venerdì 11 luglio 2014

“Ricky – Una storia d’amore e libertà” di François Ozon: un drammatico spaccato della società proletaria, dai risvolti decisamente surreali.


Katie (Alexandra Lamy) vive insieme alla figlia Lisa (Mélusine Mayance) nella periferia parigina, dove le sue giornate trascorrono all’insegna della monotonia, tra le occupazioni domestiche ed il suo impiego di operaia in una fabbrica di prodotti chimici; questo finché un giorno, proprio sul lavoro,  la donna non incontra Paco (Sergi López).
Tra i due si accende immediatamente la passione, e dal loro amore qualche mese dopo nasce Ricky, il cui arrivo porta inevitabilmente un’ondata di felicità all’interno della nuova famiglia.
Quando Katie inizia a notare delle strane macchie rosse sulla schiena del bimbo, sospetta immediatamente che lo stesso sia vittima di maltrattamenti da parte di Paco; in conseguenza di ciò il rapporto tra i due si incrina a tal punto che l’uomo decide di andarsene di casa.
Poco tempo dopo, però, in corrispondenza di quelle stesse macchie spuntano due ali, e Ricky inizia a volare…




Tratto da un racconto della scrittrice britannica Rose Tremain, “Ricky – Una storia d’amore e libertà” si presenta inizialmente come un realistico spaccato della classe operaia, per poi virare verso il surreale, grazie anche all’ausilio di riusciti effetti speciali che permettono allo spettatore di assistere, tra l’incredulo ed il divertito, agli allegri voli del piccolo Ricky.
Nella realizzazione del suo undicesimo lungometraggio, François Ozon si è infatti dichiaratamente ispirato al cinema dei fratelli Dardenne, stemperandone però la caratteristica drammaticità con le più leggere atmosfere delle pellicole disneyane.
Nel ribadire l’inammissibilità del possesso esclusivo di un figlio da parte della propria madre, il regista pone quindi la tormentata Katie ( interpretata da un’intensa Alexandra Lamy ) nella dolorosa condizione di dover rinunciare per sempre a Ricky, permettendogli così di vivere liberamente la propria vita, pur di impedirgli di trasformarsi nell’oggetto della morbosa e interessata curiosità dei mass media.
Nonostante la sua indubbia ed estrema particolarità, “Ricky – Una storia d’amore e libertà” ci permette comunque di conoscere un altro aspetto del sempre originale regista francese, che il pubblico italiano ha già ampiamente apprezzato in pellicole del calibro di  “8 donne e un mistero” e “Swimming pool”.


Titolo: Ricky – Una storia d’amore e libertà  ( Ricky )
Regia: François Ozon
Interpreti: Alexandra Lamy, Sergi Lopez, Mélusine Mayance
Nazionalità: Francia, Italia
Anno: 2009




martedì 24 giugno 2014

“Il fascino discreto della borghesia” di Luis Buñuel: una feroce e sarcastica critica della classe borghese.


Don Rafael Acosta (Fernando Rey) è l’ambasciatore in Francia dell’immaginaria Repubblica di Miranda.
Approfittando della sua posizione, l’uomo gestisce un redditizio traffico di stupefacenti insieme ai signori Thévenot (Paul Frankeur) e Sénéchal (Jean-Pierre Cassel), due personalità di spicco della borghesia parigina.
I tre sono soliti frequentarsi anche in società, insieme alla moglie di Sénéchal, Alice (Stéphane Audran), quella di Thévenot, Simone (Delphine Seyrig), e alla sorella di quest’ultima, Florence (Bulle Ogier).
Nonostante la loro volontà di ritrovarsi a cena insieme, per una serie di disparati motivi sono però costretti a rinviare continuamente il loro incontro…


Premiato con l’Oscar come miglior film straniero, “Il fascino discreto della borghesia” è una critica feroce e sarcastica della classe borghese dell’epoca, che si concentra in particolar modo sulla superficialità e inettitudine di un gruppo di amici; come palesemente dimostrato dalla loro incapacità di portare a termine anche un semplice rituale come quello della cena in società.
Volendolo poi esaminare da una prospettiva più ampia, potremmo anche spingerci ad affermare che, in realtà, sia stata la generalità delle relazioni sociali a finire nel mirino dell’acclamato regista spagnolo, per il bizzarro coinvolgimento nella vicenda del clero, della polizia e delle altre istituzioni dello Stato, oltreché della classe borghese.
L’elemento onirico, che ricorre frequentemente nelle opere di Luis Buñuel, svolge un ruolo fondamentale anche in questo suo ennesimo capolavoro; in effetti, la realtà ci appare talmente intrecciata con il sogno, da far assumere alla narrazione un aspetto surreale, e alla commedia un tono alquanto grottesco.
A valorizzare ulteriormente una sceneggiatura già di per sé particolarmente riuscita, contribuisce poi un eccellente cast di interpreti, tra i quali spiccano, oltre all’istrionico Fernando Rey, attore simbolo di Buñuel,  il talentuoso Jean-Pierre Cassel, nonché la brava e affascinante Stéphane Audran.


