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domenica 22 settembre 2019

GRANDI BUGIE TRA AMICI di Guillaume Canet: il grande valore dell’amicizia, nonostante tutto…




Alla vigilia del suo sessantesimo compleanno, Max ( François Cluzet ) decide di recarsi a  Cap Ferret sull’Atlantico, per trascorrere un po’ di tempo da solo.
Sinceramente non sta attraversando un buon periodo: ridotto sul lastrico a seguito del fallimento della sua attività commerciale, purtroppo è in procinto di vendere la bellissima villa in prossimità del mare dove per anni ha trascorso le vacanze estive in compagnia della moglie ( dalla quale si è ormai separato ), del figlio, ma soprattutto della chiassosa compagnia di amici che, a causa di varie incomprensioni, non vede più da anni.
Il suo progetto di ritagliarsi del tempo per riflettere sulla sua esistenza viene però ben presto mandato a monte.
Questo perché, con la complicità di Sabine ( Clémentine Baert ), la sua nuova compagna, quegli stessi amici con cui sembrava aver interrotto ogni rapporto, nel tentativo di superare definitivamente i vecchi dissapori, decidono di piombargli inaspettatamente in casa per festeggiare tutti insieme il suo compleanno.
Sebbene Max, almeno inizialmente, non gli riservi di certo una calorosa accoglienza, finisce comunque per invitarli a rimanere, anche se dovranno trasferirsi in un’altra villa che, a insaputa degli altri,  Eric ( Gilles Lellouche ) ha precedentemente preso in affitto.
Contrariamente a ogni sua previsione, proprio grazie alla vicinanza di quel gruppo di persone, nel corso di quei giorni Max riuscirà a ridefinire le sue priorità, e ad affrontare con il sorriso le difficoltà che gli riserverà il futuro.



Dopo l’incredibile successo di “Piccole bugie tra amici”, Guillaume Canet ha deciso di riunire lo stesso straordinario cast di interpreti ( più qualche gradita new entry ) per dare un seguito alle vicende di quel caotico gruppo di parigini in piena crisi di nervi, che anni fa aveva divertito e allo stesso tempo commosso il pubblico di mezzo mondo.
Da allora molte cose sono cambiate nelle vite di Max, Eric, Marie, Vincent e Antoine; ma soprattutto, nel frattempo sono intervenuti spiacevoli litigi che inevitabilmente hanno finito per portare allo sfaldamento del loro gruppo.
Il sentimento di amicizia che li unisce è comunque ancora molto forte, dato che, sebbene con diverso entusiasmo, ognuno di essi accetta di spostarsi fino a Cap Ferret per festeggiare tutti insieme un traguardo così importante nella vita di Max.
Grandi bugie tra amici” è in effetti una preziosa occasione di riflessione sul grande valore dell’amicizia, nonostante le piccole e grandi avversità che inevitabilmente finiscono per abbattersi sulle nostre vite.
François Cluzet anche in questo attesissimo sequel del talentuoso Canet finisce per risultare il vero mattatore della pellicola, magistralmente affiancato dalle straordinarie interpretazioni di Marion Cotillard ( qui nei panni di una madre che non ha ancora appreso pienamente il vero significato della maternità ) Gilles Lellouch ( un quarantenne  professionalmente realizzato che, malgrado tutto, si ritrova a doversi occupare da solo di una bimba piccola ) e Laurent Lafitte ( l’eterno Peter Pan della comitiva ).
Tutto ciò sullo sfondo di una delle località più suggestive della Francia in qualunque stagione dell'anno.

                                                            
                                                           Foto: Cinematografo.it

Titolo: Grandi bugie tra amici ( Nous finirons ensemble  )
Regia: Guillaume Canet
Interpreti: François Cluzet, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Benoît Magimel
Nazionalità: Francia
Anno: 2019

giovedì 13 aprile 2017

“Mal di pietre” di Nicole Garcia: l’imprevedibile destino di una donna.


Provenza, anni cinquanta. Gabrielle ( Marion Cotillard ) è una giovane donna appartenente ad una famiglia di agricoltori che, costantemente alla ricerca del grande amore, freme per poter finalmente dare libero sfogo alle proprie pulsioni sessuali.
Nel tentativo di proteggere la sua reputazione, evitando così di farla passare per “pazza” agli occhi dell’opinione pubblica, i suoi genitori decidono di farla sposare con José ( Alex Brendemühl ) – un bracciante di origini spagnole, uomo onesto e di sani principi – per il quale però Gabrielle non prova alcun sentimento.
Qualche tempo dopo, ritrovatasi affetta da calcoli renali, la donna è costretta a trascorrere un periodo di sei settimane in una clinica sulle Alpi svizzere.
Qui fa la conoscenza di André Sauvage ( Louis Garrel ) – un giovane tenente francese, reduce dalla guerra in Indocina dove è rimasto gravemente ferito – dal quale rimane immediatamente affascinata.
Indubbiamente, questo nuovo incontro rappresenta per Gabrielle l’occasione per tornare a sognare, nella speranza di poter finalmente vivere il grande amore da lei sempre inseguito; purtroppo, però, anche questa volta il destino si rivelerà alquanto beffardo con lei, divertendosi a mescolare le carte in un modo decisamente inaspettato… 


