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domenica 8 giugno 2014

“Ci sono dei giorni… e delle lune” di Claude Lelouch: un’insolita pellicola corale sulle difficoltà delle relazioni di coppia.


Diciotto ore, a cavallo di una lunga notte di plenilunio, nella vita di un variegato gruppo di persone; è questo il contesto scelto da Claude Lelouche per sviluppare l’idea alla base di “Ci sono dei giorni… e delle lune”: insolita pellicola corale in cui il dramma si mescola con naturalezza alla commedia, arrivando in alcuni punti a rasentare addirittura il limite del grottesco.
Il proprietario di un ristorante (Vincent Lindon), con un matrimonio ormai giunto al capolinea; una donna di mezza età (Annie Girardot) che sopravvive con dolore alla morte della propria figlia, avvenuta sei anni prima; un prete omosessuale che ha una relazione con un antiquario del quartiere; una neo sposa delusa, che abbandona il marito subito dopo il termine dei festeggiamenti.
Questi sono solamente alcuni dei personaggi appartenenti alla lunga ed eterogenea carrellata presentata dal  regista francese, i quali, nel corso di quelle diciotto ore, sembrano non perdere occasione per attribuire alla luna la colpa dei loro discutibili comportamenti. 
Fin dalle prime scene, una voce fuori campo preannuncia allo spettatore che al termine della pellicola assisterà alla morte di uno dei  personaggi coinvolti nella vicenda; in effetti, quel momento sarà per il regista l’occasione per poter finalmente riannodare i vari fili della storia, come a riconferma che il destino di ognuno di noi è inevitabilmente e inaspettatamente intrecciato con quello degli altri esseri umani.



A Lelouch va indubbiamente il merito di essere riuscito a gestire con successo un ampio ventaglio di personaggi che, sebbene si differenzino per età ed estrazione sociale, sono comunque accomunati da un’evidente difficoltà nel riuscire a gestire le loro relazioni di coppia; e per farlo, si è avvalso di un eccellente cast di interpreti, che annovera al suo interno, oltre alla crema del cinema francese dei primi anni novanta, anche delle vere e proprie glorie del passato come l’indimenticabile Serge Reggiani e la sempre intensa Annie Girardot.
Una menzione speciale spetta infine alla suggestiva colonna sonora di Francis Lai, e in particolare al tema principale del film “Il y a des jours… et des lunes”, che segna l’ennesima e fortunata collaborazione tra il compositore di origini italiane e Claude Lelouch.


Titolo: Ci sono dei giorni… e delle lune ( Il y a des jours… et des lunes )
Regia: Claude Lelouch
Interpreti: Annie Girardot, Vincent Lindon, Gérard Lanvin, Serge Reggiani, Patrick Chesnais
Nazionalità: Francia
Anno: 1990


domenica 27 ottobre 2013

“Niente da nascondere” di Michael Haneke: un thriller carico di tensione che scava in modo quasi disturbante nella psiche umana.


Georges Laurent (Daniel Auteuil) è un critico letterario televisivo che vive a Parigi insieme alla moglie Anne (Juliette Binoche) e al figlio adolescente Pierrot.
La sua vita scorre tranquilla tra casa e lavoro fino al giorno in cui riceve una videocassetta anonima sulla quale sono state registrate, in un lungo ed inspiegabile piano sequenza, le riprese dell’esterno della sua abitazione.
Poiché a quella videocassetta ne seguono ben presto delle altre, i due coniugi, seriamente preoccupati, decidono di rivolgersi alla polizia, la quale al momento si dichiara comunque impossibilitata ad intervenire.
Quando Georges comincia a ricevere insieme alle videocassette dei disegni alquanto inquietanti, inizia a sospettare che colui che da diverse settimana sta turbando la serenità della sua famiglia sia Majid (Maurice Bénichou): il figlio di due braccianti algerini che alla fine degli anni cinquanta lavoravano presso la tenuta dei suoi genitori…