Titolo: Il fascino discreto della borghesia  ( Le charme discret de la bourgeoisie )
Regia: Luis Buñuel
Interpreti: Fernando Rey, Stéphane Audran, Delphine Seyrig, 
Nazionalità: Francia
Anno: 1972


martedì 17 giugno 2014

“Tutti pazzi per Rose” di Régis Roinsard: una gradevolissima commedia romantica che strizza l’occhio al cinema hollywoodiano degli anni cinquanta.


Francia, fine anni cinquanta. Rose Pamphyle (Déborah  François) è la giovane figlia di un droghiere di un piccolo villaggio della Normandia.
Sebbene il suo destino sia quello di sposare un meccanico del paese, nella sua irrinunciabile aspirazione all’indipendenza, Rose decide però di trasferirsi a Lisieux, alla ricerca di un impiego come segretaria.
Si presenta quindi ad un colloquio di lavoro presso un’agenzia di assicurazioni, il cui titolare, Louis Echard (Romain Duris), rimane alquanto colpito dall’incredibile velocità con cui la ragazza riesce a dattilografare. 
Nonostante non possa vantare precedenti esperienze lavorative, Louis decide comunque di assumere Rose, a condizione che quest’ultima accetti di partecipare ad alcuni campionati di dattilografia, offrendosi  lui stesso di allenarla; a poco a poco, però, l’uomo diventerà per lei qualcosa di più di un semplice allenatore…



“Tutti pazzi per Rose”, primo lungometraggio di Régis  Roinsard, è un colorato omaggio agli anni cinquanta, nonché un realistico ritratto della condizione femminile in quell’epoca.
E’ in effetti l’insopprimibile desiderio di emancipazione di una giovane donna di provincia, con le idee ben chiare su ciò che vuole dalla vita, e con la sufficiente determinazione per ottenerlo, a muovere le file dell’intera vicenda; e la bella e brava Déborah François, uno dei più promettenti talenti dell’attuale cinema francese, riesce indubbiamente a conferire al personaggio da lei interpretato una seducente miscela di tenerezza e sensualità.
Nei panni del suo elegante datore di lavoro, nonché del rigido allenatore ai campionati di dattilografia, ritroviamo poi il poliedrico Romain Duris, che con la sua indiscutibile bravura non smette mai di sorprendere i suoi innumerevoli fans, e non solo loro.
A decretare il successo di “Tutti pazzi per Rose, ha poi indubbiamente contribuito, oltre ad una sceneggiatura caratterizzata da dialoghi decisamente frizzanti, un’accurata ricostruzione dell’epoca, ulteriormente valorizzata dalla vivace fotografia di Guillaume Schiffman, del quale abbiamo già ammirato l’incredibile estro creativo nel pluripremiato “The Artist”.
Il risultato finale è una gradevolissima commedia romantica che, per le ragioni sopra esposte, non mancherà di riportare alla mente dello spettatore le inconfondibili atmosfere delle pellicole hollywoodiane degli anni cinquanta.


Titolo: Tutti pazzi per Rose ( Populaire )
Regia: Régis Roinsard
Interpreti: Romain Duris, Déborah François, Bérénice Bejo, Shaun Benson
Nazionalità: Francia
Anno: 2012



domenica 8 giugno 2014

“Ci sono dei giorni… e delle lune” di Claude Lelouch: un’insolita pellicola corale sulle difficoltà delle relazioni di coppia.


