sabato 17 maggio 2014

“Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre” di Claude Sautet: un malinconico ritratto della società francese dei primi anni settanta.


Vincent (Yves Montand), François (Michel Piccoli) e Paul (Serge Reggiani) sono tre amici cinquantenni che con le rispettive mogli, o compagne, sono soliti trascorrere la domenica insieme; e durante questi incontri settimanali capita molto spesso che le risate e il divertimento si mescolino a feroci battibecchi tra di loro.
Vincent è un imprenditore la cui azienda sta attraversando un periodo particolarmente difficile; come se ciò non bastasse, l’uomo è ancora ossessionato dal pensiero di Catherine (Stéphane Audran): la donna dalla quale sta per divorziare, ma di cui è ancora innamorato.
François, invece, è un medico affermato il cui matrimonio sembra ormai giunto al capolinea proprio a causa dei suoi eccessivi impegni professionali.
Infine c’è Paul, uno scrittore; sebbene la sua vita sentimentale stia andando a gonfie vele, non può invece dirsi altrettanto per la sua vena ispirativa.
Tre amici, le mogli e ( affettuosamente ) le altre” affronta la dolorosa crisi esistenziale di tre uomini che assistono impotenti al lento e inesorabile scorrere del tempo; un’acuta, ma al tempo stesso delicata, analisi psicologica non solo dei suddetti protagonisti, ma anche delle persone che li circondano.



E’ a ogni modo una pellicola all’insegna della voglia di stare insieme o, per meglio dire, dell’amicizia; quella stessa amicizia che permette a Vincent, François e Paul di guardare al futuro con una luce di speranza, sebbene le loro esistenze siano indubbiamente velate dal pessimismo. 
Il  risultato finale  è un riuscito ritratto della media  borghesia francese nella prima metà degli anni settanta, la cui malinconia è ben sottolineata dalla struggente colonna sonora di Philippe Sarde  ( stretto collaboratore di Claude Sautet ) che potete riascoltare QUI nel trailer del film.
Alla base del successo di questa pellicola, oltre ad una solida sceneggiatura tratta da un romanzo di Claude Néron, vi è la presenza di uno straordinario cast di interpreti che annovera, tra gli altri, due grandissimi attori italiani, Antonella Lualdi e Umberto Orsini, nonché un giovane e bravo Gérard Depardieu.


Titolo: Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre ( Vincent, François, Paul et les autres )
Regia: Claude Sautet
Interpreti: Michel Piccoli, Gérard Depardieu, Serge Reggiani, Yves Montand, Antonella Lualdi
Nazionalità: Francia
Anno: 1974


venerdì 9 maggio 2014

“Nella casa” di François Ozon: una seducente dimostrazione del potere manipolatorio della scrittura.


Germain (Fabrice Luchini) è un insegnante di francese in un liceo di provincia. Un giorno, mentre è intento a correggere i temi dei suoi alunni, rimane positivamente colpito da quello di Claude Garcia (Ernst Umhauer) per la sottile ironia con la quale il giovane descrive la famiglia di Rapha Artole (Bastien Ughetto), un suo compagno di scuola.
Dopo averne parlato con sua moglie Jeanne (Kristin Scott Thomas), Germain esorta il ragazzo a continuare a scrivere della famiglia dell’amico, avendo individuato in lui un notevole talento letterario.
Per poterlo fare, Claude diventerà ben presto un assiduo frequentatore degli Artole, senza risparmiare nei propri resoconti nessun dettaglio di ciò che avviene all’interno di quella casa; neppure della sua morbosa infatuazione per la signora Artole (Emmanuelle Seigner).
A poco a poco, senza quasi rendersene conto, Germain si ritroverà completamente sedotto dalla capacità narrativa del ragazzo, al punto che la cosa prenderà per lui una piega del tutto inaspettata…