Liberamente tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice italiana Milena Agus, la pellicola di Nicole Garcia riesce a tratteggiare con estrema precisione ed efficacia la reale condizione della donna nella società degli anni cinquanta, a cui risultava ancora negata la possibilità di vivere liberamente la propria vita affettiva e sessuale.
Questo è ciò che esattamente accade alla giovane Gabrielle, il cui equilibrio psicologico precario ci appare ben evidente fin dalle prime scene.
Contro la propria volontà si ritrova sposata ad un uomo che non ama; e sebbene lui cerchi di garantirle una vita più che dignitosa, a lei tutto questo non sembra minimamente interessare.
In effetti, anche dopo il matrimonio combinatole dai suoi genitori, la ricerca dell’amore assoluto e totalizzante continua ad essere il vero e unico obiettivo di Gabrielle; e quando crede di averlo finalmente trovato nella persona del giovane tenente, la sua vita triste e monotona sembra prendere nuovo slancio, riservando allo spettatore un epilogo della storia alquanto inatteso, e offrendogli  al tempo stesso un interessante spunto di riflessione sullo straordinario potere dell’amore di influire sulla psiche umana, spingendola al punto di alterare la realtà dei fatti.
In “Mal di pietre”, presentato al Festival di Cannes dello scorso anno, Marion Cotillard ci regala un’altra delle sue intense interpretazioni, con i suoi sguardi incredibilmente più eloquenti di mille parole, affiancata questa volta dal bravissimo Alex Brendemühl, il cui personaggio con l’evolversi della vicenda si trasforma indiscutibilmente da semplice comprimario a vero e proprio coprotagonista.



Titolo: Mal di pietre ( Mal de pierres )
Regia : Nicole Garcia
Interpreti: Marion Cotillard, Louis Garrel, Alex Brendemühl
Nazionalità: Francia
Anno: 2016


lunedì 13 febbraio 2017

“E’ solo la fine del mondo” di Xavier Dolan: disperato gioco al massacro in un interno.



Louis ( Gaspard Ulliel ) è un giovane drammaturgo di successo che ha da tempo interrotto ogni rapporto con la propria famiglia.
Adesso, dopo dodici anni di assenza, decide di tornare a casa, per rivedere i posti della sua infanzia, cercare di riallacciare un legame con i suoi familiari, ma soprattutto per comunicare loro che purtroppo non gli resta ancora molto tempo da vivere.
Ad attenderlo trova sua madre Martine ( Nathalie Baye ) – donna decisamente sopra le righe, dalla quale non si è mai sentito compreso; Suzanne ( Léa Seydoux ) – la sorella minore che fino ad allora è vissuta con il “mito” di Louis; Antoine ( Vincent Cassel ) – l’irascibile fratello maggiore; e infine Catherine ( Marion Cotillard ) -  la timida e impacciata cognata che lui vede per la prima volta.
Il suo ritorno a casa sembra essere accolto con gioia da tutti tranne che da Antoine, da sempre invidioso del fratello minore.
Ben presto, tra la rievocazione di un ricordo e l’altro, vecchi rancori e incomprensioni tornano rapidamente a galla; e così, l’ultima occasione che ha Louis per riconciliarsi con i suoi familiari e il passato, si trasforma inevitabilmente in un disperato gioco al massacro.
In quell’atmosfera così carica di odio e tensione, deciderà comunque di informarli del principale motivo di quella sua visita?


In questa sua ultima pellicola, tratta dall’omonima pièce teatrale di Jean-Luc Lagrace, Xavier Dolan mette in scena i complessi conflitti tra i componenti della famiglia Knipper, scatenati dall’inaspettato ritorno a casa del “figliol prodigo” Louis.
In effetti, nonostante venga accolto con il sorriso dalla maggior parte dei suoi familiari, non è facile per nessuno di loro riabituarsi così rapidamente alla sua presenza, tanto meno per Antoine, che con il suo atteggiamento aggressivo pretende di decidere ciò che sua moglie possa o non possa dire, litiga in continuazione con la madre e la sorella, ma soprattutto non fa mistero di non tollerare assolutamente la vicinanza del fratello minore.
E’ solo la fine del mondo, che rivela fin da subito la sua chiara matrice teatrale, si sviluppa attraverso un lento susseguirsi di dialoghi che permettono allo spettatore di farsi un’idea sufficientemente precisa delle  dinamiche che molti anni prima hanno spinto il protagonista a cercare la propria strada lontano da casa; e questo grazie anche al sapiente inserimento di efficaci flashback generati dai ricordi di Louis: da quando, ancora bambino, giocava spensierato con Antoine nei giorni di vacanza, fino alla scoperta della propria omosessualità.
Oltre che per i suoi dialoghi particolarmente accesi, questa struggente pellicola dell’enfant prodige Dolan si contraddistingue  per l’incredibile intensità dei silenzi e,  soprattutto, degli sguardi dei suoi personaggi; in primis quelli del tormentato Louis, che trova fin da subito un’inaspettata alleata in Catherine.
Per questo suo sesto lungometraggio, presentato all’ultimo Festival di Cannes e celebrato con il Gran Premio della Giuria, il regista canadese si è avvalso di un cast pluristellato, composto interamente da attori francesi, le cui intense interpretazioni hanno reso decisamente toccante la narrazione delle vicende di un giovane uomo, per il quale la fine del mondo è purtroppo ormai vicina.