Diciotto ore, a cavallo di una lunga notte di plenilunio, nella vita di un variegato gruppo di persone; è questo il contesto scelto da Claude Lelouche per sviluppare l’idea alla base di “Ci sono dei giorni… e delle lune”: insolita pellicola corale in cui il dramma si mescola con naturalezza alla commedia, arrivando in alcuni punti a rasentare addirittura il limite del grottesco.
Il proprietario di un ristorante (Vincent Lindon), con un matrimonio ormai giunto al capolinea; una donna di mezza età (Annie Girardot) che sopravvive con dolore alla morte della propria figlia, avvenuta sei anni prima; un prete omosessuale che ha una relazione con un antiquario del quartiere; una neo sposa delusa, che abbandona il marito subito dopo il termine dei festeggiamenti.
Questi sono solamente alcuni dei personaggi appartenenti alla lunga ed eterogenea carrellata presentata dal  regista francese, i quali, nel corso di quelle diciotto ore, sembrano non perdere occasione per attribuire alla luna la colpa dei loro discutibili comportamenti. 
Fin dalle prime scene, una voce fuori campo preannuncia allo spettatore che al termine della pellicola assisterà alla morte di uno dei  personaggi coinvolti nella vicenda; in effetti, quel momento sarà per il regista l’occasione per poter finalmente riannodare i vari fili della storia, come a riconferma che il destino di ognuno di noi è inevitabilmente e inaspettatamente intrecciato con quello degli altri esseri umani.



A Lelouch va indubbiamente il merito di essere riuscito a gestire con successo un ampio ventaglio di personaggi che, sebbene si differenzino per età ed estrazione sociale, sono comunque accomunati da un’evidente difficoltà nel riuscire a gestire le loro relazioni di coppia; e per farlo, si è avvalso di un eccellente cast di interpreti, che annovera al suo interno, oltre alla crema del cinema francese dei primi anni novanta, anche delle vere e proprie glorie del passato come l’indimenticabile Serge Reggiani e la sempre intensa Annie Girardot.
Una menzione speciale spetta infine alla suggestiva colonna sonora di Francis Lai, e in particolare al tema principale del film “Il y a des jours… et des lunes”, che segna l’ennesima e fortunata collaborazione tra il compositore di origini italiane e Claude Lelouch.


Titolo: Ci sono dei giorni… e delle lune ( Il y a des jours… et des lunes )
Regia: Claude Lelouch
Interpreti: Annie Girardot, Vincent Lindon, Gérard Lanvin, Serge Reggiani, Patrick Chesnais
Nazionalità: Francia
Anno: 1990


sabato 31 maggio 2014

“Paris-Manhattan” di Sophie Lellouche: una romantica commedia francese nel segno di Woody Allen.


Alice (Alice Taglioni) vive a Parigi, dove è titolare di una farmacia; è una grandissima appassionata della musica di Cole Porter nonché dei film di Woody Allen, dei quali consiglia la visione ai propri clienti come se fosse la cura per ogni loro malanno.
Nonostante sia una ragazza sensibile, di bell’aspetto, e alla continua ricerca dell’anima gemella, Alice è ancora single.
A farle pesare ulteriormente la sua condizione ci pensano poi i suoi familiari, i quali non perdono occasione per organizzarle degli appuntamenti galanti che, purtroppo, non hanno mai un seguito.
Questo fino a quando Alice non incontra ad una festa Victor (Patrick Bruel), un simpatico e disincantato installatore di antifurti, il quale, oltre a non aver mai visto un film di Woody Allen,  sembra non aver nulla in comune con lei. 
A poco a poco, però, la vicinanza di quell’uomo le consentirà di acquisire una visione diversa della vita e, soprattutto, dell’amore…



Il primo lungometraggio di Sophie Lellouche è un originale omaggio alla cinematografia di Woody Allen; in effetti i divertenti dialoghi tra Alice e il poster del geniale cineasta  americano ( e non solamente quelli ) sono una preziosa occasione per citare alcune memorabili frasi tratte dalle pellicole della sua lunga e fortunata filmografia, tra cui ricordiamo “Io & Annie”, “Hannah e le sue sorelle” e  “Manhattan”.
Uno dei meriti della regista francese è quello di essere riuscita a ricreare a Parigi quella sofisticata atmosfera americana tipica delle commedie di Woody Allen, nelle quali vediamo la medio-alta borghesia newyorchese partecipare a feste esclusive, tenute all’interno di lussuosi appartamenti, con una suggestiva musica jazz in sottofondo.
Quella della Lellouche, sebbene senza grandi pretese, è indubbiamente una pellicola gradevole; animata da un vivace cast di interpreti, tra i quali spicca la brava Alice Taglioni, che nella colorata scena finale del film vediamo sfrecciare per le vie di Parigi, in tutta la sua statuaria bellezza, a bordo di un monopattino; accanto a lei, nel ruolo di Victor, ritroviamo poi Patrick Bruel, il talentuoso attore e cantante di origine algerina, noto al pubblico italiano anche per la sua brillante interpretazione in “Cena tra amici”.
Paris-Manhattan”, tra l’altro, riserva ai suoi spettatori una sorpresa del tutto inaspettata; che, come tale, sarebbe un vero peccato rivelare, soprattutto per coloro che finora non si sono ancora lasciati coinvolgere dalle romantiche atmosfere di questa divertente pellicola.



