lunedì 31 agosto 2015

“La signora della porta accanto” di François Truffaut: una passionale e travolgente storia di amour fou.


La vita di Bernard ( Gérard Depardieu ) scorre tranquilla nella periferia di Grenoble, dove vive insieme alla moglie Arlette ( Michèle Baumgartner ) e al figlio Thomas.
Un giorno, nella casa di fronte alla loro si trasferisce una coppia di coniugi: il maturo Philippe ( Henri Garcin ) e la bella Mathilde ( Fanny Ardant ).
In tutto questo non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che Bernard e Mathilde otto anni prima avevano avuto una turbolenta storia d’amore, conclusasi per entrambi tutt’altro che felicemente.
Di fronte ai loro rispettivi coniugi, i due fanno ovviamente finta di non conoscersi; però, Mathilde, nel disperato tentativo di riallacciare la  loro relazione, non perde occasione per avvicinare Bernard; da parte sua quest’ultimo, sebbene cerchi con ogni scusa di tenersi lontano da lei, finisce nuovamente, e inevitabilmente, per rimanere soggiogato dal fascino della donna.
I due iniziano così ad incontrarsi in segreto in un albergo di Grenoble; ben presto, però, la loro storia diviene di dominio pubblico.
A quel punto, mentre Bernard, nel tentativo di salvare in extremis il suo matrimonio, decide di interrompere immediatamente la sua relazione con Mathilde, quest’ultima va invece incontro a un forte esaurimento nervoso; per lei, sarà l’inizio di una lenta ed inesorabile discesa agli inferi, il cui epilogo si rivelerà per entrambi alquanto tragico…


Penultima pellicola della sua fortunata carriera cinematografica, con “La signora della porta accanto” il regista francese ci presenta una passionale e travolgente storia di amour fou, magistralmente interpretata dalla coppia Ardant - Dépardieu.
I due attori francesi si rivelano infatti perfettamente calati nella parte degli “amanti maledetti”, al centro di una relazione che si dipana in un continuo susseguirsi di allontanamenti e riavvicinamenti e che, per questo motivo, impedisce ad entrambi di vivere serenamente il loro amore.
I due, infatti, sembrano non raggiungere mai un punto fermo nella loro relazione, e anche quando, loro malgrado, finalmente ci riescono, il loro triste destino sarà per sempre “né con te, né senza di te”, giusto per citare le strazianti parole della signora Odile: uno dei tanti personaggi che nella vicenda ruotano intorno a Mathilde e Bernard, e a cui François Truffaut assegna anche l’importante ruolo di voce fuori campo nella narrazione della loro travagliata storia d’amore.


Titolo: La signora della porta accanto ( La femme d’à côté )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Gérard Depardieu, Fanny Ardant, Henri Garcin, Véronique Silver
Nazionalità: Francia
Anno: 1981





mercoledì 12 agosto 2015

“E’ arrivato nostro figlio” di Valérie Lemercier: un’amara riflessione sul desiderio di diventare genitori a tutti i costi.


Apparentemente, l’esistenza di Aleksandra ( Valérie Lemercier ), intransigente capo redattrice di una rivista di moda, sembra essere praticamente perfetta.
Ha infatti un ottimo lavoro, un marito - Cyrille ( Gilles Lellouche ) - proprietario di una galleria d’arte, un bell’appartamento a Parigi, e… perfino un amante!
In realtà, la mancanza di un figlio le impedisce   di poter affermare di avere avuto veramente tutto dalla vita; per questo motivo, i due coniugi decidono di avviare le pratiche per l’adozione internazionale di un bambino.
Grazie anche alle loro non indifferenti disponibilità economiche, la richiesta di Aleksandra e Cyrille viene approvata in tempi relativamente brevi, e così, dopo poco tempo, i due si preparano ad accogliere nella loro casa Aleksei: un bambino di sette anni proveniente dalla Russia.
All’aeroporto, però, l’incontro con il piccolo si rivela una grande delusione per la donna; e questo sarà per lei solo l’inizio di una serie di tragicomiche peripezie che ben presto la porteranno a rimettere seriamente in discussione il suo desiderio di diventare mamma…