Titolo: E’ solo la fine del mondo ( Juste la fin du monde )
Regia : Xavier Dolan
Interpreti: Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Marion Cotillard, Vincent Cassel, Léa Seydoux.
Nazionalità: Canada, Francia
Anno: 2016



domenica 5 febbraio 2017

“Due giorni, una notte” di Jean-Pierre e Luc Dardenne: una triste e inevitabile guerra tra poveri, perennemente in bilico tra egoismo e desiderio di solidarietà.



Sandra ( Marion Cotillard ) – sposata e con due figli piccoli – lavora come operaia presso una società produttrice di pannelli solari.
Reduce da un periodo particolarmente difficile, in cui ha sofferto di depressione, viene a sapere dall’amica e collega Juliette ( Catherine Salée ) che il suo posto di lavoro è stato soppresso.
Nel tentativo di allontanarla definitivamente dalla fabbrica, il suo capo-reparto ha in effetti  coinvolto gli altri operai, chiedendo loro di scegliere tra la possibilità di ricevere un bonus pro-capite di mille euro e la conservazione del posto di Sandra.
Quest’ultima, dopo aver parlato con il titolare dell’azienda, riesce comunque a ottenere la ripetizione della votazione per il lunedì seguente.
Aiutata dal marito Manu ( Fabrizio Rongione ), nel corso dei due giorni successivi la donna si reca quindi presso il domicilio dei singoli colleghi, per cercare di convincerli a rinunciare al loro bonus.
Ovviamente, per lei l’impresa si rivelerà tutt’altro che semplice…


Con “Due giorni, una notte, presentato in concorso alla 67^ edizione del Festival di Cannes, i fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne tornano ad affrontare la tematica, quanto mai attuale, del lavoro.
Questa volta, protagonista della vicenda è una madre di famiglia appartenente alla classe operaia, che al fine di riuscire a mantenere il proprio impiego nella fabbrica in cui lavora, è costretta ad umiliarsi con i suoi sedici colleghi; questi ultimi, decidendo di accettare un premio produzione, possono infatti determinare automaticamente il suo licenziamento.
E’ una triste e inevitabile guerra tra poveri quella a cui assistiamo nella drammatica pellicola dei due registi belgi, i cui singoli personaggi risultano perennemente in bilico tra il desiderio di esprimere la propria solidarietà nei confronti di una persona in difficoltà, e la necessità di far fronte alle pressanti esigenze economiche imposte loro da una quotidianità particolarmente dura.
A poco a poco si delinea il profilo di una donna che, nonostante la sua psicologia particolarmente fragile e le avversità della vita, riesce comunque a mantenere inalterata la propria dignità e, soprattutto, a continuare a guardare al futuro con speranza.
Marion Cotillard ci regala un’altra delle sue straordinarie interpretazioni, che le è addirittura valsa un’altra nomination agli Oscar, affiancata dal bravo Fabrizio Rongione – attore, sceneggiatore e produttore di origine italiana – a cui è stato assegnato il prestigioso Premio Magritte proprio per questa sua intensa e particolarmente toccante prova di recitazione.  


Titolo: Due giorni, una notte ( Deux jours, une nuit )
Regia :  Luc e Jean-Pierre Dardenne
Interpreti: Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée.
Nazionalità: Belgio
Anno: 2014


sabato 19 aprile 2014

“Un sapore di ruggine e ossa” di Jacques Audiard: il doloroso incontro di due solitudini.


Ritrovatosi da solo con il figlio di cinque anni, Ali ( Matthias Schoenaerts ) decide di trasferirsi ad Antibes, nel sud della Francia, dove vive la sorella.
Dopo aver trovato un lavoro come buttafuori in una discoteca, sembra che la sua vita abbia finalmente preso il verso giusto.
Una sera, mentre si trova in servizio, Ali soccorre Stéphanie ( Marion Cotillard ), rimasta ferita a seguito di una lite e, dopo averla riaccompagnata a casa, decide di lasciarle il proprio numero di telefono.
Qualche tempo dopo la donna, un’ammaestratrice di orche presso un parco marino di Antibes, rimane coinvolta in un tragico incidente avvenuto proprio durante uno dei suoi spettacoli.
A partire da quel momento, la vita di entrambi sarà destinata a cambiare per sempre….