Liberamente ispirato alla pièce teatrale “El chico de la última fila”, del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga, “Nella casa” è essenzialmente una riuscita dimostrazione del potere manipolatorio della scrittura.
Al centro della vicenda François Ozon pone l’insolito ( e alquanto pericoloso ) rapporto che lentamente si sviluppa tra un insegnante ed uno dei suoi studenti, a mano a mano che quest’ultimo rivela nei propri racconti dettagli sempre più intimi di ciò che quotidianamente avviene all’interno di una famiglia borghese.
Germain, che anni prima aveva definitivamente rinunciato a proseguire la carriera di scrittore, in quanto ben consapevole della propria mancanza di talento, è come se vivesse il miraggio di poter finalmente realizzare le sue aspirazioni di gioventù attraverso il brillante talento di Claude; ed è per questo motivo che spinge quest’ultimo ad essere sempre più penetrante nella sua narrazione, finendo però per rimanere soggiogato proprio da quello stesso talento che desidera così ardentemente sostenere.
Rimanendo sempre in bilico tra realtà e finzione, Ozon ha sapientemente miscelato la commedia con il thriller; il risultato finale è indubbiamente gradevole, grazie anche alla presenza di uno straordinario cast di interpreti in cui troviamo, accanto al poliedrico Fabrice Luchini ( già diretto da Ozon in “Potiche” ), e alla sempre straordinaria Kristin Scott Thomas, il giovane Ernst Umhauer.
Quest’ultimo, nel ruolo di Claude, è semplicemente strepitoso nel riuscire a trasmettere allo spettatore tutta la complessa ambiguità del personaggio da lui interpretato.



Titolo: Nella casa ( Dans la maison )
Regia: François Ozon
Interpreti: Fabrice Luchini, Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Denis Menochet.
Nazionalità: Francia
Anno: 2012


giovedì 1 maggio 2014

“Quello che gli uomini non dicono” di Nicole Garcia: un poliedrico spaccato dell’universo maschile.


Nell’arco temporale di tre giorni, e sullo sfondo di una grigia cittadina del nord-ovest francese, si intrecciano le vicende di sei uomini di età ed estrazione sociale diversa, accomunati però da una profonda insoddisfazione personale che permea la loro quotidianità, e dall’incapacità, per alcuni di essi, di scendere a patti non solo con il proprio presente ma anche e soprattutto con il proprio passato.
C’è Serge (Vincent Lindon), marito fedifrago; Jean-Louis (Jean-Pierre Bacri), il maturo sindaco di quella stessa cittadina che intrattiene in segreto una relazione con una donna molto più giovane di lui; Pierre (Benoît Magimel) sensibile insegnante di liceo che, dopo tanti anni, ha ancora un conto in sospeso con Matthieu (Patrick Pineau), un ambizioso paleontologo.
Vi è poi Adrien (Arnaud Valois), giovane tennista all’apice del successo, dal quale però sembra voler rifuggire ad ogni costo, e infine Joss (Benoît Poelvoorde), un povero disperato che sta progettando un furto.



A fare da contraltare alle loro crisi esistenziali, ci pensa fortunatamente Charlie (Ferdinand Martin) ( il figlio undicenne di Serge citato nel titolo originale del film ), il quale, tramite i suoi lunghi silenzi nonché il suo sguardo attento, riesce a mostrarci tutte le fragilità e le contraddizioni del complesso mondo degli adulti, nelle quali suo malgrado si ritrova coinvolto, cercando al tempo stesso di apportare una soluzione ai loro problemi.
Jean-Pierre Bacri, Vincent Lindon, Benoît Magimel, sono solo alcuni degli straordinari interpreti maschili di cui Nicole Garcia si è avvalsa per la realizzazione di un poliedrico spaccato dell’universo maschile.
Nonostante l’estrema lentezza nella narrazione degli eventi, “Quello che gli uomini non dicono” si rivela una pellicola gradevole, che si contraddistingue per il suo insolito approccio nel tentare di comprendere quello che gli uomini pensano e che, molto spesso, non dicono.




Titolo: Quello che gli uomini non dicono ( Selon Charlie )
Regia: Nicole Garcia
Interpreti: Jean-Pierre Bacri, Vincent Lindon, Benoît Magimel, Benoît Poelvoorde.
Nazionalità: Francia
Anno: 2006

sabato 19 aprile 2014

“Un sapore di ruggine e ossa” di Jacques Audiard: il doloroso incontro di due solitudini.


Ritrovatosi da solo con il figlio di cinque anni, Ali ( Matthias Schoenaerts ) decide di trasferirsi ad Antibes, nel sud della Francia, dove vive la sorella.
Dopo aver trovato un lavoro come buttafuori in una discoteca, sembra che la sua vita abbia finalmente preso il verso giusto.
Una sera, mentre si trova in servizio, Ali soccorre Stéphanie ( Marion Cotillard ), rimasta ferita a seguito di una lite e, dopo averla riaccompagnata a casa, decide di lasciarle il proprio numero di telefono.
Qualche tempo dopo la donna, un’ammaestratrice di orche presso un parco marino di Antibes, rimane coinvolta in un tragico incidente avvenuto proprio durante uno dei suoi spettacoli.
A partire da quel momento, la vita di entrambi sarà destinata a cambiare per sempre….




