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domenica 30 settembre 2018

EVA di Benoît Jacquot : un noir ambiguo e sensuale per la femme fatale Huppert.


Bertrand ( Gaspard Ulliel ) tenta di sbarcare il lunario come badante ( o forse sarebbe più corretto dire escort ) di uomini anziani.
Una sera, approfittando dell’improvvisa morte di uno dei suoi clienti ( un famoso drammaturgo inglese ), si impossessa dell’ultima commedia che l’uomo aveva appena terminato di scrivere. 
Qualche tempo dopo lo ritroviamo sul palco di un teatro, acclamato da un pubblico incredibilmente entusiasta proprio per quella stessa pièce teatrale della quale nel frattempo lui si è dichiarato l’autore. 
Adesso Bertrand può ritenersi una persona di successo, con un’ottima posizione sociale e una fidanzata di bella presenza nonché benestante. 
La sua sembrerebbe una vita perfetta, se non fosse per un unico spiacevole dettaglio: il suo impresario attende infatti da tempo, e con impazienza, il seguito di quella commedia che ha riscosso così tanto successo di pubblico, ma Bertrand, prevedibilmente, non ha la minima idea di cosa scrivere. 
L’incontro con Eva ( Isabelle Huppert ), una matura escort di alto bordo, gli fa immediatamente intravedere la possibilità di un soggetto per la sua pièce teatrale, ma la frequentazione con quella donna avrà per lui delle conseguenze del tutto inaspettate… 




Tratta dall’omonimo romanzo di James Hadley Chase, già portato sullo schermo nel 1962 da Joseph Losey, con protagonista l’indimenticabile Jeanne Moreau, la pellicola di Benoît Jacquot è un elegante e sensuale noir, caratterizzato dall’estrema ambiguità della relazione che si sviluppa tra i due protagonisti principali.
Da una parte abbiamo un giovane avventuriero, un arrampicatore sociale senza scrupoli, che dopo un facile e del tutto inaspettato successo, si ritrova a fare i conti con le inevitabili conseguenze dei suoi inganni; dall’altra troviamo invece una donna matura, estremamente intrigante, costretta ( ? ) a prostituirsi quotidianamente per far fronte alle ingenti spese richieste dall’avvocato del marito, attualmente in carcere.
Ad accomunarli vi è un’innegabile doppiezza dei loro comportamenti, che impedisce allo spettatore di stabilire con esattezza chi tra i due possa definirsi la vittima e chi il carnefice; questo almeno fino a che qualcosa ( o qualcuno ) non interverrà a rimettere definitivamente ognuno al proprio posto.
Dopo averla applaudita in “Elle, l’inquietante e pluripremiata pellicola di Paul Verhoeven, in “Eva” ritroviamo con immenso piacere la straordinaria e poliedrica Isabelle Huppert in versione femme fatale, da sempre uno dei ruoli a lei più congeniali.



Titolo: Eva ( Eva )
RegiaBenoît Jacquot
Interpreti: Isabelle Huppert, Gaspard Ulliel, Richard Berry, Julia Roy
Nazionalità: Francia
Anno: 2018

domenica 28 gennaio 2018

“Le cose che verranno” di Mia Hansen-Løve: il riscatto di una donna alle prese con una nuova e inaspettata libertà.


Nathalie ( Isabelle Huppert ) – appassionata docente di filosofia di mezza età – trascorre le sue giornate dividendosi fra la scuola e la famiglia.
Con due figli oramai indipendenti, una madre costantemente bisognosa di attenzioni e un marito – Heinz ( André Marcon ) - anche lui insegnante, un giorno la sua vita prende  una piega del tutto inattesa.
A seguito della morte dell’anziana genitrice e, soprattutto, dell’abbandono da parte del coniuge per un’altra donna, Nathalie si ritrova infatti spiazzata da una nuova e inaspettata libertà.
L’amicizia con Fabien ( Roman Kolinka ) – un suo ex-alunno, nei confronti del quale nutre da sempre una profonda stima – e una nuova cognizione di sé le permetteranno a ogni modo di guardare con una ritrovata serenità e un rinnovato entusiasmo al futuro, e a tutte le cose che verranno…


