domenica 19 ottobre 2014

“Il mio amico giardiniere” di Jean Becker: il delicato e struggente racconto di un’amicizia ritrovata.


Un pittore di mezz’età (Daniel Auteuil), che sta attraversando un periodo di crisi sia a livello personale che professionale, decide di assumere un giardiniere per creare un piccolo orto all’interno della sua proprietà in campagna, dove è solito rifugiarsi a dipingere durante le sue fughe da Parigi.
Con sua grande sorpresa, gli si presenta alla porta un amico di infanzia (Jean-Pierre Darroussin): un ferroviere adesso in pensione, con la passione per il giardinaggio. 
Sebbene dopo gli anni della scuola i due uomini abbiano preso strade completamente diverse, quell’incontro sarà per entrambi una preziosa occasione per vivere una seconda adolescenza…



Tratta dal romanzo di Henri Cueco, “Dialogue avec mon jardinier”, la pellicola di Jean Becker è il delicato racconto di un’amicizia ritrovata.
NeIl mio amico giardiniere” si assiste infatti all’incontro di due universi completamente differenti: da una parte, quello frenetico del pittore, fatto di serate mondane, gallerie d’arte e visite a musei, dall’altro, quello  più tranquillo del giardiniere, caratterizzato dall’amore per la natura e le piccole cose.
Nonostante i due uomini abbiano avuto esperienze di vita diverse, il loro inaspettato incontro, oltre a riaccendere l’allegra complicità che aveva caratterizzato lo loro amicizia durante gli anni dell’adolescenza, permette a ciascuno di essi di iniziare a guardare il mondo anche con gli occhi dell’altro.
Come già suggerito dal titolo dell’opera di Henri Cueco ( scelto tra l’altro anche per il titolo originale della pellicola ), il dialogo assume un ruolo fondamentale all’interno del loro rapporto; in effetti, è  il dialogo che a poco a poco li porta a confidarsi e ad aiutarsi vicendevolmente, nel tentativo di superare le loro personali afflizioni.
L’interpretazione dei due attori protagonisti risulta indubbiamente riuscita; accanto a Daniel Auteuil ( una vera garanzia del cinema francese ), troviamo un bravissimo Jean-Pierre Darroussin.
Quest’ultimo, ancora poco conosciuto dal pubblico italiano, riesce infatti a divertire e, soprattutto, a commuovere, grazie alla struggente aurea di semplicità e poesia che conferisce al proprio personaggio.


Titolo: Il mio amico giardiniere (Dialogue avec mon jardinier)
Regia: Jean Becker
Interpreti: Daniel Auteuil, Jean-Pierre Darroussin, Fanny Cottençon, Hiamm Abbass
Nazionalità: Francia
Anno: 2007



lunedì 29 settembre 2014

“La mia droga si chiama Julie” di François Truffaut: una tormentata storia d’amore per due grandi icone del cinema francese.


Louis Mahé (Jean-Paul Belmondo) è il proprietario di una piantagione di tabacco sull’isola della Réunion; benestante e ancora scapolo, intrattiene un rapporto di corrispondenza con una donna francese di nome Julie.
Quando poi l’uomo decide di invitarla a raggiungerlo sull’isola, gli si presenta però una persona completamente diversa (Catherine Deneuve) da quella che lui aveva visto in fotografia.
Colpito dall’incredibile bellezza della donna, Louis crede alla sua bizzarra giustificazione, e l’accoglie comunque nella sua proprietà.
Dopo il matrimonio, i due sembrano condurre una felice vita insieme, sebbene alcuni strani atteggiamenti di Julie lascino Louis alquanto perplesso.
Follemente innamorato di lei, decide comunque di consentirle l’accesso illimitato ai propri conti bancari; la donna però, poco dopo, scompare dall’isola con tutti i soldi di Louis.
Scoperto quindi che in realtà sua moglie è una truffatrice, e, soprattutto, che ha assunto l’identità di un'altra persona, Louis si metterà subito sulle sue tracce per vendicarsi, ma le cose non si riveleranno così semplici per lui…



