alle proprie fantasie erotiche e di liberarsi dalle fobie che ne condizionano pesantemente l’esistenza, Séverine inizia a prostituirsi tutti i pomeriggi, dalle 14 alle 17, presso l’appartamento di Madame Anaїs (Geneviève Page), con il nome di “Bella di giorno”.
L’incontro con Marcel (Pierre Clementi), uno dei frequentatori di quella casa di appuntamenti, e la travolgente passione che li unirà, avrà però delle inaspettate e, soprattutto, drammatiche conseguenze nella vita di Séverine.


Ambientata in un’incantevole Parigi della metà degli anni sessanta, la pellicola di Buñuel nasconde  sotto la sua elegante patina dorata tutte le torbide contraddizioni di una donna borghese, incapace di  vivere serenamente il proprio matrimonio.
Alla base di questa sua instabilità affettiva sembrano esserci le molestie sessuali subite da bambina da parte di un adulto, secondo quanto possiamo intuire dalla visione di un breve flashback all’interno del film.
La narrazione del regista si contraddistingue per un continuo intrecciarsi della realtà con il sogno, all’interno del quale Séverine si rifugia dando libero sfogo alle sue fantasie più intime; questo almeno fino a quando non inizierà a prostituirsi.
Inizialmente timorosa e riluttante ad assecondare i desideri e le perversioni dei clienti della casa di appuntamento presso la quale si reca quotidianamente, ben presto però si renderà conto di non poter più fare a meno di quella sua vita “parallela”, in cui “Bella di giorno” prende il posto di Séverine.
La fatale attrazione per Marcel, personaggio dalla fedina penale tutt’altro che pulita, segnerà però l’inizio di un drammatico precipitare degli eventi, in conseguenza del quale Séverine smetterà di essere una delle ragazze di Madame Anaїs, pur continuando però a rifugiarsi nelle atmosfere oniriche dei suoi sogni.




Titolo: Bella di giorno ( Belle de jour )
Regia: Luis Buñuel
Interpreti : Catherine Deneuve, Jean Sorel, Michel Piccoli, Macha Meril, Pierre Clementi
Nazionalità: Francia
Anno : 1967

sabato 8 settembre 2012

“Tanguy” di Etienne Chatiliez: un graffiante ritratto della società ( italiana ) moderna.


Prendendo spunto da un fatto di cronaca italiana, nel 2001 il regista Etienne Chatiliez girò “Tanguy”: una commedia, campione d’incassi in Francia,  dallo stile garbato ma allo stesso tempo graffiante.
In questa pellicola ritroviamo, tra gli altri, due attori del calibro di Sabine Azéma e André Dussollier, nell’esilarante ruolo di una coppia di genitori esasperati da un figlio che, sebbene abbia ormai concluso il suo ciclo di studi, non sembra per nulla intenzionato ad abbandonare il tetto familiare.
Tanguy Guetz (Eric Berger) ha 28 anni. E’ un ragazzo incredibilmente capace, con un brillante curriculum scolastico, in cui spiccano una laurea in scienze politiche, un master in filosofia e la conoscenza fluente delle lingue orientali, che sta per essere ulteriormente arricchito da una seconda laurea in cinese.
Abita felicemente con la madre Edith (Sabine Azéma) e il padre Paul (André Dussollier), ai quali si rivolge sempre in maniera estremamente affettuosa.
Tanguy ha però la curiosa abitudine di portarsi a casa le sue numerose partner occasionali, che puntualmente il mattino dopo presenta ai suoi genitori nel momento in cui stanno facendo colazione.
Non sembra minimamente intenzionato ad andare a vivere da solo; questo almeno finché non avrà discusso la tesi, grazie alla quale per lui potrebbe presentarsi un’importante opportunità di lavoro a Pechino.
Quando però mancano solamente poche settimane al giorno previsto per la discussione, Tanguy decide di rinviare tutto all’anno successivo per paura che la fretta rovini il lavoro da lui svolto fino a quel momento.
I genitori, che attendevano con impazienza la partenza del figlio per Pechino, per poter ritrovare così un po’ della loro perduta intimità, non sopportando più  di averlo per casa, iniziano a rendergli l’esistenza impossibile, affinché lui si decida una volta per tutte ad andare a vivere per conto proprio.
Tanguy trova quindi un piccolo appartamento dove andare ad abitare, ma subito dopo  la prima notte, durante la quale è vittima di un attacco di panico, Edith e Paul si sentono in dovere di riaccoglierlo in casa.
Nel frattempo la loro convivenza continua comunque a degenerare, fino a quando, dopo essere stato cacciato malamente di casa, Tanguy non li cita addirittura in giudizio, vincendo per giunta la causa.
Un’inaspettata partenza per Pechino, però, riuscirà a risolvere miracolosamente ogni problema della famiglia Guetz… 