Protagonisti di “Un sapore di ruggine ed ossa”, pellicola basata su di una raccolta di racconti dell’autore canadese Craig Davidson, e presentata in concorso al Festival di Cannes del 2012, sono Stéphanie e Ali, i quali, sebbene appartenenti a due mondi che non hanno nulla in comune, vedono intrecciarsi le loro esistenze in modo alquanto inaspettato.
A seguito di un drammatico incidente che l’ha lasciata su di una sedia a rotelle, Stéphanie sembra aver perduto non solo l’amore ed il proprio lavoro, ma anche e soprattutto la forza di guardare al futuro.
Grazie ad Ali, da lei conosciuto qualche tempo prima all’uscita da una discoteca, riesce comunque a riacquistare la voglia di rimettersi in gioco e di tornare ad amare.
Da parte sua, il giovane uomo sembra invece intenzionato a non abbandonare quella sua esistenza così disordinata, spesso vissuta oltre i limiti della legalità.
E’ solamente quando si ritroverà da solo in ospedale, con il proprio figlio che lotta tra la vita e la morte, che Alì riuscirà finalmente a spogliarsi di quella corazza che, fino a quel momento, gli aveva impedito di comprendere il vero valore nonché il calore dei rapporti umani.
Jacques Audiard, con la sua regia decisamente cruda e realistica, non ci risparmia nulla del dolore fisico e spirituale attraversato dai due protagonisti prima di riuscire a rincontrarsi e a salvarsi reciprocamente dalla loro solitudine.
Accanto ad una sempre straordinaria Marion Cotillard, troviamo Matthias Schoenaerts: il bravissimo attore belga che lo scorso anno, proprio grazie a questa sua intensa interpretazione, si è aggiudicato un César come migliore promessa maschile.



Titolo: Un sapore di ruggine e ossa ( De rouille et d’os )
Regia: Jacques Audiard
Interpreti: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Céline Sallette, Corinne Masiero
Nazionalità: Belgio, Francia
Anno: 2012




giovedì 7 novembre 2013

“La vie en rose” di Olivier Dahan: la travagliata esistenza di una donna dotata di un incredibile talento.


Tramite una serie di flashback, estremamente curati nei dettagli, che spaziano nel tempo dalla fine della prima guerra mondiale agli inizi degli anni sessanta, con “La vie en rose” il regista francese Olivier Dahan ha realizzato un ritratto tanto drammatico quanto struggente di una delle più grandi interpreti musicali del novecento.
Dopo aver trascorso i primi anni della sua travagliata infanzia in un bordello gestito dalla zia paterna, Edith (Marion Cotillard) inizia a far conoscere  le sue notevoli doti  artistiche nel momento in cui comincia ad esibirsi insieme al padre come artista di strada.
Circa venti anni dopo la ritroviamo a cantare per le vie di Parigi insieme all’amica del cuore  Mômon (Sylvie Testud);  ed è proprio lì che viene notata da Louis Leplée (Gérard  Depardieu), un noto impresario musicale.
Successivamente alla misteriosa morte di quest’ultimo, Edith diventa l’amante del compositore Raymond Asso (Marc Barbé), grazie al quale conosce  i suoi primi grandi successi musicali.
Ben presto la sua notorietà si diffonde negli Stati Uniti, dove abita per diversi anni prima di rientrare definitivamente in Francia.
Nonostante la sua carriera di acclamata star internazionale, l’esistenza di Edith Piaf è stata  sempre costellata da una serie di drammatici eventi, soprattutto nella sua vita sentimentale.
Dopo varie turbolente relazioni,  la donna sembra aver finalmente trovato il vero amore accanto a Marcel Cerdan (Jean-Pierre Martins): un pugile di origine marocchina conosciuto durante il suo soggiorno a New York; purtroppo, però, il loro magico idillio  viene improvvisamente e drammaticamente interrotto a seguito della morte dell’amato in un incidente aereo.
La perdita di Marcel segna per Edith l’inizio di un lungo e doloroso calvario, durante il quale depressione, alcool, e droghe, per non parlare della grave forma di artrite da cui era affetta, l’accompagnano tristemente fino all’anno della sua scomparsa, avvenuta nel sud della Francia nel 1963, minandola non solo nel fisico ma anche e soprattutto nello spirito.


La pellicola di Olivier Dahan, oltre a dare alle nuove generazioni la possibilità di conoscere un’artista del passato dotata di un incredibile talento, rappresenta una preziosa occasione per riascoltare alcuni dei più celebri brani da lei interpretati in quasi trent’anni di carriera, tra cui non possiamo fare a meno di ricordare “La vie en rose”, “L’hymne à l’amour”, “La foule”, nonché la struggente “Non, je ne regrette rien”.
Nel testo di quest’ultima è come se fossero stati riassunti tutti gli avvenimenti che hanno attraversato la tribolata esistenza della Piaf, fatta di un continuo susseguirsi di alti e bassi che l’hanno portata dalla povertà al successo, passando attraverso l’atroce perdita della figlioletta, diverse tormentate storie d’amore e la malattia.
La sensazionale e al tempo stesso commovente interpretazione di Marion Cotillard, che con incredibile bravura è riuscita a trasmettere allo spettatore tutta la sofferenza fisica ed emotiva del personaggio da lei incarnato, non solo le ha permesso di aggiudicarsi un meritatissimo Oscar come migliore attrice protagonista, ma ha anche contribuito a consacrarla definitivamente a star internazionale.
Il titolo originale della pellicola, La môme ( la ragazzina ), fa specifico riferimento al primo nome d’arte attribuito alla cantante da Leplée, il suo scopritore, interpretato sullo schermo dal corpulento Gérard Depardieu.