Tratta dal romanzo di William Irish, edito in Italia con il titolo “Vertigine senza fine”, questa ennesima pellicola di François Truffaut riscosse uno scarso successo sia di critica sia di pubblico all’epoca della sua uscita nelle sale.
Fortunatamente di diverso parere è invece il popolo dei cinefili, che considera “La mia droga si chiama Julie” un vero e proprio capolavoro; il grande maestro francese, infatti, è riuscito mirabilmente a miscelare il thriller con il mélo, senza lesinare una buona dose di humor nero.
In effetti, le intriganti atmosfere hitchcockiane che caratterizzano la prima parte del film, lasciano poi spazio ad uno sviluppo della storia decisamente più melodrammatico.
Catherine Deneuve è semplicemente straordinaria nel suo ruolo di affascinante dark lady con un doloroso passato alle spalle; mentre un altrettanto straordinario Jean-Paul Belmondo, all’epoca, spiazzò completamente il pubblico dei suoi affezionati fan, non abituati a vederlo recitare nei panni di un uomo solo in apparenza forte, perdutamente innamorato di una donna, e, soprattutto, soggiogato dal suo fascino.
Sebbene durante la visione della pellicola appaia evidente che le azioni di Louis e Julie/Marion sono mosse da motivazioni diametralmente opposte, è però nel romantico finale immerso nella neve, che i due sembrano aver finalmente trovato uno stabile punto di contatto; ma, almeno questa volta, sarà stata sincera lei?


Titolo: La mia droga di chiama Julie ( La sirène du Mississipi )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Catherine Deneuve, Jean-Paul Belmondo, Michel Bouquet
Nazionalità: Francia
Anno: 1969



mercoledì 17 settembre 2014

“L’avversario” di Nicole Garcia: l’allucinante racconto di una storia vera.


Jean-Marc Faure (Daniel Auteuil) è un medico affermato, nonché ricercatore presso l’OMS di Ginevra; sposato con Christine (Géraldine Pailhas) e padre di due bambini, conduce un’esistenza agiata nei pressi dei confini con la Svizzera.
All’apparenza la sua vita sembrerebbe perfetta, se non fosse per un particolare: Jean-Marc non si è mai laureato; abbandonati gli studi al secondo anno di medicina, da quel momento in poi ha sempre fatto credere a tutti di essere quello che non è.
Tutte le mattine esce di casa fingendo di recarsi al lavoro, mentre in realtà trascorre le giornate nella propria auto, parcheggiata all’interno delle stazioni di servizio, o, addirittura, in camere di albergo, quando deve simulare un viaggio all’estero.
Non avendo un lavoro, ma desiderando ugualmente garantire a se stesso e ai componenti della propria famiglia un elevato tenore di vita, nel corso degli anni è riuscito, con la truffa, ad impossessarsi del denaro di parenti e amici.
Con il passare del tempo, però, diventa sempre più difficile per lui portare avanti questa messa in scena, tanto più che Christine inizia a sospettare che il marito le abbia sempre mentito.
Il giorno in cui lei riesce finalmente a metterlo di fronte alle sue menzogne, l’uomo la uccide; poco dopo, anche ai due figli e ai genitori di Jean-Marc toccherà la stessa drammatica sorte…



Nel 1993 Jean-Claude Romand, dopo essersi finto medico per diciotto anni, sterminò l’intera famiglia, venendo per questo motivo condannato all’ergastolo.
A seguito degli incontri avuti con lui in carcere, Emmanuel Carrère ha poi scritto un romanzo sulla sua storia, “L’avversario”; ed è proprio da questo libro che Nicole  Garcia ha tratto la sua allucinante pellicola, modificando però i nomi dei singoli personaggi coinvolti nella vicenda.
Nella parte di Jean-Marc Faure, Daniel Auteuil dà l’ennesima dimostrazione della sua indiscussa bravura.
In effetti, è semplicemente straordinario nell’interpretare un uomo per il quale l’apparire è più importante dell’essere, e la cui preoccupazione principale, malgrado tutto, consiste nel non far mai mancare nulla ai propri familiari; ed è proprio a causa di questa sua visione della vita che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, Jean-Marc si ritrova sempre più intrappolato nel vortice della menzogna.
Per tutta la durata del film, gli intensi sguardi ed i lunghi silenzi di Daniel Auteuil risultano decisamente più eloquenti delle parole, nel trasmettere allo spettatore la crescente angoscia del suo personaggio; quella stessa angoscia che, spingendolo a poco a poco verso un punto di non ritorno, finirà per portarlo a macchiarsi del più atroce dei delitti.
La drammatica colonna sonora del maestro Angelo Badalamenti, poi, riesce a  sottolineare alla perfezione l’atmosfera di suspense e follia che permea l’intera pellicola, nonché l’incredibile freddezza con la quale l’intera vicenda viene abilmente narrata dalla regista, nonché attrice, di origine algerina.