Titolo: Paris-Manhatten ( Paris-Manhattan )
Regia: Sophie Lellouche
Interpreti: Alice Taglioni, Patrick Bruel, Michel Aumont, Marine Delterme
Nazionalità: Francia
Anno: 2012




domenica 25 maggio 2014

“Grace di Monaco” di Olivier Dahan: rivive sullo schermo l’intramontabile mito di una principessa moderna.


Dopo una serie di spiacevoli contrattempi che hanno inevitabilmente finito per ritardarne l’uscita nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, “Grace di Monaco” è stato scelto come il film di apertura, fuori concorso, della 67a edizione del Festival di Cannes.
La pellicola  del regista francese Oliver Dahan si focalizza su di un periodo particolarmente delicato della vita del premio Oscar Grace Kelly, divenuta per l’appunto Grace di Monaco dopo le sue nozze con il Principe Ranieri celebrate nel 1956.
Alla fine del 1961, Grace (Nicole Kidman) riceve la visita del suo caro amico Alfred Hitchcock, giunto in Europa da Los Angeles per proporle la parte della protagonista nel suo prossimo film “Marnie”.
In quel preciso frangente della sua esistenza, Grace, divenuta mamma di Carolina e di Alberto già da qualche anno, avverte una certa nostalgia per gli anni d’oro da lei trascorsi ad Hollywood; e l’inaspettata proposta del maestro del brivido, quindi, non la lascia di certo indifferente.
Però, nel momento in cui comunica al marito la sua decisione di tornare a recitare, i loro rapporti diventano improvvisamente tesi; tanto più che il Principe Ranieri (Tim Roth) sta fronteggiando la preoccupante minaccia di annessione del principato alla Francia, esercitata dall’allora Presidente Charles De Gaulle; impegnato quest’ultimo nella disperata ricerca di fondi con cui finanziare la guerra in Algeria.
A rendere ancora più delicata la posizione dell'attrice, contribuisce poi anche la forte ostilità palesemente mostrata dal popolo monegasco di fronte alla sua intenzione di tornare ad Hollywood; e così, dopo un’attenta e sofferta riflessione, Grace decide di ritirarsi definitivamente dal mondo del cinema per dedicarsi completamente al proprio ruolo di madre e di moglie, ma soprattutto di reggente di un principato divenuto uno dei più glamour del mondo proprio grazie alla sua presenza.




Dopo essere stato boicottato dalla famiglia reale monegasca ancora prima della sua presentazione al Festival di Cannes, in quanto, come dalla stessa dichiarato, non riflette minimamente la realtà, “Grace di Monaco” ha poi ricevuto un’accoglienza alquanto fredda da parte della critica cinematografica.
Nicole Kidman, pur non regalandoci una tra le migliori interpretazioni della sua fortunata carriera, dà comunque l’ennesima prova della sua incredibile bravura nel trasmettere allo spettatore il conflitto interiore del personaggio da lei interpretato; riuscendo al tempo stesso a far rivivere sullo schermo il mito di Grace Kelly a più di trent’anni dalla sua tragica scomparsa; questo grazie anche all’ausilio di fantastici costumi di scena e ad una quasi maniacale ricostruzione dell’ambientazione storica, avvenuta non solo in Francia ( tra cui nello stesso Principato di Monaco ) ma anche in Italia e in Grecia.
Accanto alla Kidman, nel ruolo del Principe Ranieri, angosciato dall’incombente crisi con la Francia e dagli spiazzanti intrighi di corte, ritroviamo il bravo Tim Roth; mentre l’attrice spagnola Paz Vega, con la sua avvenenza e l’eleganza della sua recitazione rende indubbiamente onore all’intramontabile mito della divina Maria Callas.