Titolo: La vie en rose ( La Môme )
Regia: Olivier Dahan
Interpreti: Marion Cotillard, Sylvie Testud, Clotilde Coureau, Jean-Paul Rouve, Gérard Depardieu
Nazionalità: Francia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca
Anno: 2007

lunedì 24 dicembre 2012

“Una lunga domenica di passioni” di Jean-Pierre Jeunet: una tenera storia d’amore sullo sfondo degli orrori della grande guerra.


Dopo l’incredibile successo de “Il favoloso mondo di Amélie”, nel 2004 la fortunata coppia formata dal visionario regista francese Jean-Pierre Jeunet e l’espressiva Audrey Tautou si riunì felicemente per le riprese de “Una lunga domenica di passioni”: un vero e proprio kolossal di produzione franco-americana ambientato durante gli anni che  seguirono immediatamente il primo conflitto mondiale.
Nel gennaio del 1917, cinque soldati francesi, non sopportando più di continuare a combattere in trincea, decidono di automutilarsi proprio per sottrarsi ai loro doveri militari.
Condannati a morte da una corte marziale per aver commesso questo reato, i cinque uomini vengono scortati in un avamposto chiamato “Bingo Crépuscule” e abbandonati lì, tra le trincee francesi e quelle tedesche, al loro tragico destino.
Tra di loro vi è anche il giovanissimo Manech (Gaspard Ulliel), fidanzato di Mathilde (Audrey Tautou).
Due anni più tardi la ragazza, claudicante fin da quando era una bambina a seguito della poliomielite, non riesce ancora a rassegnarsi all’idea che Manech sia effettivamente deceduto, poiché se fosse morto lei lo saprebbe.
Sostenuta da questa sua fortissima convinzione, Mathilde inizia quindi la sua indagine personale.
In un altalenarsi di speranze e delusioni, e avvalendosi delle testimonianze di coloro che hanno incontrato Manech, la ragazza riuscirà finalmente a scoprire che cosa gli sia effettivamente successo quel terribile giorno a “Bingo Crépuscule”…



Tratto dall’omonimo romanzo di Sébastien Japrisot, “Una lunga domenica di passioni” ci presenta con estremo realismo tutto l’orrore della guerra.
Una perfetta ricostruzione delle trincee battute dalla pioggia e sommerse dal fango, un sapiente impiego degli effetti speciali, nonché la crudezza delle scene in cui il regista non ci risparmia la visione dei corpi dei soldati mutilati o, peggio ancora, straziati sul campo di battaglia, rendono lo spettatore particolarmente partecipe delle vicende narrate sullo schermo.
A smorzare la drammaticità degli eventi storici, contribuisce però la tenerezza della storia d’amore tra Mathilde e Manech, i quali, proprio a causa della guerra, hanno visto spezzarsi tragicamente il filo che li teneva legati al loro sogno fin dagli anni dell’infanzia.
Nonostante le avversità che l’hanno accompagnata fin dalla sua tenera età, il personaggio interpretato dalla Tautou affascina per la sua incredibile forza e tenacia; due qualità che la spingono senza sosta a scoprire che cosa sia effettivamente successo al suo amato, nonostante le persone che le stanno accanto la esortino in continuazione ad abbandonare le ricerche, onde evitare che lei si illuda inutilmente.
Fanno parte del cast di questo intenso kolossal a sfondo bellico, oltre alla Tautou e ad alcuni degli attori “feticcio” di Jeunet ( come Dominique Pinon e Rufus ), anche due premi Oscar di tutto rispetto: la bravissima Marion Cotillard ( nei panni di una vendicativa prostituta ) e la talentuosa Jodie Foster.
La suggestiva colonna sonora di Angelo Badalamenti riesce magistralmente a trasmettere allo spettatore non solo l’enorme angoscia di Mathilde, ma anche e soprattutto la sua speranza di riuscire a ritrovare ancora vivo il “suo” Manech.
Una menzione particolare spetta infine all’eccellente utilizzo degli effetti digitali, grazie ai quali è stato possibile ricreare la Parigi degli anni venti, nonché alla fotografia di Bruno Delbonnel, che  è riuscita ad esaltare l’incredibile bellezza dei paesaggi della Bretagna, con i suoi fari imponenti e le sue lunghissime coste frastagliate battute dal vento.