Sebbene il fenomeno sociologico dei figli che tardano ad abbandonare la casa dei genitori sia oramai considerato un tratto distintivo della società italiana, ulteriormente accentuato dalla crisi economica che stiamo attraversando, di certo non poteva affermarsi la stessa cosa per ciò che accadeva in Francia all’epoca in cui il regista decise di girare “Tanguy”; la cui sceneggiatura, come già accennato nell’introduzione, prende proprio spunto da un fatto realmente accaduto in Italia.
Partendo da una situazione che, a dire il vero, per noi non ha nulla di straordinario, Chatiliez è riuscito a realizzare un graffiante ritratto di una moderna famiglia borghese, all’interno della quale una coppia di genitori esasperati, e interpretati da due irresistibili assi del cinema francese, ricorrono a qualsiasi bassezza pur di riuscire a cacciare di casa il loro talentuoso figlio che, stranamente, reagisce alle innumerevoli provocazioni di mamma e papà con una calma quasi irritante.
Piegandosi alle esigenze della commedia, Chatiliez spinge ovviamente la situazione al limite del paradossale; il che ci permette di trascorrere un paio di ore in compagnia di una piacevole pellicola, facendoci allo stesso tempo riflettere su di un fenomeno di innegabile importanza sociale.




Titolo: Tanguy ( Tanguy )
Regia: Etienne Chatiliez
Interpreti : André Dussollier, Sabine Azéma, Eric Berger
Nazionalità: Francia
Anno : 2001


martedì 4 settembre 2012

“Beautiful lies” di Pierre Salvadori: le bugie hanno sempre le gambe corte.


Dopo il successo di “Ti va di pagare?”, nel 2010 Audrey Tautou tornò a essere diretta da Pierre Salvadori in “Beautiful lies”: una divertente commedia degli equivoci, nella quale la ritroviamo accanto alla bravissima Nathalie Baye, che in questo film interpreta il ruolo di sua madre.
Emilie (Audrey Tautou) ha recentemente aperto un salone di bellezza insieme ad un’amica.
Una mattina di primavera riceve per posta una dichiarazione d’amore da parte di un ammiratore segreto; troppo impegnata con il suo lavoro, non è comunque minimamente incuriosita da quella lettera, e così decide di cestinarla.
In realtà l’autore di quella missiva è Jean (Sami Bouajila), il ragazzo che si occupa dei lavori di manutenzione all’interno del suo salone.
Maddy (Nathalie Baye), la madre di Emilie, non si è più ripresa da quando è stata lasciata dal marito per una donna più giovane. Da parte sua continua comunque a sperare di poter tornare insieme a lui, ma non sa che in realtà è in procinto di sposarsi con la sua amante e che i due sono in attesa di un figlio.
Rivelatisi vani i numerosi tentativi di Emilie per farle riacquistare la fiducia in se stessa, la giovane decide allora di ricopiare la lettera ricevuta dal suo ammiratore misterioso, e di spedirla alla madre, nella speranza che questo possa aiutarla a sentirsi nuovamente apprezzata dagli uomini.
A seguito di questa sua innocente bugia si scatenerà però tutta una serie di divertenti equivoci e, soprattutto, verrà a crearsi un insolito triangolo amoroso tra Emilie, Maddy e Jean… 