Titolo: L’avversario ( L’adversaire )
Regia: Nicole Garcia
Interpreti: Daniel Auteuil, Géraldine Pailhas, François Cluzet, Emmanuelle Devos
Nazionalità: Francia
Anno: 2002



domenica 31 agosto 2014

“5x2 – Frammenti di vita amorosa” di François Ozon: un’intrigante storia d’amore a ritroso nel tempo.



Dopo il successo mondiale di “Swimming pool” del 2003, l’anno seguente François Ozon tornò nelle sale cinematografiche con “5x2 – Frammenti di vita amorosa”.
Protagonisti della vicenda sono Marion (Valeria Bruni Tedeschi) e Gilles (Stéphane Freiss), la cui storia d’amore ci viene presentata suddivisa in cinque fasi, esposte però in ordine inverso rispetto al consueto svolgersi degli eventi; e così vediamo per la prima volta i due protagonisti nel giorno del loro divorzio, per poi ritrovarli durante il periodo della loro crisi, nel giorno della nascita del loro primo figlio, in quello della celebrazione del loro matrimonio e, infine, all’epoca del loro primo incontro in Italia.
Questa singolare esposizione dei fatti conferisce originalità alla narrazione di una storia d’amore all’apparenza ordinaria e, allo stesso tempo, propone una diversa chiave di lettura delle cause che hanno portato al fallimento del rapporto tra Marion e Stéphane.



In modo ugualmente originale, Ozon ha poi scelto di concludere ognuno dei cinque quadri che compongono la pellicola con altrettanti brani appartenenti al patrimonio musicale italiano del passato, tra i quali ricordiamo la melodica “Una lacrima sul viso” interpretata da Bobby Solo.
5x2 – Frammenti di vita amorosa” si avvale di un eccellente cast. Accanto a Françoise Fabian e Michael Lonsdale, troviamo una sensuale Valeria Bruni Tedeschi, ed un intenso Stéphane Freiss; questi ultimi due estremamente abili nel riuscire a trasmettere tutte le fragilità e, soprattutto, le contraddizioni che caratterizzano i personaggi da loro interpretati.



Titolo: 5x2 - Frammenti di vita amorosa ( 5x2 cinq fois deux )
Regia: François Ozon
Interpreti: Carla Bruni Tedeschi, Stéphane Freiss, Françoise Fabian, Michael Lonsdale
Nazionalità: Francia
Anno: 2004



domenica 17 agosto 2014

“Frank Costello - Faccia d’angelo” di Jean-Pierre Melville: la complessa analisi psicologica di un moderno samurai.


Frank Costello (Alain Delon) è un giovane e solitario sicario, al quale viene commissionato l’omicidio del proprietario di un night-club di Parigi.
Dopo aver portato a termine l’incarico, cade in una retata della polizia e, in conseguenza di ciò, viene sottoposto ad un confronto “all’americana” al quale è presente anche la pianista del night-club (Cathy Rosier); la donna, pur avendolo chiaramente riconosciuto, dichiara comunque di non averlo mai visto.
Frank viene quindi rilasciato, grazie anche all’alibi fornitogli da Jane (Nathalie Delon), la sua amante.
Da quel momento in poi, però, si ritrova ad essere braccato sia dalla polizia, che non crede assolutamente alla veridicità del suo alibi, sia dai suoi mandanti, i quali, dopo aver tentato di ucciderlo per paura che le indagini possano risalire alla loro organizzazione, finiscono per commissionargli  anche l’omicidio della pianista del night-club.
Risolvendo a modo suo la questione, Frank dimostrerà di essere l’esclusivo artefice del proprio destino…



Ritenuto uno dei film più riusciti della carriera cinematografica di Jean-Pierre Melville, “Frank Costello - Faccia d’angelo” si focalizza essenzialmente sulla complessa analisi psicologica del sicario Frank ( Jeff nella versione originale ) che, proprio come un vero samurai, segue una precisa ritualità nella preparazione ed esecuzione degli omicidi che gli vengono commissionati.
A differenza del titolo inspiegabilmente scelto per la distribuzione del film nelle sale italiane, quello originale, Le samouraï per l’appunto, riassume perfettamente l’essenza di questo intrigante polar francese e, in particolar modo, del ruolo interpretato da un magistrale Alain Delon.
Nonostante la glacialità del suo sguardo, e l’essenzialità dei suoi movimenti, riesce infatti a trasmettere allo spettatore tutta la solitudine del personaggio da lui interpretato; solitudine che ne accomuna l’esistenza a quella di un samurai, come affermato dallo stesso regista nella sua citazione iniziale:  "Non esiste solitudine più profonda del samurai, se non quella della tigre nella giungla".
Il carattere minimalista della pellicola è ben sottolineato anche dall’efficace fotografia  di Henri Decaë, uno dei massimi esponenti della Nouvelle Vague, che ritrae una Parigi decisamente grigia, ma non per questo meno priva di fascino.
Accanto al mitico interprete di Frank Costello, nella pellicola che segnò l’inizio della sua fortunata collaborazione con Jean-Pierre Melville, troviamo anche una splendida Nathalie Delon ( al tempo moglie dell’attore ) nel ruolo dell’amante del moderno samurai.