Protagonisti di “Un sapore di ruggine ed ossa”, pellicola basata su di una raccolta di racconti dell’autore canadese Craig Davidson, e presentata in concorso al Festival di Cannes del 2012, sono Stéphanie e Ali, i quali, sebbene appartenenti a due mondi che non hanno nulla in comune, vedono intrecciarsi le loro esistenze in modo alquanto inaspettato.
A seguito di un drammatico incidente che l’ha lasciata su di una sedia a rotelle, Stéphanie sembra aver perduto non solo l’amore ed il proprio lavoro, ma anche e soprattutto la forza di guardare al futuro.
Grazie ad Ali, da lei conosciuto qualche tempo prima all’uscita da una discoteca, riesce comunque a riacquistare la voglia di rimettersi in gioco e di tornare ad amare.
Da parte sua, il giovane uomo sembra invece intenzionato a non abbandonare quella sua esistenza così disordinata, spesso vissuta oltre i limiti della legalità.
E’ solamente quando si ritroverà da solo in ospedale, con il proprio figlio che lotta tra la vita e la morte, che Alì riuscirà finalmente a spogliarsi di quella corazza che, fino a quel momento, gli aveva impedito di comprendere il vero valore nonché il calore dei rapporti umani.
Jacques Audiard, con la sua regia decisamente cruda e realistica, non ci risparmia nulla del dolore fisico e spirituale attraversato dai due protagonisti prima di riuscire a rincontrarsi e a salvarsi reciprocamente dalla loro solitudine.
Accanto ad una sempre straordinaria Marion Cotillard, troviamo Matthias Schoenaerts: il bravissimo attore belga che lo scorso anno, proprio grazie a questa sua intensa interpretazione, si è aggiudicato un César come migliore promessa maschile.



Titolo: Un sapore di ruggine e ossa ( De rouille et d’os )
Regia: Jacques Audiard
Interpreti: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Céline Sallette, Corinne Masiero
Nazionalità: Belgio, Francia
Anno: 2012




sabato 5 aprile 2014

“Gli anni in tasca” di François Truffaut: un delicato ritratto del mondo dell’infanzia nella Francia degli anni settanta.


Dopo aver affrontato il tema dell’infanzia nel suo primo e pluripremiato capolavoro “I 400 colpi”, nel 1976 François Truffaut tornò ad occuparsi del mondo dei bambini, e degli adolescenti, con “Gli anni in tasca”.
Spostando l’azione da Parigi a Thiers, una piccola cittadina dell’Alvernia, in questa ennesima pellicola della sua lunga e fortunata carriera cinematografica, il regista ha scelto di  intrecciare le storie di alcuni bambini frequentanti lo stesso istituto scolastico, riuscendo a mescolare sapientemente il tono comico di alcune delle vicende che li riguardano in prima persona con  quello decisamente più drammatico di altre.
Ciò che essenzialmente spinse Truffaut alla realizzazione de “Gli anni in tasca” fu il suo desiderio di tornare a parlare delle difficoltà che i bambini incontrano quotidianamente, non solo nei rapporti tra di loro, ma anche e soprattutto venendo a contatto con il mondo degli adulti.
Tra i vari personaggi, le cui storie sono narrate con estrema delicatezza, due sono quelli che rimangono maggiormente impressi nella mente dello spettatore; e più precisamente: Patrick, un ragazzino che vive con il padre disabile e che troviamo alle prese con i suoi primi turbamenti sessuali, e Julien; quest’ultimo presentato da Truffaut, fin dal suo arrivo nella scuola, come un “caso di integrazione sociale”.



Ben consapevole che non sempre i bambini riescono a trovare all’interno della propria famiglia il giusto o sufficiente sostegno per poter affrontare le avversità tipiche della loro giovane età, il regista si prodiga nel sottolineare l’importanza del ruolo educativo degli insegnanti, facendo appello alla loro fermezza e, soprattutto, alla loro comprensione; e per riuscire in questo suo nobile intento, Truffaut si affida al personaggio del maestro Richet (Jean-François Stévenin).
In effetti, è proprio durante l‘intenso e commovente discorso che quest’ultimo rivolge ai suoi alunni al termine dell’anno scolastico, che veniamo a conoscenza delle motivazioni che lo hanno spinto a diventare un educatore.
Reduce da un’infanzia difficile, una volta raggiunta l’età adulta Richet ha voluto fare l’insegnante, non solo al fine di espletare la funzione didattica propria di tale ruolo, ma anche e soprattutto con un chiaro intento protettivo nei confronti dei bambini, esortandoli al tempo stesso ad amare il prossimo, poiché, come da lui stesso affermato, “nella vita non si può fare a meno di amare e di essere amati”.
Tramite le parole pronunciate dallo stesso Richet, Truffaut ha voluto concludere questo suo delicato ritratto del mondo dell’infanzia nella Francia degli anni settanta, con una chiara ed esplicita nota polemica nei confronti della classe politica, in quanto non sufficientemente attenta alle esigenze dei bambini.