Girato nella colorata cittadina di Sète, località marittima del sud della Francia, “Beautiful lies” riunisce sullo schermo due generazioni di attrici francesi. 
La maturità e il fascino di Nathalie Baye, interprete molto apprezzata non solamente in Francia, si contrappongono alla simpatia e alla freschezza di Audrey Tautou, che, diretta per la seconda volta dal poliedrico Pierre Salvadori, ritroviamo in un ruolo che sembra esserle stato cucito addosso.
Emilie ci viene presentata come una ragazza delusa dall’amore e, in conseguenza di ciò, apparentemente un po’ cinica.
Il desiderio di veder tornare a sorridere sua madre, la spingerà comunque a un insolito gesto che, pur innescando una reazione a catena di equivoci, permetterà anche a lei di riaprire gli occhi e, soprattutto, il cuore a un nuovo amore.
Pur nella sua semplicità, questa spensierata commedia riesce nel suo intento di far sorridere lo spettatore, grazie soprattutto alle interpretazioni delle due protagoniste che, sebbene nei rispettivi ruoli di madre e figlia, si ritroveranno a essere addirittura rivali.



Titolo: Beautiful lies ( De vrais mensonges )
Regia: Pierre Salvadori
Interpreti : Audreay Tautou, Nathalie Baye, Sami Bouajila
Nazionalità: Francia
Anno : 2010



giovedì 30 agosto 2012

“La sposa in nero” di François Truffaut: la vendetta è un piatto che va servito freddo.


E’ un raffinato thriller di annata quello che vi ripropongo con la cartolina dalla Francia di oggi.
Tratto dall’omonimo romanzo di Cornell Woolrich, e diretto nel 1968 da François Truffaut, “La sposa in nero” è un’altra indimenticabile pellicola del grande cineasta francese, in cui ritroviamo un’intensa Jeanne Moreau nei panni di una seducente e misteriosa dark lady assetata di vendetta.
Julie (Jeanne Moreau) e David (Serge Rousseau) si conoscono dall’infanzia.
Con il passare del tempo, poi, la loro amicizia si trasforma lentamente in amore; e così, divenuti adulti, i due decidono finalmente di sposarsi.
Il giorno del loro matrimonio, mentre stanno uscendo dalla chiesa, David viene però ucciso da un proiettile partito accidentalmente da un fucile.
Responsabili di quello stupido gesto sono cinque amici che, nel momento dell’incidente, si trovano riuniti in un appartamento situato proprio di fronte alla chiesa.
Resisi conto dell’accaduto, e temendo delle ripercussioni sulle loro carriere, i cinque decidono quindi di fuggire prima di essere individuati e arrestati.
Molti anni dopo Julie partirà alla loro ricerca. Spostandosi da una località all’altra della Francia, riuscirà così a rintracciare il playboy Bliss (Claude Rich), l’impiegato di banca Coral (Michel Bouquet), il politico Morane (Michael Lonsdale), il trafficante di auto Delvaux (Daniel Boulanger) e, infine, il pittore Fergus (Charles Denner).
Uno dopo l’altro, ognuno di loro verrà ucciso da Julie che, dal giorno del suo matrimonio, vive solamente per vendicare l’assurda morte del marito.



“La sposa in nero” è un film che, nonostante la linearità della sua struttura narrativa, affascina e intriga fin dalle sue prime immagini.
Una serie di brevi flashback, a cui il regista ricorre per scandire ognuno dei singoli delitti perpetrati dalla gelida e spietata Julie, ci rende a poco a poco partecipi di ciò  che è accaduto molti anni prima, permettendoci così di capire cosa c’è alla base del desiderio di vendetta della sposa in nero.
Nella parte di Julie, pietrificata nel suo dolore, ma allo stesso tempo più che mai determinata a vendicarsi di chi l’ha per sempre privata della gioia di vivere, Jeanne Moreau è semplicemente straordinaria.
Eleganti abiti e raffinate acconciature accentuano il fascino di una donna, che con il suo sensuale alone di mistero riesce ad attirare nella sua trappola ciascuna delle vittime designate, rivelando loro la sua vera identità solo quando sarà troppo tardi per sottrarsi alla sua implacabile vendetta.
Seguendo Julie nei suoi molteplici spostamenti, necessari per riuscire a rintracciare i cinque uomini responsabili dell’omicidio del marito, “La sposa in nero” ci permette di viaggiare tra Cannes, Grenoble e Parigi, regalandoci così un’affascinante immagine della Francia della fine degli anni sessanta.