Mia Hansen-Løve, dopo aver focalizzato nelle precedenti pellicole la sua attenzione sulla problematiche relative alla gioventù, ne “Le cose che verranno” sposta invece il suo sguardo verso le gioie e ( soprattutto ) i dolori dell’età matura, veicolando l’inequivocabile messaggio che non è mai troppo tardi per ricominciare una nuova vita.
La giovane regista francese affronta infatti con estremo garbo e sensibilità l’inesorabile passare del tempo, ponendo al centro della storia la vicenda di una donna non più giovane, la quale, dopo aver creduto che la propria esistenza fosse oramai destinata a scorrere per sempre lungo gli stessi binari, si ritrova improvvisamente a dover riorganizzare la propria vita a seguito della separazione dal marito.
La sua grande passione per la filosofia, di cui è anche una fervente insegnante, nonché la sua incredibile forza d’animo, dopo un primo e più che comprensibile  momento di incertezza, la spingeranno comunque a riprendere in mano le redini della propria esistenza nella consapevolezza  che, anche senza un compagno al suo fianco, ha intorno a sé tutto ciò che può renderla felice.
Diretta questa volta da uno dei più interessanti nuovi talenti del cinema europeo, Isabelle Huppert ci regala un’altra grande prova di recitazione; quello di Nathalie, infatti, va ad aggiungersi alla già lunga lista dei personaggi da lei interpretati nel corso della sua straordinaria carriera cinematografica.


Titolo: Le cose che verranno ( L'avenir )
Regia : Mia Hansen-Løve
Interpreti: Isabelle Huppert, André Marcon, Roman Kolinka, Edith Scob
Nazionalità: Francia
Anno: 2016


domenica 3 dicembre 2017

“Happy End” di Michael Haneke: il caustico e pessimistico ritratto di una società destinata inevitabilmente all’autodistruzione.


Eve ( Fantine Harduin ) ha tredici anni, e dopo la separazione dei suoi genitori vive con la madre; dotata di una personalità alquanto introversa, la giovane documenta la sua quotidianità con l’ausilio della fotocamera del suo smart phone.
Un giorno, esasperata dal comportamento della genitrice, che riversa su di lei le sue innumerevoli frustrazioni, decide di avvelenarla.
A seguito del ricovero in ospedale della madre, Eve si trasferisce quindi a Calais, a casa del padre Thomas ( Mathieu Kassovitz ), che recentemente ha avuto un figlio da Anaïs ( Laura Verlinden ).
Eva ha così la possibilità di fare la conoscenza della zia Anne ( Isabelle Huppert ), che con il figlio Pierre ( Franz Rogowski ) dirige l’azienda di famiglia, e che al momento si trova a dover affrontare le conseguenze di un grave incidente verificatosi presso uno dei loro cantieri.
Ma è con il nonno Georges ( Jean-Louis Trintignant ) che Eve intreccia un rapporto particolare.
L’uomo, giunto alla veneranda età di 85 anni, e stanco di vivere, sta cercando disperatamente la persona che possa finalmente accompagnarlo verso il suo “lieto fine”…