Titolo: Frank Costello - Faccia d’angelo  ( Le samouraï )
Regia: Jean-Pierre Melville
Interpreti: Alain Delon, Nathalie Delon, François Périer,
Nazionalità: Francia
Anno: 1967


mercoledì 30 luglio 2014

“A lady in Paris” di Ilmar Ragg: il doloroso confronto di due donne di età ed estrazione sociale diversa.


Divorziata e con due figli che studiano lontano da casa, Anne (Laine Mägi) è una estone di mezza età che si prende cura dell’anziana madre; dopo il decesso di quest’ultima, la donna riceve inaspettatamente una proposta di lavoro come badante a Parigi.
Accantonata un’iniziale riluttanza a trasferirsi dall’Estonia alla Francia, Anne decide di accettare l’incarico.
Giunta a Parigi, viene quindi accolta da Stéphane (Patrick Pineau), che la conduce immediatamente a casa dell’anziana Frida (Jeanne Moreau); la donna, anche lei di origine estone, vive in Francia dall’età di dieci anni.
A causa del carattere particolarmente difficile di quest’ultima, che rifiuta assolutamente l’idea di essere accudita, la convivenza tra le due donne non inizia sotto i migliori auspici.
A poco a poco, però, tra le due si sviluppa una sorta di amicizia, al punto che Frida finisce per rivelare ad Anne qual è il vero sentimento che la lega a Stéphane…



Ispirandosi alla vita della propria madre, Ilmar Raag porta sulla schermo la delicata, ma al tempo stesso drammatica storia di Frida, un’anziana estone che, nonostante l’età avanzata, non si rassegna all’idea di dover rinunciare per sempre all’amore di Stéphane.
Quest’ultimo, un uomo di mezz’età, e un tempo suo giovane amante, continua comunque a provare affetto e riconoscenza nei suoi confronti; per questo motivo decide quindi di affidarla alle cure di una persona che possa aiutarla nelle sue occupazioni quotidiane e, soprattutto, impedirle di tentare nuovamente il suicidio.
La sua scelta cadrà su di una connazionale di Frida: Anne; tentando di lasciarsi alle spalle un’esistenza segnata da diversi dolori, la donna si trasferisce dall’Estonia a Parigi nella speranza di potersi costruire una nuova vita proprio nella città che ha sempre desiderato visitare.
Arrivata in Francia, ad Anne sembra però che i suoi sogni siano ben presto destinati ad andare in frantumi.
In effetti, Frida è una donna estremamente capricciosa, che ha vissuto intensamente la propria vita, e che adesso cerca di dissimulare con l’arroganza la paura del tempo che scorre inesorabilmente; e  a questo riguardo, occorrerà tutta la pazienza di Anne per decidere di non tornare definitivamente nel proprio paese.
L’incontro delle due estoni permette al regista di mettere a confronto le esistenze, e i dolori, di due donne di età ed estrazione sociale diversa.
Jeanne Moreau, nella parte di Frida, riesce ancora ad emozionarci con un’altra delle sue indimenticabili interpretazioni, ma è Laine Mägi la vera rivelazione della pellicola.
In effetti, l’intensità del suo sguardo riesce perfettamente a trasmetterci lo stato d’animo di una donna desiderosa di far finalmente ripartire la propria vita in una città simbolo dell’amore per antonomasia.
A lady in Parisè un delicato omaggio del regista estone a Parigi; le lunghe passeggiate di Anne per la città sono infatti una preziosa occasione per ammirarne nuovamente i suoi famosissimi monumenti, nonché i suoi eleganti e romantici boulevard.