Titolo: La sposa in nero ( La mariée était en noir )

Regia: François Truffaut

Interpreti : Jeanne Moreau, Claude Rich, Jean-Claude Brialy, Daniel Boulanger, Michael Lonsdale, Michel Bouquet, Charles Denner, 
Nazionalità: Francia
Anno : 1968


domenica 26 agosto 2012

“Cuori” di Alain Resnais: sei personaggi in cerca di felicità.


Diretta nel 2006 dal grande maestro Alain Resnais, e basata sul testo teatrale dell’inglese Alan Ayckbourn, “Cuori” è un film corale in cui ritroviamo, tra gli attori di un cast in stato di grazia, la “nostra” bravissima Laura Morante.
In una grigia e invernale Parigi dei nostri giorni, in cui sembra che non smetta mai di nevicare, scorrono di fronte ai nostri occhi le vite di sei persone: tre uomini e tre donne.
Nicole (Laura Morante) è impegnata nella ricerca di un appartamento dove trasferirsi insieme a  Dan (Lambert Wilson), sebbene i due stiano attraversando una profonda crisi.
L’uomo, recentemente radiato dall’esercito, dove ricopriva la carica di ufficiale, nell’attesa di un nuovo impiego trascorre le sue giornate bevendo e parlando con Lionel (Pierre Arditi), il barman del locale dove si reca quotidianamente.
Quest’ultimo vive con il padre, un anziano scorbutico e bisognoso di assistenza. Per questo motivo, non potendo lasciarlo da solo quando deve recarsi al lavoro, Lionel si rivolge a Charlotte (Sabine Azéma), impiegata in un’agenzia immobiliare durante il giorno, e assistente domiciliare volontaria la sera.
La donna gli dà l’impressione di essere molto disponibile e paziente con l’intrattabile genitore e, soprattutto, estremamente religiosa.
In realtà, dietro alla sua immagine bigotta si nasconde un animo inquieto e disinibito, come ha occasione di constatare anche Thierry (André Dussollier), il collega dell’agenzia immobiliare.
Quest’ultimo infatti, che nutre una grande ammirazione nei confronti di Charlotte, scopre per caso la vera indole della donna durante la visione di una videocassetta da lei prestatagli.
Credendo che si tratti di un suo invito a farsi avanti, Thierry ne approfitta per dichiararle finalmente i propri sentimenti ma, purtroppo, viene da lei miseramente respinto.
Infine vi è Gioëlle (Isabelle Carré), la sorella di Thierry, la quale, costantemente alla ricerca del grande amore della sua vita, ricorre abitualmente alla pubblicazione di annunci sui giornali, però senza alcun successo.


Leone d’Argento a Venezia per la migliore regia, “Cuori” intreccia le storie di sei persone accomunate da una fragilità interiore che ne permea l’esistenza.
Ciascuno di essi si ritrova quotidianamente a lottare contro la solitudine, nel tentativo di riuscire a trovare la tanto agognata felicità; e nonostante cerchi con ogni mezzo di evadere dal grigiore delle proprie giornate, sembra inevitabilmente destinato a rimanere imprigionato nel suo angusto spazio vitale.
La neve, che vediamo cadere ininterrottamente durante tutto il film e, soprattutto, nel passaggio da una scena all’altra, sembra renderne ancora più difficile la fuga, e ovattare, non solo i rumori della città, ma anche e soprattutto le loro emozioni.
Parigi, che dai vetri delle finestre intravediamo sotto uno spesso manto bianco, assiste silenziosa alle speranze e alle delusioni dei sei protagonisti.
Nonostante l’evidente tono drammatico della pellicola, proprio in considerazione delle tematiche trattate, il regista affida il compito di farci sorridere alla finta bigotta interpretata dall’esuberante Sabine Azéma; e parlando proprio degli attori, ciascuno di essi, sotto la magistrale direzione di Resnais, riesce a regalarci un’interpretazione intensa ma allo stesso tempo delicata del proprio personaggio.
Ricordo che QUI trovate invece la pagina di “Cartoline dalla Francia” per seguire tutti gli aggiornamenti di questo blog direttamente sul vostro profilo Facebook.