Titolo: Grace di Monaco ( Grace of Monaco )
Regia: Olivier Dahan
Interpreti: Nicole Kidman, Tim Roth, Frank Langella, Paz Vega
Nazionalità: USA, Francia, Belgio, Italia
Anno: 2014


sabato 17 maggio 2014

“Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre” di Claude Sautet: un malinconico ritratto della società francese dei primi anni settanta.


Vincent (Yves Montand), François (Michel Piccoli) e Paul (Serge Reggiani) sono tre amici cinquantenni che con le rispettive mogli, o compagne, sono soliti trascorrere la domenica insieme; e durante questi incontri settimanali capita molto spesso che le risate e il divertimento si mescolino a feroci battibecchi tra di loro.
Vincent è un imprenditore la cui azienda sta attraversando un periodo particolarmente difficile; come se ciò non bastasse, l’uomo è ancora ossessionato dal pensiero di Catherine (Stéphane Audran): la donna dalla quale sta per divorziare, ma di cui è ancora innamorato.
François, invece, è un medico affermato il cui matrimonio sembra ormai giunto al capolinea proprio a causa dei suoi eccessivi impegni professionali.
Infine c’è Paul, uno scrittore; sebbene la sua vita sentimentale stia andando a gonfie vele, non può invece dirsi altrettanto per la sua vena ispirativa.
Tre amici, le mogli e ( affettuosamente ) le altre” affronta la dolorosa crisi esistenziale di tre uomini che assistono impotenti al lento e inesorabile scorrere del tempo; un’acuta, ma al tempo stesso delicata, analisi psicologica non solo dei suddetti protagonisti, ma anche delle persone che li circondano.



E’ a ogni modo una pellicola all’insegna della voglia di stare insieme o, per meglio dire, dell’amicizia; quella stessa amicizia che permette a Vincent, François e Paul di guardare al futuro con una luce di speranza, sebbene le loro esistenze siano indubbiamente velate dal pessimismo. 
Il  risultato finale  è un riuscito ritratto della media  borghesia francese nella prima metà degli anni settanta, la cui malinconia è ben sottolineata dalla struggente colonna sonora di Philippe Sarde  ( stretto collaboratore di Claude Sautet ) che potete riascoltare QUI nel trailer del film.
Alla base del successo di questa pellicola, oltre ad una solida sceneggiatura tratta da un romanzo di Claude Néron, vi è la presenza di uno straordinario cast di interpreti che annovera, tra gli altri, due grandissimi attori italiani, Antonella Lualdi e Umberto Orsini, nonché un giovane e bravo Gérard Depardieu.


Titolo: Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre ( Vincent, François, Paul et les autres )
Regia: Claude Sautet
Interpreti: Michel Piccoli, Gérard Depardieu, Serge Reggiani, Yves Montand, Antonella Lualdi
Nazionalità: Francia
Anno: 1974


venerdì 9 maggio 2014

“Nella casa” di François Ozon: una seducente dimostrazione del potere manipolatorio della scrittura.


Germain (Fabrice Luchini) è un insegnante di francese in un liceo di provincia. Un giorno, mentre è intento a correggere i temi dei suoi alunni, rimane positivamente colpito da quello di Claude Garcia (Ernst Umhauer) per la sottile ironia con la quale il giovane descrive la famiglia di Rapha Artole (Bastien Ughetto), un suo compagno di scuola.
Dopo averne parlato con sua moglie Jeanne (Kristin Scott Thomas), Germain esorta il ragazzo a continuare a scrivere della famiglia dell’amico, avendo individuato in lui un notevole talento letterario.
Per poterlo fare, Claude diventerà ben presto un assiduo frequentatore degli Artole, senza risparmiare nei propri resoconti nessun dettaglio di ciò che avviene all’interno di quella casa; neppure della sua morbosa infatuazione per la signora Artole (Emmanuelle Seigner).
A poco a poco, senza quasi rendersene conto, Germain si ritroverà completamente sedotto dalla capacità narrativa del ragazzo, al punto che la cosa prenderà per lui una piega del tutto inaspettata…