In questa sua ultima pellicola, presentata nello scorso mese di maggio al Festival di Cannes, Michael Haneke torna a riproporre alcuni dei temi da lui già affrontati in precedenza, questa volta però con un sguardo decisamente più caustico e pessimistico del solito.
Al centro di “Happy End troviamo una famiglia appartenente all’alta borghesia francese, caratterizzata da un’assoluta mancanza di coesione e metafora quindi di una società, la nostra, sempre più individualista e destinata inevitabilmente all’autodistruzione.
Secondo il suo inconfondibile registro narrativo, il regista mira ovviamente a coinvolgere lo spettatore nella vicenda, sebbene  a volte tenda volutamente ad escluderlo, anche se solamente per un breve attimo, da ciò che accade sullo schermo,  creando così su di lui un effetto decisamente disturbante.
A cinque anni di distanza da “Amour, il suo straziante capolavoro a cui in “Happy End” viene fatto un chiaro rimando, Michael Haneke torna a dirigere Jean-Louis Trintignant e Isabelle Huppert, due mostri sacri del cinema francese, i quali ci regalano l’ennesima straordinaria interpretazione della loro lunghissima carriera cinematografica.
Ma la vera rivelazione della pellicola è la giovanissima Fantine Harduin, a cui il regista ha deciso di affidare un ruolo tanto difficile quanto inquietante.


Titolo: Happy End ( Happy End )
Regia : Michael Haneke
Interpreti: Isabelle Huppert, Jean-LouisTrintignant, Mathieu Kassovitz, Fantine Harduin
Nazionalità: Francia
Anno: 2017

sabato 13 giugno 2015

“Il paradiso degli orchi” di Nicolas Bary: il surreale mondo di Benjamin Malaussène.


Benjamin Malaussène ( Raphaël Personnaz ) è un giovane uomo sulla trentina che, pur di riuscire a mantenere la sua numerosa famiglia, composta da fratelli e sorelle che hanno  in comune solamente la madre, ha accettato di svolgere un lavoro alquanto ingrato.
In effetti, è stato assunto da un grande centro commerciale di Parigi in qualità di “capro espiatorio”; più precisamente, ogniqualvolta un cliente insoddisfatto della qualità di un articolo da lui stesso acquistato minaccia di fare causa al magazzino, Benjamin è costretto a sorbirsi tutte le sue rimostranze, cercando allo stesso tempo di impietosirlo a tal punto da farlo desistere dal suo intento.
La colorata e gioiosa atmosfera del centro commerciale viene però improvvisamente compromessa da una serie di strane esplosioni verificatesi al suo interno; e poiché  a Benjamin capita sempre di trovarsi nel punto preciso in cui si verifica ognuno di quegli incidenti, tutti i sospetti finiscono ben presto per concentrarsi su di lui.
Con l’aiuto di un’avvenente giornalista, da lui scherzosamente ribattezzata “Zia Julia” ( Bérénice Béjo ) e dell’ombroso guardiano del magazzino ( Emir Kustorica ), Benjamin riuscirà comunque a provare la propria innocenza, nonché a far finalmente luce su di una drammatica serie di sparizioni di minori, avvenuta molti anni prima all’interno di quello stesso magazzino…


A quasi trent’anni dall’uscita del primo romanzo della fortunata saga di Daniel Pennac, nel 2013 Nicolas Bary portò finalmente sullo schermo il personaggio di Benjamin Malaussène.
“Il paradiso degli orchi”, che si avvale di una fotografia estremamente colorata, e di effetti speciali decisamente riusciti, presenta tutti gli elementi della commedia giallo-rosa che, anche se solo velatamente, mascherano tutta la drammaticità di ciò che le mura ( e non solo ) di quel magazzino, da sempre grande attrazione anche per i più piccoli, hanno vigliaccamente tenuto nascosto per troppi anni.
Il regista, nella trasposizione cinematografica dell’opera di Pennac, ha volutamente stemperato la componente thriller e poliziesca, che contraddistingue invece il romanzo, per concentrarsi maggiormente sui risvolti umoristici del personaggio di Benjamin e della vicenda nella quale suo malgrado si ritrova coinvolto, facendo assumere allo stesso tempo alla sua pellicola i tratti caratteristici del fumetto.
Interpreti principali de “Il paradiso degli orchi” sono il divertente Raphaël Personnaz, perfettamente calato nel suo personaggio, nonché la bravissima e bellissima Bérénice Bejo ( già ampiamente apprezzata  dal pubblico internazionale a fianco del premio Oscar Jean Dujardin in “The Artist“ ); ma il film di Bary si avvale anche della straordinaria partecipazione del poliedrico Emir Kustorica e della grandissima Isabelle Huppert; tra l’altro, il divertente cameo in cui quest’ultima appare, riesce nel suo piccolo a riassumere tutta l’essenza del surreale mondo di Benjamin Malaussène.