Titolo: Una lunga domenica di passioni ( Un long dimanche de fiançailles )
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Interpreti: Audrey Tautou, Gaspard Ulliel, Dominique Pinon, Jodie Foster, Marion Cotillard
Nazionalità: Francia
Anno: 2004

sabato 21 luglio 2012

“Piccole bugie tra amici” di Guillaume Canet: le incantevoli spiagge di Cap Ferret fanno da sfondo alle nevrosi di un gruppo di amici parigini.


La cartolina di oggi arriva dalle spiagge francesi della costa atlantica, e più precisamente da Cap Ferret, dove il regista, nonché attore, Guillaume Canet ha girato nell’estate di tre anni fa “Piccole bugie tra amici”: una commedia drammatica che, dopo aver registrato un enorme successo di pubblico in Francia, è arrivata nelle nostre sale la scorsa primavera.
Alcuni giorni prima della partenza per Cap Ferret, dove ogni estate sono soliti trascorrere insieme un breve periodo di vacanza, un gruppo di parigini viene sconvolto dalla notizia dell’incidente in scooter accaduto all’amico Ludo (Jean Dujardin) all’uscita da una discoteca.
Inizialmente restii a lasciarlo da solo in ospedale, vengono successivamente tranquillizzati dai medici sulle sue reali possibilità di recupero; e decidono quindi di partire ugualmente per il loro ritrovo annuale.
Quella loro vacanza però, anziché  distrarli dai problemi quotidiani,  porterà alla luce tutte le nevrosi, le paure e le incomprensioni tra di loro, che fino ad allora erano rimaste nascoste sotto la sabbia.
Max (François Cluzet), il proprietario della villa, è un uomo di mezz’età dal carattere irascibile che rischia di compromettere irrimediabilmente il proprio rapporto con l’amico Vincent (Benoît Magimel), dopo che quest’ultimo gli ha rivelato di provare per lui qualcosa di più di un sentimento di amicizia.
Marie (Marion Cotillard) è una giovane donna che, alla continua ricerca di un proprio equilibrio interiore, passa con estrema facilità da un partner all’altro.
Eric (Gilles Lellouche) è invece un attore agli inizi della carriera, che non riesce a resistere alla tentazione di sedurre ogni donna che incontra, e che per questo motivo viene abbandonato dalla sua ragazza.
Vi è infine Antoine (Laurent Lafitte), anche lui è stato lasciato dalla fidanzata; ossessiona in continuazione gli altri con la richiesta di consigli, nella speranza di poter tornare insieme a lei.
I giorni trascorrono abbastanza tranquillamente tra risate, litigi e gite in barca, fino a quando non accadrà qualcosa che, sebbene comprometterà ulteriormente l’instabile equilibrio di ognuno di essi, finirà comunque per rendere più saldo il loro rapporto…


Con questo film Guillaume Canet ha voluto realizzare una sorta de “Il grande freddo”, la celeberrima pellicola di Lawrence Kasdan datata 1983, in “salsa francese”.
Sebbene la sceneggiatura di “Piccole bugie tra amici” non si contraddistingua per la sua originalità, il regista è comunque riuscito a sostenere bene il carattere corale della pellicola, narrando le dinamiche che si sviluppano tra i singoli personaggi coinvolti nella storia; i quali, sebbene inizialmente ci appaiano altruisti e affettuosi, successivamente si rivelano ai nostri occhi egoisti e bugiardi.
Il titolo originale “Les petits mouchoirs” ( letteralmente  “I fazzolettini” ) fa riferimento ad un’espressione francese che viene utilizzata quando si vuole indicare qualcosa che è tenuto nascosto, stendendoci sopra un fazzoletto.
Questo è proprio ciò che ha fatto, per tutta la sua vita, ciascuna delle persone appartenenti a quel gruppo di amici; non solamente nei rapporti tra di loro, ma anche e soprattutto nei confronti di loro stessi. Gli eventi, però, li costringeranno ad affrontare la realtà per quello che effettivamente è.
All’interno del cast si distingue particolarmente per l’intensità della sua interpretazione Marion Cotillard, compagna del regista nella vita, e premio Oscar come migliore attrice protagonista per il  ruolo di Edith Piaf nel film  “La vie en rose”.
A fare da sfondo alle vicende di questa commedia drammatica abbiamo le incantevoli spiagge di Cap Ferret, la località balneare situata nella regione dell’Aquitania, nel sud-ovest della Francia.
A seguito del successo ottenuto da “Piccole bugie tra amici” sono aumentate le richieste di coloro che nel periodo estivo desiderano affittare un’abitazione proprio in questa zona. Qualcuno ha perfino espressamente richiesto di trascorrere le vacanze nella casa in cui è stato girato il film, e dove l’intero cast ha vissuto per un brevissimo periodo di tempo, per potersi ambientare prima dell’inizio delle riprese.
Per cominciare ad entrare nelle atmosfere estive della pellicola, vi consiglio di guardarne subito il trailer; io, come al solito, vi rinnovo il mio invito su questo blog con la prossima cartolina dalla Francia.