Titolo: Cuori ( Coeurs )
Regia: Alain Resnais
Interpreti : André Dussollier, Pierre Arditi, Lambert Wilson, Sabine Azéma, Isabelle Carré, Laura Morante
Nazionalità : Francia, Italia
Anno : 2006


giovedì 23 agosto 2012

“Il truffacuori” di Pascal Chaumeil: gli inattesi risvolti dell’amore.


La cartolina dalla Francia di oggi arriva dal Principato di Monaco: una delle locations scelte dal regista Pascal Chaumeil per “Il truffacuori”, la divertente pellicola del 2010 in cui ritroviamo in un ruolo comico il poliedrico Romain Duris, affiancato dalla sofisticata Vanessa Paradis.
Alex Lippi (Romain Duris) di professione fa il “sabotatore di coppie” .
Coadiuvato dalla sorella Mélanie (Julie Ferrier) e dal cognato Marc (François Damiens), su richiesta dei clienti e forte del proprio fascino, fa in modo che donne legate sentimentalmente all’uomo sbagliato rompano improvvisamente  il loro fidanzamento.
Alex è talmente bravo nel suo lavoro che riesce sempre a raggiungere l’obiettivo.
Quando però viene contattato dal ricco signor Van der Beck, intenzionato a impedire l’imminente  matrimonio della figlia Juliette (Vanessa Paradis) con un giovane inglese, l’impresa si rivela però tutt’altro che semplice per lui.
A rendere ancora più complicata la matassa ci pensa poi un usuraio, al quale Alex deve un’ingente somma di denaro; una ragione in più per cui deve assolutamente portare a termine con successo la missione per la quale è stato ingaggiato.
Riuscirà anche questa volta nel suo intento, oppure si ritroverà ad affrontare qualcosa di completamente inaspettato per lui?


Il truffacuori” è una commedia piacevole e piena di ritmo, grazie soprattutto alla presenza di  Romain Duris, molto apprezzato in Francia anche in  ruoli drammatici, ma che in Italia conosciamo soprattutto per “L’appartamento spagnolo” e il sequel “Bambole Russe”.
Nella parte del fascinoso Alex, con barba incolta e capelli lunghi, lo vediamo infatti cantare, ballare,  e perfino lanciarsi da una bicicletta su di un battello in movimento.
Il personaggio da lui interpretato è un uomo sicuro di sé, abituato a viaggiare intorno al mondo a causa della sua professione e che, proprio come fosse un agente segreto in missione, si avvale di un’attrezzatura altamente tecnologica.
E’ capace perfino di farsi venire le lacrime agli occhi nel tentativo di far capitolare ai suoi piedi la “vittima” di turno, e impedirle così di sposare la persona sbagliata; ma con Juliette la situazione si prospetta del tutto differente.
Alex le si presenta come suo bodyguard personale, ma lei non ha la minima intenzione di trovarselo tra i piedi.
Lui comunque non si arrende, e quando finalmente sarà sul punto di conquistare anche Juliette, inaspettatamente si ritroverà a fare i conti con la propria coscienza, perché non si può sempre giocare con i sentimenti.
Particolarmente divertente è la scena in cui Alex e Juliette si trovano in macchina e, ascoltando alla radio la celeberrima “Wake me up before you go go” degli Wham,  nessuno dei due riesce a resistere alla tentazione di canticchiarla; come pure quella in cui i due ripropongono l’indimenticabile coreografia tratta dal film “Dirty dancing”.
L’azzeccato susseguirsi di locations differenti contribuisce inoltre a rendere ulteriormente movimentata una già brillante sceneggiatura. L’azione, che ha inizio tra le suggestive dune del deserto africano, si sposta subito dopo nella decisamente più metropolitana Parigi, per poi trasferirsi definitivamente nell’elegante Principato di Monaco.
Qui di seguito trovate il trailer del film, mentre cliccando QUI potete iscrivervi alla pagina di “Cartoline dalla Francia”, se desiderate seguire gli aggiornamenti di questo blog direttamente sul vostro profilo Facebook.