Liberamente ispirato alla pièce teatrale “El chico de la última fila”, del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga, “Nella casa” è essenzialmente una riuscita dimostrazione del potere manipolatorio della scrittura.
Al centro della vicenda François Ozon pone l’insolito ( e alquanto pericoloso ) rapporto che lentamente si sviluppa tra un insegnante ed uno dei suoi studenti, a mano a mano che quest’ultimo rivela nei propri racconti dettagli sempre più intimi di ciò che quotidianamente avviene all’interno di una famiglia borghese.
Germain, che anni prima aveva definitivamente rinunciato a proseguire la carriera di scrittore, in quanto ben consapevole della propria mancanza di talento, è come se vivesse il miraggio di poter finalmente realizzare le sue aspirazioni di gioventù attraverso il brillante talento di Claude; ed è per questo motivo che spinge quest’ultimo ad essere sempre più penetrante nella sua narrazione, finendo però per rimanere soggiogato proprio da quello stesso talento che desidera così ardentemente sostenere.
Rimanendo sempre in bilico tra realtà e finzione, Ozon ha sapientemente miscelato la commedia con il thriller; il risultato finale è indubbiamente gradevole, grazie anche alla presenza di uno straordinario cast di interpreti in cui troviamo, accanto al poliedrico Fabrice Luchini ( già diretto da Ozon in “Potiche” ), e alla sempre straordinaria Kristin Scott Thomas, il giovane Ernst Umhauer.
Quest’ultimo, nel ruolo di Claude, è semplicemente strepitoso nel riuscire a trasmettere allo spettatore tutta la complessa ambiguità del personaggio da lui interpretato.



Titolo: Nella casa ( Dans la maison )
Regia: François Ozon
Interpreti: Fabrice Luchini, Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Denis Menochet.
Nazionalità: Francia
Anno: 2012


giovedì 1 maggio 2014

“Quello che gli uomini non dicono” di Nicole Garcia: un poliedrico spaccato dell’universo maschile.


Nell’arco temporale di tre giorni, e sullo sfondo di una grigia cittadina del nord-ovest francese, si intrecciano le vicende di sei uomini di età ed estrazione sociale diversa, accomunati però da una profonda insoddisfazione personale che permea la loro quotidianità, e dall’incapacità, per alcuni di essi, di scendere a patti non solo con il proprio presente ma anche e soprattutto con il proprio passato.
C’è Serge (Vincent Lindon), marito fedifrago; Jean-Louis (Jean-Pierre Bacri), il maturo sindaco di quella stessa cittadina che intrattiene in segreto una relazione con una donna molto più giovane di lui; Pierre (Benoît Magimel) sensibile insegnante di liceo che, dopo tanti anni, ha ancora un conto in sospeso con Matthieu (Patrick Pineau), un ambizioso paleontologo.
Vi è poi Adrien (Arnaud Valois), giovane tennista all’apice del successo, dal quale però sembra voler rifuggire ad ogni costo, e infine Joss (Benoît Poelvoorde), un povero disperato che sta progettando un furto.



A fare da contraltare alle loro crisi esistenziali, ci pensa fortunatamente Charlie (Ferdinand Martin) ( il figlio undicenne di Serge citato nel titolo originale del film ), il quale, tramite i suoi lunghi silenzi nonché il suo sguardo attento, riesce a mostrarci tutte le fragilità e le contraddizioni del complesso mondo degli adulti, nelle quali suo malgrado si ritrova coinvolto, cercando al tempo stesso di apportare una soluzione ai loro problemi.
Jean-Pierre Bacri, Vincent Lindon, Benoît Magimel, sono solo alcuni degli straordinari interpreti maschili di cui Nicole Garcia si è avvalsa per la realizzazione di un poliedrico spaccato dell’universo maschile.
Nonostante l’estrema lentezza nella narrazione degli eventi, “Quello che gli uomini non dicono” si rivela una pellicola gradevole, che si contraddistingue per il suo insolito approccio nel tentare di comprendere quello che gli uomini pensano e che, molto spesso, non dicono.




Titolo: Quello che gli uomini non dicono ( Selon Charlie )
Regia: Nicole Garcia
Interpreti: Jean-Pierre Bacri, Vincent Lindon, Benoît Magimel, Benoît Poelvoorde.
Nazionalità: Francia
Anno: 2006

sabato 19 aprile 2014

“Un sapore di ruggine e ossa” di Jacques Audiard: il doloroso incontro di due solitudini.


Ritrovatosi da solo con il figlio di cinque anni, Ali ( Matthias Schoenaerts ) decide di trasferirsi ad Antibes, nel sud della Francia, dove vive la sorella.
Dopo aver trovato un lavoro come buttafuori in una discoteca, sembra che la sua vita abbia finalmente preso il verso giusto.
Una sera, mentre si trova in servizio, Ali soccorre Stéphanie ( Marion Cotillard ), rimasta ferita a seguito di una lite e, dopo averla riaccompagnata a casa, decide di lasciarle il proprio numero di telefono.
Qualche tempo dopo la donna, un’ammaestratrice di orche presso un parco marino di Antibes, rimane coinvolta in un tragico incidente avvenuto proprio durante uno dei suoi spettacoli.
A partire da quel momento, la vita di entrambi sarà destinata a cambiare per sempre….