Titolo: Piccole bugie tra amici ( Les petits mouchoirs ) 
Regia: Guillaume Canet
Interpreti : François Cluzet, Jean Dujardin, Benoît Magimel, Marion Cotillard, Gilles Lellouche
Nazionalità : Francia
Anno : 2010


venerdì 11 maggio 2012

“Midnight in Paris” di Woody Allen: avanti e indietro nel tempo lungo le incantevoli vie di Parigi.


Avete mai immaginato di vivere nella Ville Lumière in un’epoca diversa dalla vostra? In caso affermativo vorrei allora consigliarvi la visione di “Midnight in Paris” di Woody Allen: la “cartolina dalla Francia” che vi propongo con il post di oggi.
Gil ( Owen Wilson ) è uno sceneggiatore americano di successo, con aspirazioni da scrittore, in vacanza a Parigi con la fidanzata Inez ( Rachel McAdams ), la famiglia di lei e una coppia di amici. Sebbene sia incoraggiato da tutti a non abbandonare la sua remunerativa carriera, Gil è invece sempre più propenso a dedicarsi alla stesura del suo primo romanzo, relativamente al quale, però, appare decisamente in crisi di ispirazione. Ha inoltre una passione particolare per la Ville Lumière, ed è proprio lì che vorrebbe vivere. Una notte, mentre sta passeggiando da solo lungo le vie della città, viene accostato da un’auto d’epoca e invitato a salire dalle persone che si trovano a bordo; decide così di unirsi all’allegra comitiva. Come d’incanto si ritrova proiettato indietro nel tempo, e più precisamente nella Parigi degli anni venti, un’epoca da lui ritenuta particolarmente interessante dal punto di vista storico e culturale. Durante le sue varie incursioni notturne nel passato, che si ripetono nel corso delle notti seguenti, per lui risulta determinante l’incontro con Ernest Hemingway, dal quale riceve importanti consigli anche sulla scrittura. Ha inoltre la possibilità di conoscere Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, Cole Porter, Salvador Dalì e molti altri personaggi che hanno animato la scenario culturale della Parigi degli anni venti. A casa di Gertrude Stein ( interpretata da Kathy Bates ) incontra poi Adriana ( Marion Cotillard ), l’attuale amante di Pablo Picasso. Tra lei e Gil nasce subito un feeling, e durante una passeggiata notturna lungo le vie di Parigi si ritrovano entrambi catapultati nella Belle Époque: il periodo storico nel quale Adriana avrebbe tanto desiderato vivere. A seguito di questo ulteriore balzo indietro nel tempo, Gil si ritrova a riflettere sulla propensione dell’essere umano a fantasticare sui fasti dell’epoche passate, in quanto spesso intimorito dall’incertezza che contraddistingue il suo presente, e soprattutto il suo futuro. Mentre Adriana preferisce rimanere nella Belle Époque, Gil torna invece a vivere nella Parigi dei giorni nostri, dove romperà il proprio fidanzamento con Inez, dopo essersi definitivamente reso conto di avere una visione della vita completamente diversa dalla sua, e soprattutto si deciderà ad accettare la realtà del presente.


Midnight in Paris”, che quest’anno si è meritatamente aggiudicato l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale, è soprattutto un omaggio del regista a Parigi, alla bellezza della sua arte e alla sua storia. Durante i primi minuti del film assistiamo infatti ad una lunga carrellata di immagini della Ville Lumière, piacevolmente accompagnata dalla seducente musica di Sidney Bechet, Si tu vois ma mère, che ci introduce alle eleganti atmosfere che caratterizzeranno poi il prosieguo della pellicola, e che potete (ri)ascoltare cliccando QUI. Ecco che quindi, in una giornata in cui il cielo appare coperto dalle nuvole, alcuni suggestivi scorci di Parigi iniziano a scorrere di fronte ai nostri occhi. Per un attimo riusciamo a intravedere gli Champs-Elysées con in lontananza l’Arc de Triomphe, il quartiere di Montmartre con la Basilica del Sacro Cuore, la Senna e i suoi caratteristici Bateaux-Mouches, la Cattedrale di Notre Dame e, ovviamente, la Tour Eiffel. Inizia a piovere, ma non importa; perché, come convengono anche Gil e la ragazza del mercatino delle pulci nell’ultima scena del film, “in realtà Parigi è molto più bella con la pioggia…”  Il giorno lascia poi lentamente il posto alle luci artificiali della sera; e quando allo scoccare della mezzanotte il protagonista si ritroverà inaspettatamente catapultato indietro nel tempo, esattamente nell’epoca in cui lui avrebbe desiderato vivere, crederà di vedere realizzato il proprio sogno. Allo stesso tempo, però, si renderà finalmente conto che la sua idea che in un’altra vita avrebbe potuto essere più felice, in realtà è solo ed esclusivamente un’illusione.
Il trailer del film, in poco meno di due minuti, riesce a riassumere perfettamente tutta l’essenza di “Midnight in Paris”. Buona visione e alla prossima cartolina dalla Francia!