Titolo: Gli anni in tasca ( L’argent de poche )
Regia: François Truffaut
Interpreti:  Nicole Felix, Chantal Mercier, Virginie Thevenet, Jean-François Stévenin,
Nazionalità: Francia
Anno: 1976

domenica 23 marzo 2014

“La cuoca del Presidente” di Christian Vincent: la singolare storia di una donna e della sua grande passione per la buona cucina.


In una base scientifica in Antartide, fervono i preparativi per la cena con la quale Hortense Laborie (Catherine Frot) si congederà dagli altri componenti della missione.
Durante le ore che precedono quella festa, la donna si ritrova a ripensare al proprio passato e, in particolare, al periodo in cui, chiamata inaspettatamente dal Presidente della Repubblica francese (Jean d’Ormesson), si era occupata personalmente dei suoi pasti, avendo così la possibilità di condividere con lui il piacere per la buona cucina.
Purtroppo, però, oltre alla gioia di quei ricordi, riaffiora alla sua mente anche la profonda delusione da lei provata nel sentirsi oggetto di invidie da parte dell’entourage del Presidente.
A ogni modo, nel corso di quella giornata Hortense troverà un nuovo slancio per poter realizzare i suoi progetti futuri… 



Ispirandosi liberamente alla vita di Danièle Mazet-Delpeuch, cuoca personale del Presidente della Repubblica francese François Mitterand alla fine degli anni ottanta, con questa pellicola Christian Vincent ha tratteggiato il complesso profilo di una donna estremamente determinata e per nulla intenzionata a scendere a compromessi.
Dalla narrazione della storia di Hortense Laborie traspare essenzialmente la sua grandissima passione per la cucina e il buon cibo; quella stessa passione che nel giro di poche ore l’ha portata a lasciare la sua fattoria nel Périgord per trasferirsi all’Eliseo.
Il suo desiderio di allietare con le sue invitanti pietanze la vista e, soprattutto, il palato del Presidente, che fin da subito si dimostra un grande estimatore dell’arte di Hortense, viene però ben presto ostacolato sia dal rigido protocollo imposto dall’Eliseo, sia dalle gelosie degli altri componenti lo staff della cucina presidenziale; impedendole così di esprimersi liberamente e spingendola a rassegnare, sebbene a malincuore, le dimissioni da quel prestigioso incarico.
E’ sempre in virtù della sua passione per la cucina ed il buon cibo, e con l’obbiettivo di poter finanziare un progetto per la coltivazione del tartufo in Nuova Zelanda, che alcuni anni dopo Hortense accetta il posto di cuoca in una base scientifica nell’Antartide; una scelta che, indubbiamente, mette in evidenza anche il lato avventuroso del carattere di questa donna.
Con la sua interpretazione, Catherine Frot conferisce particolare eleganza al personaggio di Hortense; mentre nell’insolita veste di attore, e più precisamente nei panni del Presidente della Repubblica, troviamo Jean d’Ormesson, celeberrimo scrittore e giornalista francese.
Con una narrazione strutturata su due piani temporali, “La cuoca del Presidente” si rivela una pellicola decisamente gradevole, e sebbene vada ad aggiungersi alla già nutrita lista di  film cosiddetti culinari, si contraddistingue per la particolarità delle vicende personali della sua protagonista.



Titolo: La cuoca del Presidente ( Les saveurs du palais )
Regia: Christian Vincent,
Interpreti: Catherine Frot, Jean d’Ormesson, Hippolyte Girardot, Arthur Dupont
Nazionalità: Francia
Anno: 2012

lunedì 10 marzo 2014

“Welcome” di Philippe Lioret: un’amara riflessione sul fenomeno dell’immigrazione.