Titolo: A lady in Paris  ( Une estonienne à Paris )
Regia: Ilmar Raag
Interpreti: Jeanne Moreau, Laine Mägi, Patrick Pineau, Ita Ever, Fabrice Colson
Nazionalità: Francia, Belgio, Estonia
Anno: 2012




venerdì 11 luglio 2014

“Ricky – Una storia d’amore e libertà” di François Ozon: un drammatico spaccato della società proletaria, dai risvolti decisamente surreali.


Katie (Alexandra Lamy) vive insieme alla figlia Lisa (Mélusine Mayance) nella periferia parigina, dove le sue giornate trascorrono all’insegna della monotonia, tra le occupazioni domestiche ed il suo impiego di operaia in una fabbrica di prodotti chimici; questo finché un giorno, proprio sul lavoro,  la donna non incontra Paco (Sergi López).
Tra i due si accende immediatamente la passione, e dal loro amore qualche mese dopo nasce Ricky, il cui arrivo porta inevitabilmente un’ondata di felicità all’interno della nuova famiglia.
Quando Katie inizia a notare delle strane macchie rosse sulla schiena del bimbo, sospetta immediatamente che lo stesso sia vittima di maltrattamenti da parte di Paco; in conseguenza di ciò il rapporto tra i due si incrina a tal punto che l’uomo decide di andarsene di casa.
Poco tempo dopo, però, in corrispondenza di quelle stesse macchie spuntano due ali, e Ricky inizia a volare…




Tratto da un racconto della scrittrice britannica Rose Tremain, “Ricky – Una storia d’amore e libertà” si presenta inizialmente come un realistico spaccato della classe operaia, per poi virare verso il surreale, grazie anche all’ausilio di riusciti effetti speciali che permettono allo spettatore di assistere, tra l’incredulo ed il divertito, agli allegri voli del piccolo Ricky.
Nella realizzazione del suo undicesimo lungometraggio, François Ozon si è infatti dichiaratamente ispirato al cinema dei fratelli Dardenne, stemperandone però la caratteristica drammaticità con le più leggere atmosfere delle pellicole disneyane.
Nel ribadire l’inammissibilità del possesso esclusivo di un figlio da parte della propria madre, il regista pone quindi la tormentata Katie ( interpretata da un’intensa Alexandra Lamy ) nella dolorosa condizione di dover rinunciare per sempre a Ricky, permettendogli così di vivere liberamente la propria vita, pur di impedirgli di trasformarsi nell’oggetto della morbosa e interessata curiosità dei mass media.
Nonostante la sua indubbia ed estrema particolarità, “Ricky – Una storia d’amore e libertà” ci permette comunque di conoscere un altro aspetto del sempre originale regista francese, che il pubblico italiano ha già ampiamente apprezzato in pellicole del calibro di  “8 donne e un mistero” e “Swimming pool”.


Titolo: Ricky – Una storia d’amore e libertà  ( Ricky )
Regia: François Ozon
Interpreti: Alexandra Lamy, Sergi Lopez, Mélusine Mayance
Nazionalità: Francia, Italia
Anno: 2009




martedì 24 giugno 2014

“Il fascino discreto della borghesia” di Luis Buñuel: una feroce e sarcastica critica della classe borghese.


Don Rafael Acosta (Fernando Rey) è l’ambasciatore in Francia dell’immaginaria Repubblica di Miranda.
Approfittando della sua posizione, l’uomo gestisce un redditizio traffico di stupefacenti insieme ai signori Thévenot (Paul Frankeur) e Sénéchal (Jean-Pierre Cassel), due personalità di spicco della borghesia parigina.
I tre sono soliti frequentarsi anche in società, insieme alla moglie di Sénéchal, Alice (Stéphane Audran), quella di Thévenot, Simone (Delphine Seyrig), e alla sorella di quest’ultima, Florence (Bulle Ogier).
Nonostante la loro volontà di ritrovarsi a cena insieme, per una serie di disparati motivi sono però costretti a rinviare continuamente il loro incontro…