Titolo: Il paradiso degli orchi ( Au bonheur des ogres )
Regia: Nicolas Bary
Interpreti: Raphaël Personnaz, Bérénice Bejo, Emir Kustorica,
Nazionalità: Francia
Anno: 2013




giovedì 27 febbraio 2014

“Il mio migliore incubo!” di Anne Fontaine: ovvero quando gli opposti si attraggono.


Agathe (Isabelle Huppert) gestisce un’importante fondazione di arte contemporanea, e abita insieme al figlio e al compagno François (André Dussollier) in un lussuoso appartamento parigino.
Patrick (Benoit Poelvoorde), invece, sbarca il lunario arrangiandosi con piccoli lavoretti, e vive  con suo figlio in un furgone.
Appartenenti a due mondi completamente diversi, queste due persone non avrebbero alcuna occasione per incontrarsi, e  scontrarsi, se non fosse che i loro figli sono amici e frequentano la stessa scuola.
Un giorno François decide di affidare a Patrick alcuni lavori di ristrutturazione del loro appartamento, scatenando inevitabilmente la collera di Agathe che mal sopporta l’idea di ritrovarsi ogni giorno quell’uomo per casa.
A poco a poco, però, la spiccata ostilità tra i due si trasforma per entrambi in qualcosa di completamente inaspettato…



Sullo sfondo di una Parigi decisamente patinata, Anne  Fontaine ha realizzato una brillante commedia incentrata su di un insolito conflitto di classe, che vede per protagonisti l’elegante Agathe, donna in carriera perfettamente a proprio agio nel suo esclusivo ambiente borghese, e il rozzo Patrick, uomo dal difficile passato, che tenta disperatamente di rifarsi una vita insieme al figlio.
Sebbene fin da subito appaia più che evidente che l’incontro tra queste due persone, così agli antipodi tra loro, possa innescare solamente un’infinita serie di contrasti, in realtà la graduale conoscenza che ciascuna di esse farà dell’altra le aiuterà a rivedere le proprie posizioni e, soprattutto, a capire cosa manchi nelle rispettive vite.
In effetti, dietro all’incredibile freddezza di Agathe e all’estrema schiettezza di Patrick si  nasconde tutta la loro infelicità; ma una volta abbattuto quel muro invisibile che separa  i loro mondi, ciascuno dei due si rivelerà estremamente utile per l’altro.
Così, se Patrick riuscirà  finalmente a conferire una maggiore stabilità alla propria esistenza, grazie all’aiuto di Agathe, quest’ultima avrà invece la possibilità di riscoprire la sua femminilità, nonché il vero significato della passione, grazie a Patrick.
Sebbene la vediamo spesso impegnata in ruoli drammatici, ne “Il mio migliore incubo!” Isabelle Huppert ha dato un’indiscutibile prova della sua incredibile versatilità.
Al suo fianco Benoît Poelvoorde: il simpatico attore belga che il pubblico italiano ha già avuto occasione di apprezzare nel romantico “Emotivi anonimi”.
In un ruolo secondario, ma non per questo meno divertente, ritroviamo poi un altro veterano del cinema francese: il bravissimo André Dussollier.
Per finire, una curiosità: la traduzione del titolo originale del film recita: “Il mio peggiore incubo”; un altro dei grandi misteri della distribuzione italiana…




Titolo: Il mio migliore incubo! ( Mon pire cauchemar )
Regia: Anne Fontaine
Interpreti: Isabelle Huppert, Benoît Poelvoorde, André Dussollier, Virginie Efira
Nazionalità: Francia
Anno: 2011

lunedì 20 gennaio 2014

“Amour” di Michael Haneke: il disperato e straziante epilogo di una bellissima storia d’amore.