Bilal (Firat Ayverdi) è un giovane curdo che, dopo essere fuggito dal proprio paese, giunge  a Calais con la speranza di imbarcarsi per l’Inghilterra, dove vive Mina (Derya Ayverdi), la sua ragazza.
Sebbene il suo tentativo di attraversare la Manica in traghetto si riveli purtroppo fallimentare,  Bilal  non si perde d’animo, progettando di attraversare il canale interamente a nuoto.
Non sapendo nuotare, decide quindi di recarsi presso la piscina comunale per prendere delle lezioni. Qui incontra Simon (Vincent Lindon), uno degli istruttori, nonché ex campione olimpionico di nuoto.
L’uomo, che si sta separando dalla moglie Marion (Audrey Dana), tenta con ogni mezzo di dissuadere il ragazzo dall’intraprendere quella sua folle impresa; però, poiché quest’ultimo si dimostra più che mai determinato a voler raggiungere Mina, sebbene sia venuto a sapere che la giovane sta per sposarsi con un uomo impostole dal padre, Simon alla fine decide di prepararlo ad affrontare quella lunga traversata a nuoto…



In “Welcome”, è il quanto mai attuale fenomeno dell’immigrazione a far da sfondo alle vicende dei singoli personaggi coinvolti nella storia.
Con un chiaro intento polemico nei confronti della legge voluta dall’allora presidente Nicolas Sarkozy, che puniva severamente tutti coloro che aiutavano un immigrato clandestino, Philippe Lioret narra il complesso e intenso rapporto che lentamente si sviluppa tra Simon, un uomo di mezza età che sta attraversando un periodo di profonda crisi personale, e il giovane Bilal, in fuga dal suo paese di origine con l’unico obbiettivo di ricongiungersi con la sua amata che vive in Inghilterra; e per fare questo si dimostra fin da subito disposto a lanciarsi in un’impresa che però si rivelerà drammaticamente impossibile.
A seguito dell’incontro con Bilal, Simon si ritrova a rivedere la propria posizione nei confronti degli immigrati; e sebbene inizialmente appaia più che evidente che il suo inatteso slancio di generosità nei confronti del giovane curdo sia dettato esclusivamente dal suo desiderio di apparire sotto una nuova luce agli occhi della donna dalla quale si sta tristemente separando, successivamente siamo però portati a ricrederci, nel momento in cui lo vediamo perfino disposto ad infrangere la legge pur di permettere a Bilal di realizzare il suo sogno.
E’ decisamente potente l’interpretazione di Vincent Lindon, il quale emoziona e commuove nel ruolo di un uomo che dietro al suo aspetto estremamente burbero nasconde in realtà un grande cuore.
Alla base dell’enorme successo di questa pellicola, campione di incassi in Francia, nonché vincitrice di numerosi premi, vi è comunque la sua indiscutibile capacità di farci riflettere sulla drammatica realtà di tutti coloro che si ritrovano costretti ad abbandonare i loro paesi di origine nell’assoluta incertezza di ciò che li attende.



Titolo: Welcome ( Welcome )
Regia: Philippe Lioret
Interpreti: Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana
Nazionalità: Francia
Anno: 2009


giovedì 27 febbraio 2014

“Il mio migliore incubo!” di Anne Fontaine: ovvero quando gli opposti si attraggono.


Agathe (Isabelle Huppert) gestisce un’importante fondazione di arte contemporanea, e abita insieme al figlio e al compagno François (André Dussollier) in un lussuoso appartamento parigino.
Patrick (Benoit Poelvoorde), invece, sbarca il lunario arrangiandosi con piccoli lavoretti, e vive  con suo figlio in un furgone.
Appartenenti a due mondi completamente diversi, queste due persone non avrebbero alcuna occasione per incontrarsi, e  scontrarsi, se non fosse che i loro figli sono amici e frequentano la stessa scuola.
Un giorno François decide di affidare a Patrick alcuni lavori di ristrutturazione del loro appartamento, scatenando inevitabilmente la collera di Agathe che mal sopporta l’idea di ritrovarsi ogni giorno quell’uomo per casa.
A poco a poco, però, la spiccata ostilità tra i due si trasforma per entrambi in qualcosa di completamente inaspettato…



Sullo sfondo di una Parigi decisamente patinata, Anne  Fontaine ha realizzato una brillante commedia incentrata su di un insolito conflitto di classe, che vede per protagonisti l’elegante Agathe, donna in carriera perfettamente a proprio agio nel suo esclusivo ambiente borghese, e il rozzo Patrick, uomo dal difficile passato, che tenta disperatamente di rifarsi una vita insieme al figlio.
Sebbene fin da subito appaia più che evidente che l’incontro tra queste due persone, così agli antipodi tra loro, possa innescare solamente un’infinita serie di contrasti, in realtà la graduale conoscenza che ciascuna di esse farà dell’altra le aiuterà a rivedere le proprie posizioni e, soprattutto, a capire cosa manchi nelle rispettive vite.
In effetti, dietro all’incredibile freddezza di Agathe e all’estrema schiettezza di Patrick si  nasconde tutta la loro infelicità; ma una volta abbattuto quel muro invisibile che separa  i loro mondi, ciascuno dei due si rivelerà estremamente utile per l’altro.
Così, se Patrick riuscirà  finalmente a conferire una maggiore stabilità alla propria esistenza, grazie all’aiuto di Agathe, quest’ultima avrà invece la possibilità di riscoprire la sua femminilità, nonché il vero significato della passione, grazie a Patrick.
Sebbene la vediamo spesso impegnata in ruoli drammatici, ne “Il mio migliore incubo!” Isabelle Huppert ha dato un’indiscutibile prova della sua incredibile versatilità.
Al suo fianco Benoît Poelvoorde: il simpatico attore belga che il pubblico italiano ha già avuto occasione di apprezzare nel romantico “Emotivi anonimi”.
In un ruolo secondario, ma non per questo meno divertente, ritroviamo poi un altro veterano del cinema francese: il bravissimo André Dussollier.
Per finire, una curiosità: la traduzione del titolo originale del film recita: “Il mio peggiore incubo”; un altro dei grandi misteri della distribuzione italiana…