Protagonisti di “Un sapore di ruggine ed ossa”, pellicola basata su di una raccolta di racconti dell’autore canadese Craig Davidson, e presentata in concorso al Festival di Cannes del 2012, sono Stéphanie e Ali, i quali, sebbene appartenenti a due mondi che non hanno nulla in comune, vedono intrecciarsi le loro esistenze in modo alquanto inaspettato.
A seguito di un drammatico incidente che l’ha lasciata su di una sedia a rotelle, Stéphanie sembra aver perduto non solo l’amore ed il proprio lavoro, ma anche e soprattutto la forza di guardare al futuro.
Grazie ad Ali, da lei conosciuto qualche tempo prima all’uscita da una discoteca, riesce comunque a riacquistare la voglia di rimettersi in gioco e di tornare ad amare.
Da parte sua, il giovane uomo sembra invece intenzionato a non abbandonare quella sua esistenza così disordinata, spesso vissuta oltre i limiti della legalità.
E’ solamente quando si ritroverà da solo in ospedale, con il proprio figlio che lotta tra la vita e la morte, che Alì riuscirà finalmente a spogliarsi di quella corazza che, fino a quel momento, gli aveva impedito di comprendere il vero valore nonché il calore dei rapporti umani.
Jacques Audiard, con la sua regia decisamente cruda e realistica, non ci risparmia nulla del dolore fisico e spirituale attraversato dai due protagonisti prima di riuscire a rincontrarsi e a salvarsi reciprocamente dalla loro solitudine.
Accanto ad una sempre straordinaria Marion Cotillard, troviamo Matthias Schoenaerts: il bravissimo attore belga che lo scorso anno, proprio grazie a questa sua intensa interpretazione, si è aggiudicato un César come migliore promessa maschile.



Titolo: Un sapore di ruggine e ossa ( De rouille et d’os )
Regia: Jacques Audiard
Interpreti: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Céline Sallette, Corinne Masiero
Nazionalità: Belgio, Francia
Anno: 2012




sabato 5 aprile 2014

“Gli anni in tasca” di François Truffaut: un delicato ritratto del mondo dell’infanzia nella Francia degli anni settanta.


Dopo aver affrontato il tema dell’infanzia nel suo primo e pluripremiato capolavoro “I 400 colpi”, nel 1976 François Truffaut tornò ad occuparsi del mondo dei bambini, e degli adolescenti, con “Gli anni in tasca”.
Spostando l’azione da Parigi a Thiers, una piccola cittadina dell’Alvernia, in questa ennesima pellicola della sua lunga e fortunata carriera cinematografica, il regista ha scelto di  intrecciare le storie di alcuni bambini frequentanti lo stesso istituto scolastico, riuscendo a mescolare sapientemente il tono comico di alcune delle vicende che li riguardano in prima persona con  quello decisamente più drammatico di altre.
Ciò che essenzialmente spinse Truffaut alla realizzazione de “Gli anni in tasca” fu il suo desiderio di tornare a parlare delle difficoltà che i bambini incontrano quotidianamente, non solo nei rapporti tra di loro, ma anche e soprattutto venendo a contatto con il mondo degli adulti.
Tra i vari personaggi, le cui storie sono narrate con estrema delicatezza, due sono quelli che rimangono maggiormente impressi nella mente dello spettatore; e più precisamente: Patrick, un ragazzino che vive con il padre disabile e che troviamo alle prese con i suoi primi turbamenti sessuali, e Julien; quest’ultimo presentato da Truffaut, fin dal suo arrivo nella scuola, come un “caso di integrazione sociale”.