Premiato con l’Oscar come miglior film straniero, “Il fascino discreto della borghesia” è una critica feroce e sarcastica della classe borghese dell’epoca, che si concentra in particolar modo sulla superficialità e inettitudine di un gruppo di amici; come palesemente dimostrato dalla loro incapacità di portare a termine anche un semplice rituale come quello della cena in società.
Volendolo poi esaminare da una prospettiva più ampia, potremmo anche spingerci ad affermare che, in realtà, sia stata la generalità delle relazioni sociali a finire nel mirino dell’acclamato regista spagnolo, per il bizzarro coinvolgimento nella vicenda del clero, della polizia e delle altre istituzioni dello Stato, oltreché della classe borghese.
L’elemento onirico, che ricorre frequentemente nelle opere di Luis Buñuel, svolge un ruolo fondamentale anche in questo suo ennesimo capolavoro; in effetti, la realtà ci appare talmente intrecciata con il sogno, da far assumere alla narrazione un aspetto surreale, e alla commedia un tono alquanto grottesco.
A valorizzare ulteriormente una sceneggiatura già di per sé particolarmente riuscita, contribuisce poi un eccellente cast di interpreti, tra i quali spiccano, oltre all’istrionico Fernando Rey, attore simbolo di Buñuel,  il talentuoso Jean-Pierre Cassel, nonché la brava e affascinante Stéphane Audran.


Titolo: Il fascino discreto della borghesia  ( Le charme discret de la bourgeoisie )
Regia: Luis Buñuel
Interpreti: Fernando Rey, Stéphane Audran, Delphine Seyrig, 
Nazionalità: Francia
Anno: 1972


martedì 17 giugno 2014

“Tutti pazzi per Rose” di Régis Roinsard: una gradevolissima commedia romantica che strizza l’occhio al cinema hollywoodiano degli anni cinquanta.


Francia, fine anni cinquanta. Rose Pamphyle (Déborah  François) è la giovane figlia di un droghiere di un piccolo villaggio della Normandia.
Sebbene il suo destino sia quello di sposare un meccanico del paese, nella sua irrinunciabile aspirazione all’indipendenza, Rose decide però di trasferirsi a Lisieux, alla ricerca di un impiego come segretaria.
Si presenta quindi ad un colloquio di lavoro presso un’agenzia di assicurazioni, il cui titolare, Louis Echard (Romain Duris), rimane alquanto colpito dall’incredibile velocità con cui la ragazza riesce a dattilografare. 
Nonostante non possa vantare precedenti esperienze lavorative, Louis decide comunque di assumere Rose, a condizione che quest’ultima accetti di partecipare ad alcuni campionati di dattilografia, offrendosi  lui stesso di allenarla; a poco a poco, però, l’uomo diventerà per lei qualcosa di più di un semplice allenatore…



“Tutti pazzi per Rose”, primo lungometraggio di Régis  Roinsard, è un colorato omaggio agli anni cinquanta, nonché un realistico ritratto della condizione femminile in quell’epoca.
E’ in effetti l’insopprimibile desiderio di emancipazione di una giovane donna di provincia, con le idee ben chiare su ciò che vuole dalla vita, e con la sufficiente determinazione per ottenerlo, a muovere le file dell’intera vicenda; e la bella e brava Déborah François, uno dei più promettenti talenti dell’attuale cinema francese, riesce indubbiamente a conferire al personaggio da lei interpretato una seducente miscela di tenerezza e sensualità.
Nei panni del suo elegante datore di lavoro, nonché del rigido allenatore ai campionati di dattilografia, ritroviamo poi il poliedrico Romain Duris, che con la sua indiscutibile bravura non smette mai di sorprendere i suoi innumerevoli fans, e non solo loro.
A decretare il successo di “Tutti pazzi per Rose, ha poi indubbiamente contribuito, oltre ad una sceneggiatura caratterizzata da dialoghi decisamente frizzanti, un’accurata ricostruzione dell’epoca, ulteriormente valorizzata dalla vivace fotografia di Guillaume Schiffman, del quale abbiamo già ammirato l’incredibile estro creativo nel pluripremiato “The Artist”.
Il risultato finale è una gradevolissima commedia romantica che, per le ragioni sopra esposte, non mancherà di riportare alla mente dello spettatore le inconfondibili atmosfere delle pellicole hollywoodiane degli anni cinquanta.


Titolo: Tutti pazzi per Rose ( Populaire )
Regia: Régis Roinsard
Interpreti: Romain Duris, Déborah François, Bérénice Bejo, Shaun Benson
Nazionalità: Francia
Anno: 2012



domenica 8 giugno 2014

“Ci sono dei giorni… e delle lune” di Claude Lelouch: un’insolita pellicola corale sulle difficoltà delle relazioni di coppia.