Differentemente da quanto recita il titolo italiano, Georges Laurent ha molto da nascondere, o così almeno sembrerebbe, a giudicare dalla sua spiccata riluttanza ad affrontare il passato e, soprattutto, a rivelare alla moglie Anne che cosa accadde effettivamente tra lui e il suo coetaneo algerino quando quest’ultimo, rimasto orfano all’inizio degli anni sessanta, venne adottato dalla sua famiglia.
Con questo thriller, premiato per la miglior regia al 58° Festival di Cannes, Michael Haneke è riuscito a scavare con la sua caratteristica maestria, e in modo quasi disturbante, nella psiche del protagonista, rendendoci a poco a poco partecipi non solamente della sua paura di perdere quella tranquillità, anche familiare, che fino a quel momento la sua posizione sociale era riuscita a garantirgli, ma anche e soprattutto del suo pressante senso di colpa per avere fatto in modo, molti anni prima, che  Majid venisse allontanato dalla casa paterna.
Al termine della visione di “Niente da nascondere” non abbiamo assolutamente la certezza di essere riusciti a sciogliere quell’enigma che per circa due ore ci tiene saldamente incollati al video, sebbene il regista sembri volercene fornire la soluzione nella scena finale, mentre scorrono lentamente in sovraimpressione i titoli di coda.
Con la sua magistrale interpretazione, Daniel Auteuil si dimostra ancora una volta all’altezza delle più elevate aspettative, magnificamente affiancato da una particolarmente intensa Juliette Binoche.
Infine, una menzione speciale spetta alla mitica Annie Girardot, che compare in un cameo nel ruolo dell’anziana madre del protagonista.


Titolo: Niente da nascondere ( Caché )
Regia: Michael Haneke
Interpreti: Daniel Auteuil, Juliette Binoche, Annie Girardot, Bernard Le Cocq
Nazionalità: Francia, Germania, Austria, Italia
Anno: 2005

venerdì 10 maggio 2013

“Vivere per vivere” di Claude Lelouch: un altro grande successo internazionale per uno dei più amati maestri del cinema francese.


Robert Colomb (Yves Montand), un reporter della televisione francese, da anni tradisce la moglie Catherine (Annie Girardot), la quale, invece, è profondamente innamorata di lui.
Sempre in giro per il mondo a causa della sua professione, una sera l’uomo incontra per la seconda volta Candice (Candice Bergen), una giovane americana, con cui intreccia l’ennesima relazione extra-coniugale.
Dopo una vacanza trascorsa insieme a Catherine ad Amsterdam, Robert le confessa di avere un’amante e di voler divorziare da lei; ma l’uomo, tormentato dal rimorso, non riesce ad essere felice accanto alla giovane donna, e così, dopo aver interrotto anche la relazione con lei, decide di partire per il Vietnam per realizzare un importante reportage.
Tornato in Francia, stanco ed emotivamente provato dagli orrori della guerra di cui è stato suo malgrado testimone, Robert si ritrova di fronte ad una Catherine completamente diversa da quella che aveva sposato; in effetti, adesso è una donna serena e, soprattutto, molto innamorata di un altro uomo.
Quando oramai sembra completamente esclusa ogni possibilità di riappacificazione tra loro due, accade però qualcosa di completamente inaspettato…

Sulla scia dell’enorme successo ottenuto a livello internazionale da “Un uomo, una donna”, l’anno seguente Claude Lelouch tornò sugli schermi con un’altra indimenticabile pellicola che, pur non spiccando per una trama particolarmente originale, riesce comunque ad entrare con estrema sensibilità nell’intimo dei vari personaggi coinvolti nella vicenda.
Al centro di “Vivere per vivere” vi è un triangolo amoroso che vede protagonisti il sempre brillante Yves Montand, nel ruolo di un marito fedifrago incapace però di vivere fino in fondo nella menzogna, e una superba Annie Girardot.
Catherine, il personaggio da lei impeccabilmente interpretato, ci sorprende, oltre che per la sua bellezza ed eleganza,  per l’incredibile determinazione con la quale continua ad amare Robert, anche dopo che lui le ha apertamente confessato di tradirla.
Nel ruolo della giovane amante delusa, troviamo invece l’attrice americana Candice Bergen in una delle primissime pellicole della sua lunga e fortunata carriera cinematografica.
Approfittando della professione svolta da Robert, il regista ha inserito all’interno della pellicola alcune sequenze di taglio prettamente giornalistico che, pur rallentando la fluidità della narrazione, tratteggiano un ritratto tutt’altro che lusinghiero della guerra.
Come era già accaduto per “Un uomo, una donna”, anche per la colonna sonora di “Vivere per vivere” Lelouch decise di avvalersi della preziosissima collaborazione di Francis Lai, il quale realizzò alcuni suggestivi brani musicali che sottolineano, a volte con delicatezza, a volte con drammaticità, l’eleganza delle immagini che lentamente scorrono di fronte ai nostri occhi durante la visione del film.
E’ in effetti sufficiente ascoltare “Vivre pour vivre” oppure il “Thème de Catherine” per riuscire ad immergersi immediatamente nelle sofisticate e ovattate atmosfere di questa pellicola che, tra i vari premi, si aggiudicò anche un Golden Globe per il miglior film straniero.