Titolo: Il mio migliore incubo! ( Mon pire cauchemar )
Regia: Anne Fontaine
Interpreti: Isabelle Huppert, Benoît Poelvoorde, André Dussollier, Virginie Efira
Nazionalità: Francia
Anno: 2011

domenica 16 febbraio 2014

“L’ultimo metrò” di François Truffaut: un intenso affresco del mondo del teatro sullo sfondo di uno dei periodi più difficili della storia francese.


Nella Parigi del 1942, durante l’occupazione nazista, Marion Steiner (Catherine Deneuve) ha assunto la direzione del Teatro Montmartre, dopo che il marito Lucas (Heinz  Bennent), un regista di origine ebrea, è ufficialmente fuggito all’estero per sottrarsi alle persecuzioni razziali.
In realtà, l’uomo si nasconde nello scantinato del teatro. Da qui, attraverso le condotte dell’aria, può comunque continuare a seguire le prove di un’opera teatrale prossima al debutto, nella quale recita anche la moglie Marion.
Quest’ultima nel frattempo ha scritturato Bernard Granger (Gérard Depardieu), un attore di grande talento, attivamente impegnato anche nella Resistenza, al quale affida il ruolo del protagonista maschile.
A poco a poco, le problematiche relative all’allestimento della pièce teatrale iniziano ad intrecciarsi con le vicende personali dei vari membri della troupe…

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Dopo aver felicemente omaggiato il cinema nel pluripremiato “Effetto notte”, con questa sua terzultima pellicola François Truffaut ci ha regalato un intenso affresco del mondo del teatro.
Sullo sfondo di uno dei periodi più difficili della storia francese, il regista è riuscito a mettere in scena un complesso intreccio tra finzione e realtà, che vede protagonisti i componenti di una compagnia teatrale, durante i giorni che precedono la serata della prima.
Tra di loro, Marion, Lucas e Bernard sono le figure chiave di un tormentato triangolo amoroso che, fotogramma dopo fotogramma, si dipana lentamente di fronte agli occhi dello spettatore, il quale si ritrova inevitabilmente immerso nella tensione che permea l’intera vicenda.
Ecco quindi che la relazione tra Marion e Lucas, già di per sé complicata, in quanto per forza di cose vissuta nella “clandestinità” di uno scantinato, viene ulteriormente messa a dura prova dalla forte attrazione che, a poco a poco, finisce per spingere la donna tra le braccia di Bernard.
L’ultimo metrò” rappresentò per il maestro francese un altro enorme successo sia di critica che di pubblico, tant’è che, tra i numerosi premi, riuscì ad aggiudicarsi ben dieci César e perfino una nomination all’Oscar come miglior film straniero.
Alla base di una tale cascata di riconoscimenti, oltre alla mano esperta di Truffaut, ad una sceneggiatura decisamente affascinante, e ad un’accurata ricostruzione dell’epoca, vi è ovviamente anche la straordinaria prova di recitazione dei due interpreti principali.
Catherine Deneuve, nei panni di Marion, affascina ed intriga per la sua capacità di essere algida e sensuale allo stesso tempo, mentre Gérard Depardieu, da parte sua,  riesce a dar vita all’impeccabile  ritratto di un uomo intimamente combattuto tra la sua profonda passione per il teatro e il suo irrinunciabile impegno nella politica.



Titolo: L’ultimo metrò ( Le dernier métro )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Andréa Ferréol, Jean Piret
Nazionalità: Francia
Anno: 1980

martedì 4 febbraio 2014

“Semplicemente insieme” di Claude Berri: una delicata storia d’amore e di amicizia sotto il cielo della metropoli parigina.