Anne (Emmanuelle Riva) e Georges (Jean-LouisTrintignant) sono due anziani insegnanti di musica, ormai in pensione, che trascorrono le giornate nel loro appartamento di Parigi, facendosi compagnia tra di loro quando non ricevono la visita della figlia Eva (Isabelle  Huppert): una musicista che spesso si trova in tournée all’estero insieme al marito.
La loro vita scorre tranquilla fino al giorno in cui un ictus colpisce Anne; da quel momento in poi la donna inizia a dipendere in tutto e per tutto da Georges, il quale,  in virtù del grande amore e dell’immenso affetto che prova per lei, decide fin da subito di farsi carico in prima persona delle pesanti e dolorose conseguenze di quanto è accaduto, sebbene ben presto si ritroverà costretto a dichiararsi sconfitto di fronte all’inesorabile progredire dell’infermità della moglie…



E’ uno sguardo decisamente impietoso, quello che Michael  Haneke rivolge alla vecchiaia e alla malattia con il suo pluripremiato “Amour”, di cui è anche autore del soggetto e della sceneggiatura, oltre che regista.
Il lungo ed invidiabile idillio tra Anne e Georges, che si contraddistingue per la sua estrema tenerezza ed un incrollabile rispetto reciproco, va improvvisamente in frantumi a seguito dell’ictus che tristemente colpisce l’anziana donna.
In effetti, sebbene entrambi cerchino di continuare la loro vita matrimoniale come se nulla fosse accaduto, il rapido peggioramento delle condizioni fisiche di Anne mette Georges di fronte alla più terribile delle decisioni, al fine di non vederla più soffrire, e di preservarne così la dignità, drammaticamente minata dalla malattia.
Ecco quindi che le eleganti stanze di un antico appartamento parigino, all’interno delle quali solo fino a qualche tempo prima Anne e Georges erano soliti trascorrere serenamente le loro giornate, leggendo libri e suonando il piano, fanno adesso da sfondo al lento consumarsi della tragedia: disperato e straziante epilogo di una bellissima storia d’amore.
Indimenticabili le interpretazioni di Trintignant e della Riva; entrambi sono infatti riusciti a trasmettere pienamente allo spettatore, e in tutte le sue sfumature, la sofferenza del personaggio da loro interpretato, facendogli così acquisire un’assoluta e indiscutibile credibilità.
Bravissima, infine, anche Isabelle Huppert; sebbene in “Amour” la sua apparizione sia limitata a poche scene, nel ruolo della figlia dei due anziani coniugi riesce comunque a regalarci un’altra delle sue intense e commoventi prove di recitazione.


Titolo: Amour ( Amour )
Regia: Michael Haneke
Interpreti: Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert.
Nazionalità: Francia, Austria, Germania
Anno: 2012 

venerdì 13 luglio 2012

“8 donne e un mistero” di François Ozon: doppio poker di donne, per una commedia noir che strizza l’occhio al musical.