Diciotto ore, a cavallo di una lunga notte di plenilunio, nella vita di un variegato gruppo di persone; è questo il contesto scelto da Claude Lelouche per sviluppare l’idea alla base di “Ci sono dei giorni… e delle lune”: insolita pellicola corale in cui il dramma si mescola con naturalezza alla commedia, arrivando in alcuni punti a rasentare addirittura il limite del grottesco.
Il proprietario di un ristorante (Vincent Lindon), con un matrimonio ormai giunto al capolinea; una donna di mezza età (Annie Girardot) che sopravvive con dolore alla morte della propria figlia, avvenuta sei anni prima; un prete omosessuale che ha una relazione con un antiquario del quartiere; una neo sposa delusa, che abbandona il marito subito dopo il termine dei festeggiamenti.
Questi sono solamente alcuni dei personaggi appartenenti alla lunga ed eterogenea carrellata presentata dal  regista francese, i quali, nel corso di quelle diciotto ore, sembrano non perdere occasione per attribuire alla luna la colpa dei loro discutibili comportamenti. 
Fin dalle prime scene, una voce fuori campo preannuncia allo spettatore che al termine della pellicola assisterà alla morte di uno dei  personaggi coinvolti nella vicenda; in effetti, quel momento sarà per il regista l’occasione per poter finalmente riannodare i vari fili della storia, come a riconferma che il destino di ognuno di noi è inevitabilmente e inaspettatamente intrecciato con quello degli altri esseri umani.



A Lelouch va indubbiamente il merito di essere riuscito a gestire con successo un ampio ventaglio di personaggi che, sebbene si differenzino per età ed estrazione sociale, sono comunque accomunati da un’evidente difficoltà nel riuscire a gestire le loro relazioni di coppia; e per farlo, si è avvalso di un eccellente cast di interpreti, che annovera al suo interno, oltre alla crema del cinema francese dei primi anni novanta, anche delle vere e proprie glorie del passato come l’indimenticabile Serge Reggiani e la sempre intensa Annie Girardot.
Una menzione speciale spetta infine alla suggestiva colonna sonora di Francis Lai, e in particolare al tema principale del film “Il y a des jours… et des lunes”, che segna l’ennesima e fortunata collaborazione tra il compositore di origini italiane e Claude Lelouch.


Titolo: Ci sono dei giorni… e delle lune ( Il y a des jours… et des lunes )
Regia: Claude Lelouch
Interpreti: Annie Girardot, Vincent Lindon, Gérard Lanvin, Serge Reggiani, Patrick Chesnais
Nazionalità: Francia
Anno: 1990


sabato 31 maggio 2014

“Paris-Manhattan” di Sophie Lellouche: una romantica commedia francese nel segno di Woody Allen.


Alice (Alice Taglioni) vive a Parigi, dove è titolare di una farmacia; è una grandissima appassionata della musica di Cole Porter nonché dei film di Woody Allen, dei quali consiglia la visione ai propri clienti come se fosse la cura per ogni loro malanno.
Nonostante sia una ragazza sensibile, di bell’aspetto, e alla continua ricerca dell’anima gemella, Alice è ancora single.
A farle pesare ulteriormente la sua condizione ci pensano poi i suoi familiari, i quali non perdono occasione per organizzarle degli appuntamenti galanti che, purtroppo, non hanno mai un seguito.
Questo fino a quando Alice non incontra ad una festa Victor (Patrick Bruel), un simpatico e disincantato installatore di antifurti, il quale, oltre a non aver mai visto un film di Woody Allen,  sembra non aver nulla in comune con lei. 
A poco a poco, però, la vicinanza di quell’uomo le consentirà di acquisire una visione diversa della vita e, soprattutto, dell’amore…



Il primo lungometraggio di Sophie Lellouche è un originale omaggio alla cinematografia di Woody Allen; in effetti i divertenti dialoghi tra Alice e il poster del geniale cineasta  americano ( e non solamente quelli ) sono una preziosa occasione per citare alcune memorabili frasi tratte dalle pellicole della sua lunga e fortunata filmografia, tra cui ricordiamo “Io & Annie”, “Hannah e le sue sorelle” e  “Manhattan”.
Uno dei meriti della regista francese è quello di essere riuscita a ricreare a Parigi quella sofisticata atmosfera americana tipica delle commedie di Woody Allen, nelle quali vediamo la medio-alta borghesia newyorchese partecipare a feste esclusive, tenute all’interno di lussuosi appartamenti, con una suggestiva musica jazz in sottofondo.
Quella della Lellouche, sebbene senza grandi pretese, è indubbiamente una pellicola gradevole; animata da un vivace cast di interpreti, tra i quali spicca la brava Alice Taglioni, che nella colorata scena finale del film vediamo sfrecciare per le vie di Parigi, in tutta la sua statuaria bellezza, a bordo di un monopattino; accanto a lei, nel ruolo di Victor, ritroviamo poi Patrick Bruel, il talentuoso attore e cantante di origine algerina, noto al pubblico italiano anche per la sua brillante interpretazione in “Cena tra amici”.
Paris-Manhattan”, tra l’altro, riserva ai suoi spettatori una sorpresa del tutto inaspettata; che, come tale, sarebbe un vero peccato rivelare, soprattutto per coloro che finora non si sono ancora lasciati coinvolgere dalle romantiche atmosfere di questa divertente pellicola.