Camille ( Audrey Tautou ) è una giovane donna con la passione per il disegno, che conduce una vita piuttosto schiva.
Una sera, rientrando a casa, incontra Philibert ( Laurent  Stocker ): un aristocratico affetto da una grave forma di balbuzie.
Quando Camille si ammala, Philibert decide di ospitarla nel proprio appartamento, dove abita insieme a Franck ( Guillaume Canet ): un cuoco con una vita disordinata ed una nonna, Paulette ( Françoise Bertin ), che vive in un ospizio...



Partendo dal romanzo di Anna Gavalda, “Insieme, e basta”, Claude Berri è felicemente riuscito a portare sullo schermo il racconto di una delicata storia di amore e di amicizia.
Sotto il cielo di una Parigi grigia e quasi irriconoscibile, si intrecciano inaspettatamente i destini di quattro persone, ciascuna delle quali è quotidianamente alle prese con la propria solitudine.
A seguito di un infarto, non potendo più continuare a vivere da sola nella propria casa, l’anziana Paulette deve abbandonare i suoi amati gatti per trasferirsi in una casa di riposo.
Philibert, invece, giovane e colto aristocratico costretto a sbarcare il lunario vendendo cartoline in un negozio di souvenir, condivide il proprio appartamento, situato in un antico palazzo parigino, con l’amico  Franck: un cuoco dalla vita sentimentale alquanto turbolenta.
Infine vi è Camille; ai ferri corti con la madre, e impiegata in un’impresa di pulizie, abita da sola in un’angusta mansarda, nello stesso palazzo di Philibert.
A causa di una brutta influenza, Camille viene gentilmente ospitata da Philibert nella sua casa; a partire da quel momento, la vita di queste quattro persone non sarà più la stessa.
In effetti, per una serie di circostanze casuali, poco tempo dopo si ritroveranno a vivere felicemente tutti quanti insieme sotto lo stesso tetto.
Con il  passare dei giorni, però, il rapporto fra Camille e Franck diventa sempre più intimo; mentre quest’ultimo sembra finalmente pronto ad impegnarsi seriamente con una donna, lei, come se vivesse intrappolata nelle sue paure, rischia invece di allontanarlo per sempre da sé.
E’ solamente quando Franck le comunica che è in procinto di trasferirsi in Inghilterra, che la giovane donna, pur di non farlo partire, si ritrova costretta a dichiarargli apertamente il suo amore.
Audrey Tautou, nel ruolo di Camille, si contraddistingue per la particolare intensità della sua interpretazione, mentre il talentuoso Canet ci dà l’ennesima prova della sua incredibile bravura.
Una menzione particolare spetta infine ad uno dei brani che compongono la splendida colonna sonora di “Semplicemente insieme”; “A bicyclette” di Yves Montand, con la sua nostalgica melodia, riesce in effetti a sottolineare alla perfezione tutta la delicatezza che pervade questa gradevolissima pellicola di Claude Berri.




Titolo: Semplicemente insieme ( Ensemble c’est tout )
Regia: Claude Berri
Interpreti: Audrey Tautou, Guillaume Canet, Laurent Stocker, Françoise Bertin
Nazionalità: Francia
Anno: 2007

lunedì 20 gennaio 2014

“Amour” di Michael Haneke: il disperato e straziante epilogo di una bellissima storia d’amore.


Anne (Emmanuelle Riva) e Georges (Jean-LouisTrintignant) sono due anziani insegnanti di musica, ormai in pensione, che trascorrono le giornate nel loro appartamento di Parigi, facendosi compagnia tra di loro quando non ricevono la visita della figlia Eva (Isabelle  Huppert): una musicista che spesso si trova in tournée all’estero insieme al marito.
La loro vita scorre tranquilla fino al giorno in cui un ictus colpisce Anne; da quel momento in poi la donna inizia a dipendere in tutto e per tutto da Georges, il quale,  in virtù del grande amore e dell’immenso affetto che prova per lei, decide fin da subito di farsi carico in prima persona delle pesanti e dolorose conseguenze di quanto è accaduto, sebbene ben presto si ritroverà costretto a dichiararsi sconfitto di fronte all’inesorabile progredire dell’infermità della moglie…