     
Titolo: Il truffacuori ( L’arnacoeur )
Regia: Pascal Chaumeil
Interpreti : Romain Duris, Vanessa Paradis, Julie Ferrier, François Damiens
Nazionalità : Francia, Principato di Monaco
Anno : 2010


sabato 18 agosto 2012

“L’uomo che amava le donne” di François Truffaut: un raffinato ritratto psicologico dell’universo femminile.


L’uomo che amava le donne” è l’ennesimo indimenticabile capolavoro del maestro François Truffaut, a cui vorrei dedicare la cartolina dalla Francia di oggi. Datata 1977, questa è una pellicola assolutamente da riscoprire, con un irresistibile Charles Denner nel ruolo di un impenitente tombeur de femmes.
In un’invernale Montpellier del 1976, un vero e proprio esercito di donne si sta dirigendo verso il cimitero cittadino per commemorare Bertrand Morane: l’uomo dal quale ognuna di loro, in qualche modo, è stata amata.
"Le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia".
Con questa frase, Truffaut riassume la sconfinata passione di Bertrand per le donne e, in particolare,  per le loro gambe.
Basta che lui incontri una donna per strada per rimanerne subito affascinato e decidere di volerla sedurre.
Dopo la scena iniziale del funerale, il film si trasforma immediatamente in un lungo flashback, in cui ripercorriamo, secondo i toni leggiadri della commedia, le varie fasi della vita di Bertrand: dagli anni della sua infanzia, trascorsa con una madre libertina, fino ad arrivare all’età adulta; e così, assistiamo a una divertente carrellata delle sue conquiste: dalla baby-sitter pedinata al supermercato, passando per la disinibita impiegata dell’autonoleggio, fino ad arrivare alla alquanto bizzarra moglie di un medico, che finisce addirittura in carcere a seguito del tentato omicidio del marito.
E’ però nel momento in cui viene rifiutato dalla proprietaria di un negozio di abbigliamento, la quale gli confessa apertamente di prediligere i ragazzi più giovani di lei, che Bertrand decide di scrivere un libro, per tentare di riunirvi tutte le donne da lui avute nel corso della sua vita.



Nonostante sia attanagliato dal dubbio se continuare o meno a scrivere, Bertrand porta comunque a termine la stesura del suo manoscritto e, intenzionato a pubblicarlo, lo presenta a diverse case editrici.
Fra queste, sarà una di Parigi, e in particolar modo una dei suoi editor, a mostrare vivo interesse per la sua opera.
A causa di un incidente stradale, però, Bertrand morirà prima che il suo romanzo, intitolato “L’uomo che amava le donne” per l’appunto, giunga nelle librerie.  
Questo ennesimo capolavoro di Truffaut affronta con simpatica ironia l’incredibile storia di un uomo e della sua smisurata passione per le donne.
Allo stesso tempo, però, è un raffinato ritratto psicologico del poliedrico universo femminile, in cui la donna viene rappresentata con i suoi pregi e difetti, con i suoi punti di forza e debolezza e, ancora una volta, con un approccio nei confronti dell’amore completamente differente da quello maschile.
Nonostante Charles Denner risulti, con la sua simpatica sfacciataggine, protagonista incontrastato della pellicola, dobbiamo inevitabilmente riconoscere la bravura delle sue comprimarie; in particolar modo di Brigitte Fossey, nel ruolo di Geneviève, l’editor della casa editrice che decide di pubblicare il libro di Bertrand; e di Nelly Borgeaud, nel singolare ruolo di un’amante lunatica, condannata per tentato uxoricidio.
Una curiosità: nel 1983 Blake Edwards girò “I miei problemi con le donne”, remake del film di Truffaut, con Burt Reynolds nel ruolo dell’impenitente seduttore.



Titolo: L’uomo che amava le donne ( L’homme qui aimait les femmes )
Regia: François Truffaut
Interpreti : Charles Denner, Nelly Borgeaud, Brigitte Fossey, Leslie Caron, Geneviève Fontanel
Nazionalità : Francia
Anno : 1977