Titolo: Paris-Manhatten ( Paris-Manhattan )
Regia: Sophie Lellouche
Interpreti: Alice Taglioni, Patrick Bruel, Michel Aumont, Marine Delterme
Nazionalità: Francia
Anno: 2012




domenica 25 maggio 2014

“Grace di Monaco” di Olivier Dahan: rivive sullo schermo l’intramontabile mito di una principessa moderna.


Dopo una serie di spiacevoli contrattempi che hanno inevitabilmente finito per ritardarne l’uscita nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, “Grace di Monaco” è stato scelto come il film di apertura, fuori concorso, della 67a edizione del Festival di Cannes.
La pellicola  del regista francese Oliver Dahan si focalizza su di un periodo particolarmente delicato della vita del premio Oscar Grace Kelly, divenuta per l’appunto Grace di Monaco dopo le sue nozze con il Principe Ranieri celebrate nel 1956.
Alla fine del 1961, Grace (Nicole Kidman) riceve la visita del suo caro amico Alfred Hitchcock, giunto in Europa da Los Angeles per proporle la parte della protagonista nel suo prossimo film “Marnie”.
In quel preciso frangente della sua esistenza, Grace, divenuta mamma di Carolina e di Alberto già da qualche anno, avverte una certa nostalgia per gli anni d’oro da lei trascorsi ad Hollywood; e l’inaspettata proposta del maestro del brivido, quindi, non la lascia di certo indifferente.
Però, nel momento in cui comunica al marito la sua decisione di tornare a recitare, i loro rapporti diventano improvvisamente tesi; tanto più che il Principe Ranieri (Tim Roth) sta fronteggiando la preoccupante minaccia di annessione del principato alla Francia, esercitata dall’allora Presidente Charles De Gaulle; impegnato quest’ultimo nella disperata ricerca di fondi con cui finanziare la guerra in Algeria.
A rendere ancora più delicata la posizione dell'attrice, contribuisce poi anche la forte ostilità palesemente mostrata dal popolo monegasco di fronte alla sua intenzione di tornare ad Hollywood; e così, dopo un’attenta e sofferta riflessione, Grace decide di ritirarsi definitivamente dal mondo del cinema per dedicarsi completamente al proprio ruolo di madre e di moglie, ma soprattutto di reggente di un principato divenuto uno dei più glamour del mondo proprio grazie alla sua presenza.




Dopo essere stato boicottato dalla famiglia reale monegasca ancora prima della sua presentazione al Festival di Cannes, in quanto, come dalla stessa dichiarato, non riflette minimamente la realtà, “Grace di Monaco” ha poi ricevuto un’accoglienza alquanto fredda da parte della critica cinematografica.
Nicole Kidman, pur non regalandoci una tra le migliori interpretazioni della sua fortunata carriera, dà comunque l’ennesima prova della sua incredibile bravura nel trasmettere allo spettatore il conflitto interiore del personaggio da lei interpretato; riuscendo al tempo stesso a far rivivere sullo schermo il mito di Grace Kelly a più di trent’anni dalla sua tragica scomparsa; questo grazie anche all’ausilio di fantastici costumi di scena e ad una quasi maniacale ricostruzione dell’ambientazione storica, avvenuta non solo in Francia ( tra cui nello stesso Principato di Monaco ) ma anche in Italia e in Grecia.
Accanto alla Kidman, nel ruolo del Principe Ranieri, angosciato dall’incombente crisi con la Francia e dagli spiazzanti intrighi di corte, ritroviamo il bravo Tim Roth; mentre l’attrice spagnola Paz Vega, con la sua avvenenza e l’eleganza della sua recitazione rende indubbiamente onore all’intramontabile mito della divina Maria Callas.


Titolo: Grace di Monaco ( Grace of Monaco )
Regia: Olivier Dahan
Interpreti: Nicole Kidman, Tim Roth, Frank Langella, Paz Vega
Nazionalità: USA, Francia, Belgio, Italia
Anno: 2014