E’ uno sguardo decisamente impietoso, quello che Michael  Haneke rivolge alla vecchiaia e alla malattia con il suo pluripremiato “Amour”, di cui è anche autore del soggetto e della sceneggiatura, oltre che regista.
Il lungo ed invidiabile idillio tra Anne e Georges, che si contraddistingue per la sua estrema tenerezza ed un incrollabile rispetto reciproco, va improvvisamente in frantumi a seguito dell’ictus che tristemente colpisce l’anziana donna.
In effetti, sebbene entrambi cerchino di continuare la loro vita matrimoniale come se nulla fosse accaduto, il rapido peggioramento delle condizioni fisiche di Anne mette Georges di fronte alla più terribile delle decisioni, al fine di non vederla più soffrire, e di preservarne così la dignità, drammaticamente minata dalla malattia.
Ecco quindi che le eleganti stanze di un antico appartamento parigino, all’interno delle quali solo fino a qualche tempo prima Anne e Georges erano soliti trascorrere serenamente le loro giornate, leggendo libri e suonando il piano, fanno adesso da sfondo al lento consumarsi della tragedia: disperato e straziante epilogo di una bellissima storia d’amore.
Indimenticabili le interpretazioni di Trintignant e della Riva; entrambi sono infatti riusciti a trasmettere pienamente allo spettatore, e in tutte le sue sfumature, la sofferenza del personaggio da loro interpretato, facendogli così acquisire un’assoluta e indiscutibile credibilità.
Bravissima, infine, anche Isabelle Huppert; sebbene in “Amour” la sua apparizione sia limitata a poche scene, nel ruolo della figlia dei due anziani coniugi riesce comunque a regalarci un’altra delle sue intense e commoventi prove di recitazione.


Titolo: Amour ( Amour )
Regia: Michael Haneke
Interpreti: Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert.
Nazionalità: Francia, Austria, Germania
Anno: 2012 

giovedì 9 gennaio 2014

“Baciate chi vi pare” di Michel Blanc: come vivere la propria vita con leggiadria e, soprattutto, all’insegna dell’amore.


Elizabeth (Charlotte Rampling) e Bertrand (Jacques Dutronc), benestante coppia di parigini, si apprestano a trascorrere una settimana di vacanza a Le Touquet insieme a Véro (Karin Viard) e Jérome (Denis Podalydès), i quali stanno invece attraversando un periodo finanziariamente difficile.
Quando  all’ultimo momento Elizabeth estende l’invito anche a Julie (Clotilde Courau), sua amica, nonché in passato amante di Bertrand, quest’ultimo decide di rimanere a casa.
Arrivata a Le Touquet, l’allegra comitiva fa poi la conoscenza di Lulu (Carole Bouquet) e Jean-Pierre (Michel Blanc), una coppia il cui matrimonio è in crisi a causa dell’eccessiva gelosia di lui, e Maxime (Vincent Elbaz), un incallito playboy di cui Julie finisce per innamorarsi.
Vi è poi Emilie (Lou Doillon), figlia di Elizabeth e Bertrand, che durante lo stesso periodo trascorre invece le vacanze a Chicago in compagnia di Kevin (Sami Bouajila), uno dei dipendenti dell’agenzia immobiliare di suo padre.
In una divertente girandola di incontri e scontri, nel corso di quella settimana, ognuno di loro avrà la possibilità di riflettere su ciò che realmente desidera dalla propria vita…



Tratta dal romanzo di Joseph Connely “Summer things”, e grandissimo successo di pubblico in Francia, “Baciate chi vi pare” è un chiaro invito a vivere la propria vita con leggiadria e, soprattutto, all’insegna dell’amore.
Nel doppio ruolo di regista e interprete, Michel Blanc ha realizzato una divertente commedia dai dialoghi brillanti sullo sfondo dell’esclusiva località balneare di Le Touquet, nel nord della Francia.
Al centro della vicenda vi sono uomini e donne di età ed estrazione sociale diversa, ma ad ogni modo accomunati da un fortissimo desiderio di andare alla ricerca di nuove emozioni; e dopo una settimana trascorsa tra furiose scenate di gelosia, rilassanti pic-nic sull’erba, tragicomici suicidi, singolari adulteri e, soprattutto, un'infinita serie di equivoci, ognuno di loro riuscirà a tornare alla propria routine quotidiana con una rinnovata consapevolezza di sé.
E’ un cast a dir poco strepitoso quello di cui si avvale questa pellicola, all’interno del quale troviamo, tra gli altri, accanto ad una brava ed elegante Charlotte Rampling, e ad una sempre affascinante Carole Bouquet, Mélanie Laurent e Gaspard Ulliel, all’epoca giovanissimi, oggi acclamate star del cinema francese e non solo.


Titolo: Baciate che vi pare ( Embrassez qui vous voudrez )
Regia: Michel Blanc
Interpreti: Charlotte Rampling, Jacques Dutronc, Carole Bouquet, Michel Blanc, Sami Bouajila.
Nazionalità: Francia, Italia, Gran Bretagna
Anno: 2002