Titolo: Midnight in Paris ( Midnight in Paris ).
Regia: Woody Allen
Interpreti : Owen Wilson, Rachel McAdams, Marion Cotillard, Kathy Bates, Adrien Brody
Nazionalità : USA, Spagna
Anno : 2011



sabato 28 aprile 2012

“Un’ottima annata” di Ridley Scott: la Provenza e la magia dei suoi vigneti.


Tratto dall’omonimo romanzo di Peter Mayle, "Un'ottima annata" di Ridley Scott è la “cartolina dalla Francia” di oggi, e arriva direttamente dai vigneti della Provenza.
Max Skinner (Russell Crowe) è un cinico broker di Londra, nella cui vita le uniche cose ad avere importanza sono il lavoro e le donne.
Un giorno riceve la notizia della morte dello zio Henry (Albert Finney), con il quale aveva trascorso gran parte della propria infanzia essendo rimasto orfano molto presto di entrambi i genitori.
Poiché non è stato lasciato alcun testamento, Max risulta essere l’unico erede de “Château La Siroque”, la proprietà dello zio in Provenza, con annesso vigneto, dove lo stesso Max ha vissuto quando era bambino.
Abbandona quindi momentaneamente Londra per recarsi nel sud della Francia, con l’obiettivo di vendere la tenuta e tornare prima possibile al proprio lavoro di broker.
Arrivato in Provenza, mentre guida, parlando contemporaneamente al telefono, investe senza rendersene conto una donna, Fanny Chenal (Marion Cotillard), la proprietaria di un bistrot locale.
Il giorno seguente, prima di ripartire per Londra, mentre sta scattando alcune foto della proprietà per il suo agente immobiliare, cade involontariamente nella vecchia vasca, vuota, della villa. Fanny, che per caso si trova a passare da quelle parti, riconosce immediatamente l’auto che l’aveva investita il giorno prima, e per vendicarsi riempie la piscina d’acqua.
L’importante appuntamento che Max aveva a Londra salta, e in conseguenza di ciò viene temporaneamente sospeso dal proprio lavoro; decide quindi di rimanere a trascorrere quel periodo di riposo “forzato” nella tenuta dello zio.
Poco dopo riceve la visita di Christie, una ragazza americana che afferma di essere venuta per vedere Henry: il padre che non ha mai conosciuto...
Vivendo nei luoghi in cui aveva trascorso parte della propria infanzia, Max riscopre a poco a poco i valori che lo zio, molti anni prima, aveva cercato di trasmettergli.
Inoltre, grazie anche all’amore per Fanny, abbandonerà lentamente il suo innato cinismo e inizierà ad apprezzare i piccoli piaceri della vita ai quali fino ad allora non aveva mai prestato la minima attenzione.


Dopo aver visto “Un’ottima annata”, che ancora una volta ci mostra come gli eventi possono inaspettatamente rivoluzionare le nostre esistenze, ho approfittato di una mia vacanza in Provenza per andare a visitare alcune delle locations in cui è stata girata la pellicola.
Desidero innanzitutto precisare che, nel caso in cui voleste recarvi nel luogo esatto in cui si trova la tenuta dello zio di Max, dovreste allora indirizzarvi verso “Château La Canorgue” dalle parti di Bonnieux, “ribattezzato” nel film “Château La Siroque”, dove viene effettivamente prodotto “Le Coin Perdu”, il vino più volte citato durante il film. Sebbene i visitatori non possano accedere alla villa, che si trova in una posizione rialzata rispetto al resto della proprietà, ne ho comunque riconosciuto immediatamente la facciata non appena ho iniziato a camminare tra i lunghi filari del vigneto. 
Se vi trovaste poi a passare dalle parti di Gordes, vi consiglierei allora di fermarvi a bere qualcosa al Café Le Renaissance, sulla piazza del paese, scelto come location per le scene ambientate nel ristorante di Fanny Chenal, e dove inaspettatamente il cinico personaggio interpretato da Russell Crowe si improvvisa cameriere per una sera. Oltre che per il sopra citato café, divenuto famoso negli ultimi anni proprio per aver ospitato le riprese del film di Ridley Scott, Gordes merita a ogni modo di essere visitata per i suggestivi scorci che riesce a regalarci mentre passeggiamo piacevolmente lungo le lastricate vie del borgo.
Infine, se avete particolarmente amato la scena del primo appuntamento tra Max e Fanny, seduti a un tavolo all’aperto, mentre su di un maxi-schermo stanno proiettando una serie di immagini tratte da vecchi film francesi e in sottofondo scorrono le note di “Boum” di Charles Trenet, perché non fare allora una breve sosta anche a Cucuron? E’ qui infatti che troverete la grossa vasca in pietra circondata dai platani che avete visto nella scena sopra menzionata.
Prima ancora di augurarvi un’indimenticabile vacanza tra i magici scenari della Provenza, vorrei come consigliarvi la visione del trailer di “Un’ottima annata”. A presto con la prossima cartolina dalla Francia!






Titolo: Un’ottima annata ( A good year ).
Regia: Ridley Scott
Interpreti : Russell Crowe, Marion Cotillard, Albert Finney
Nazionalità : USA
Anno : 2006