Con la cartolina dalla Francia di oggi torno a parlarvi di François Ozon, e vorrei farlo con “8 donne e un mistero”: la pellicola del 2002 nella quale il regista ha diretto alcune grandi icone del cinema francese, come Catherine Deneuve, Fanny Ardant e Isabelle Huppert, riuscendo a mescolare con successo generi cinematografici differenti. 
L’azione si svolge in Francia negli anni cinquanta, all’interno di un’isolata villa di campagna, immersa nelle neve.
Suzon (Virginie Ledoyen) è una giovane studentessa appena rientrata dall’Inghilterra per trascorrere insieme alla propria famiglia le vacanze di Natale.
Nel momento in cui entra in casa con la madre (Catherine Deneuve), che è andata a prenderla all’aeroporto, trova ad attenderla l’anziana nonna (Danielle Darrieux), la fedele governante Chanel (Firmine Richard), l’isterica zia Augustine (Isabelle Huppert), la vivace sorella Catherine (Ludivine Sagnier), e Louise (Emmanuelle Béart), la nuova cameriera.
Suzon, però, non vede suo padre. Poco dopo si scopre infatti che è stato assassinato: accoltellato nel suo letto.
Poiché nessuna ha sentito abbaiare i cani nel giardino, appare subito evidente che l’omicidio può essere stato commesso solamente da una di loro.
Tra le sospettate vi è anche Pierrette (Fanny Ardant), la sorella della vittima, piombata in casa inaspettatamente dopo la scoperta del cadavere.
Inizia così una lunga giornata fatta di violenti litigi e scottanti rivelazioni. A mano a mano che il film procede, scopriamo infatti che ognuna di quelle otto donne nasconde un segreto e che, soprattutto, aveva un movente per uccidere il padrone di casa…


Con “8 donne e un mistero” François Ozon è riuscito a riunire in uno stesso film tre diverse generazioni di attrici francesi. 
Basato sulla pièce teatrale “Huit femmes” di Robert Thomas, questa divertente pellicola si presenta come un fortunato mix di generi cinematografici differenti, in cui i toni della commedia riescono a mescolarsi con naturalezza con i risvolti noir della storia, nonché con i brevi intermezzi musicali, durante i quali le otto interpreti, cantando e ballando, presentano i loro rispettivi personaggi. 
Il film è stato girato interamente in studio, e nel tentativo di far vivere in modo più realistico possibile allo spettatore l’atmosfera tipica degli anni cinquanta, Ozon ha prestato particolare attenzione non solo alla scelta dei colori dei costumi e delle scenografie, ma anche alle tecniche di ripresa, ricorrendo al Technicolor proprio per conferire un’ “immagine datata” alla pellicola.
Il “mistero”, che non “appare” nel titolo originale, è stato aggiunto per la distribuzione del film nelle sale italiane. In effetti è esclusivamente un pretesto escogitato dal regista per poter parlare di una parte dell’universo femminile, in cui otto donne caratterialmente diverse, e appartenenti a generazioni e classi sociali differenti, si incontrano e si scontrano, mettendo a nudo i loro punti di forza e di debolezza, le loro aspirazioni, come pure le loro delusioni più grandi.
Parlando proprio delle dinamiche che si vengono a sviluppare fra le protagoniste di “8 donne e un mistero”, una scena in particolare è rimasta ben impressa nelle menti degli spettatori, e al momento dell’uscita del film nelle sale attirò fortemente l’attenzione dei media. Mi riferisco alla scena del litigio e dell’appassionato bacio tra Catherine Deneuve e Fanny Ardant, che, grazie non solo alla regia di Ozon ma anche e soprattutto all’incredibile bravura delle due interpreti sopra citate, si contraddistingue per la sua eleganza e sensualità.
Sebbene tutte e otto le attrici risultino assolutamente credibili nei rispettivi ruoli, credo che una menzione particolare spetti a Isabelle Huppert per la sua divertente interpretazione di Agustine ( la cognata della vittima ), che durante il film vediamo inaspettatamente trasformarsi da acida e sciatta zitella in una donna elegante e seducente.
Molto probabilmente rimarranno delusi tutti coloro che si aspettano un giallo in pieno “stile Agatha Christie”.
Personalmente ve ne consiglio la visione se siete amanti delle atmosfere retro e se desiderate apprendere qualcosa di più della psicologia femminile, sorridendo…



Titolo: 8 donne e un mistero ( 8 femmes )
Regia: François Ozon
Interpreti : Catherine Deneuve, Fanny Ardant, Emmanuelle Béart, Virginie Ledoyen, Ludivine Sagnier, Isabelle Huppert, Firmine Richard, Danielle Darrieux
Nazionalità : Francia
Anno : 2002