Ben consapevole che non sempre i bambini riescono a trovare all’interno della propria famiglia il giusto o sufficiente sostegno per poter affrontare le avversità tipiche della loro giovane età, il regista si prodiga nel sottolineare l’importanza del ruolo educativo degli insegnanti, facendo appello alla loro fermezza e, soprattutto, alla loro comprensione; e per riuscire in questo suo nobile intento, Truffaut si affida al personaggio del maestro Richet (Jean-François Stévenin).
In effetti, è proprio durante l‘intenso e commovente discorso che quest’ultimo rivolge ai suoi alunni al termine dell’anno scolastico, che veniamo a conoscenza delle motivazioni che lo hanno spinto a diventare un educatore.
Reduce da un’infanzia difficile, una volta raggiunta l’età adulta Richet ha voluto fare l’insegnante, non solo al fine di espletare la funzione didattica propria di tale ruolo, ma anche e soprattutto con un chiaro intento protettivo nei confronti dei bambini, esortandoli al tempo stesso ad amare il prossimo, poiché, come da lui stesso affermato, “nella vita non si può fare a meno di amare e di essere amati”.
Tramite le parole pronunciate dallo stesso Richet, Truffaut ha voluto concludere questo suo delicato ritratto del mondo dell’infanzia nella Francia degli anni settanta, con una chiara ed esplicita nota polemica nei confronti della classe politica, in quanto non sufficientemente attenta alle esigenze dei bambini.



Titolo: Gli anni in tasca ( L’argent de poche )
Regia: François Truffaut
Interpreti:  Nicole Felix, Chantal Mercier, Virginie Thevenet, Jean-François Stévenin,
Nazionalità: Francia
Anno: 1976

domenica 23 marzo 2014

“La cuoca del Presidente” di Christian Vincent: la singolare storia di una donna e della sua grande passione per la buona cucina.


In una base scientifica in Antartide, fervono i preparativi per la cena con la quale Hortense Laborie (Catherine Frot) si congederà dagli altri componenti della missione.
Durante le ore che precedono quella festa, la donna si ritrova a ripensare al proprio passato e, in particolare, al periodo in cui, chiamata inaspettatamente dal Presidente della Repubblica francese (Jean d’Ormesson), si era occupata personalmente dei suoi pasti, avendo così la possibilità di condividere con lui il piacere per la buona cucina.
Purtroppo, però, oltre alla gioia di quei ricordi, riaffiora alla sua mente anche la profonda delusione da lei provata nel sentirsi oggetto di invidie da parte dell’entourage del Presidente.
A ogni modo, nel corso di quella giornata Hortense troverà un nuovo slancio per poter realizzare i suoi progetti futuri… 



Ispirandosi liberamente alla vita di Danièle Mazet-Delpeuch, cuoca personale del Presidente della Repubblica francese François Mitterand alla fine degli anni ottanta, con questa pellicola Christian Vincent ha tratteggiato il complesso profilo di una donna estremamente determinata e per nulla intenzionata a scendere a compromessi.
Dalla narrazione della storia di Hortense Laborie traspare essenzialmente la sua grandissima passione per la cucina e il buon cibo; quella stessa passione che nel giro di poche ore l’ha portata a lasciare la sua fattoria nel Périgord per trasferirsi all’Eliseo.
Il suo desiderio di allietare con le sue invitanti pietanze la vista e, soprattutto, il palato del Presidente, che fin da subito si dimostra un grande estimatore dell’arte di Hortense, viene però ben presto ostacolato sia dal rigido protocollo imposto dall’Eliseo, sia dalle gelosie degli altri componenti lo staff della cucina presidenziale; impedendole così di esprimersi liberamente e spingendola a rassegnare, sebbene a malincuore, le dimissioni da quel prestigioso incarico.
E’ sempre in virtù della sua passione per la cucina ed il buon cibo, e con l’obbiettivo di poter finanziare un progetto per la coltivazione del tartufo in Nuova Zelanda, che alcuni anni dopo Hortense accetta il posto di cuoca in una base scientifica nell’Antartide; una scelta che, indubbiamente, mette in evidenza anche il lato avventuroso del carattere di questa donna.
Con la sua interpretazione, Catherine Frot conferisce particolare eleganza al personaggio di Hortense; mentre nell’insolita veste di attore, e più precisamente nei panni del Presidente della Repubblica, troviamo Jean d’Ormesson, celeberrimo scrittore e giornalista francese.
Con una narrazione strutturata su due piani temporali, “La cuoca del Presidente” si rivela una pellicola decisamente gradevole, e sebbene vada ad aggiungersi alla già nutrita lista di  film cosiddetti culinari, si contraddistingue per la particolarità delle vicende personali della sua protagonista.



Titolo: La cuoca del Presidente ( Les saveurs du palais )
Regia: Christian Vincent,
Interpreti: Catherine Frot, Jean d’Ormesson, Hippolyte Girardot, Arthur Dupont
Nazionalità: Francia
Anno: 2012