Titolo: Vivere per vivere ( Vivre pour vivre )
Regia: Claude Lelouch
Interpreti: Annie Girardot, Yves Montand, Candice Bergen
Nazionalità: Francia
Anno: 1967

lunedì 25 febbraio 2013

“Lo schiaffo” di Claude Pinoteau: una pellicola sul conflitto generazionale nella Francia della metà degli anni settanta.


Diretto nel 1974 da Claude Pinoteau, il cineasta francese scomparso nell’ottobre dello scorso anno, “Lo schiaffo” lanciò l’allora diciannovenne Isabelle Adjani, affiancata in questa gradevole commedia da due già affermate stelle del cinema: Annie Girardot e Lino Ventura. 
Isabelle Douléan (Isabelle Adjani) è una studentessa di medicina che, dal giorno della separazione dei suoi genitori, vive a Parigi insieme al padre Jean (Lino Ventura), insegnante di geografia in un liceo.
La serenità della ragazza è purtroppo minata dal rapporto conflittuale che ha con quest’ultimo, il quale si dimostra assolutamente contrario all’intenzione della figlia di andare a vivere con Marc (Francis Perrin), il suo fidanzato.
Dopo aver ricevuto uno schiaffo dal padre, a seguito del loro ennesimo litigio, Isabelle fugge di casa per raggiungere la madre Hélène (Annie Girardot) in Inghilterra, dove si è momentaneamente trasferita dall’Australia con il nuovo compagno.
Sebbene intenzionata a partire da sola, Isabel verrà seguita in questo suo viaggio da Rémy (Jacques Spiesser), del quale poi lei si scoprirà innamorata.
L’incontro tra Hélène e Jean, che nel frattempo ha raggiunto la figlia in Inghilterra, sarà la scintilla che segnerà un inaspettato ritorno di fiamma tra loro due…



Con “Lo schiaffo” Claude Pinoteau ha portato sullo schermo una storia sul conflitto generazionale nella Francia della metà degli anni settanta, affrontandolo però con i toni tipici della commedia sentimentale, permettendoci al tempo stesso di riflettere sulle conseguenze che l’assenza di un’unità familiare può avere nelle vite dei figli di genitori separati.
Nel ruolo per lui inedito, ma comunque indubbiamente riuscito, di un padre burbero e allo stesso tempo estremamente premuroso nei confronti della sua unica figlia, ritroviamo un bravissimo Lino Ventura; mentre per la parte di Isabelle, Pinoteau scelse l’allora sconosciuta Isabelle Adjani che, proprio grazie alla sua interpretazione, si aggiudicò il David di Donatello e  contemporaneamente vide esplodere la propria popolarità a livello internazionale.
Una simpaticissima Annie Girardot, invece, interpreta la madre di Isabelle, il cui carattere estremamente gioviale si contrappone a quello eccessivamente serioso, e a volte perfino scorbutico, del personaggio interpretato da Ventura.
Lo scontro padri-figli è stato un tema particolarmente caro a Pinoteau, il quale, sebbene in un contesto differente, alcuni anni dopo tornò a proporlo nei due capitoli de “Il tempo delle mele”; pellicole con le quali lanciò Sophie Marceau: un’altra grande star dell’attuale cinema francese.





Titolo: Lo schiaffo ( La gifle )
Regia: Claude Pinoteau
Interpreti: Lino Ventura, Annie Girardot, Isabelle Adjani
Nazionalità: Francia
Anno: 1974