Interprete di grande talento, molto apprezzata in Francia, con “E’ arrivato nostro figlio” Valérie Lemercier si cimenta per la quarta volta dietro la macchina da presa, dirigendo se stessa in una gradevole commedia dai chiari risvolti sociali.
Prendendo infatti spunto dalla storia realmente accaduta di una donna americana che, dopo aver ricevuto in adozione un minore proveniente dall’estero, lo ha poi rimandato nel suo paese con una semplice lettera di scuse, l’attrice nonché regista  francese sviluppa, anche se in tono ironico, un’amara riflessione sul desiderio di diventare genitori a tutti i costi.
Fin da subito, infatti, appare evidente che la frivola Aleksandra, la cui esistenza è votata esclusivamente all’immagine, tratta il piccolo Aleksei alla stessa stregua di un “mero accessorio”, da scegliere semplicemente sulla base del colore dei capelli, senza minimamente preoccuparsi delle sue difficoltà di inserimento in un contesto sociale diverso da quello da cui proviene.
Fortunatamente, “E’ arrivato nostro figlio” ha però un epilogo decisamente più felice rispetto a quanto è accaduto nella realtà e, al tempo stesso, richiama l’attenzione dello spettatore sull’importanza della famiglia come istituzione basilare nel processo educativo di ogni bambino.
Ad affiancare Valérie Lemercier troviamo il bravo Gilles Lellouche, il cui personaggio, sebbene fin dalle prime scene ci appaia relegato ad un ruolo di subalterno dall’ingombrante presenza della moglie, con lo sviluppo della vicenda riesce invece a brillare in tutta la sua forza e simpatia.  


Titolo: E’ arrivato nostro figlio ( 100% cachemire )
Regia: Valérie Lemercier
Interpreti: Valérie Lemercier, Gilles Lellouche, Marina Foïs
Nazionalità: Francia
Anno: 2013



domenica 26 luglio 2015

“Tutto sua madre” di Guillaume Gallienne: la tragicomica ricerca della propria identità sessuale.


Appartenente ad una famiglia della ricca borghesia francese, Guillaume ( Guillaume Gallienne ) nutre fin da piccolo un amore spropositato nei confronti della propria madre. 
Questo lo porta ben presto a tentare di imitarne ogni gesto, con la conseguenza che Guillaume viene trattato in tutto e per tutto dai suoi genitori come una ragazza.
Per questo motivo gli viene destinata un’educazione diversa da quella riservata ai suoi due fratelli che, decisamente più sportivi e virili di lui, riescono invece a soddisfare le aspettative del padre.
Mandato a studiare in un college inglese, Guillaume si innamora, sebbene non ricambiato, di un compagno di studi; questo finirà per minare ulteriormente la sua già fragile personalità, costringendolo a cercare l’aiuto di uno psicanalista.
Passato attraverso una serie di tragicomiche peripezie, è solamente dopo aver conosciuto Amandine che Guillaume potrà finalmente affermare di aver trovato anche lui la sua strada nella vita…



Tutto sua madre” è la trasposizione cinematografica della fortunata, nonché autobiografica, pièce teatrale di Guillaume Gallienne.
Alla sua prima esperienza dietro la macchina da presal'eclettico membro della Comédie Française narra infatti le vicende della lunga e difficile ricerca della propria identità sessuale; ricerca che, sebbene gli abbia  causato non poche sofferenze fin dagli anni dell’adolescenza, si è comunque felicemente conclusa per lui.
Alcuni dei momenti più significativi della sua esistenza ( prima di aver conosciuto colei che poi è divenuta anche la madre di suo figlio ) vengono narrati in tono tragicomico, delineando chiaramente l’effettiva posizione del giovane Guillaume all’interno e all’esterno della propria famiglia, tra l’altro ben riassunta dal titolo originale della pellicola: “I ragazzi e Guillaume, a tavola!”
Ritrovandosi a rivestire sia la parte di se stesso sia della propria madre, Guillaume Gallienne si riconferma indubbiamente un interprete di straordinaria capacità, nonché di elevata sensibilità artistica.


Titolo: Tutto sua madre ( Les garçons et Guillaume, à table! )
Regia: Guillaume Gallienne, André Marcon, Françoise Fabian, Diane Kruger
Interpreti: Guillaume Gallienne
Nazionalità: Francia, Belgio
Anno: 2013




mercoledì 1 luglio 2015

“I senza nome” di Jean-Pierre Melville: il tragico destino di tre uomini, costantemente in bilico tra bisogno di redenzione e desiderio di riscatto.





Mentre si trova in prigione, dove sta scontando una pena di cinque anni, Corey ( Alain Delon ) viene informato da un secondino della sua imminente scarcerazione, anticipata per buona condotta; allo stesso tempo, però, quest’ultimo gli prospetta di svaligiare un’importante gioielleria di Parigi, ubicata in un elegante palazzo di Place Vendôme; inizialmente titubante, Corey finisce però per accettare.
Contemporaneamente Vogel ( Gian Maria Volonté ), un altro detenuto, sta viaggiando in treno da Marsiglia a Parigi, scortato dal commissario Mattei ( Bourvil ); durante la notte, però, l’uomo riesce a fuggire dal finestrino del suo scompartimento, facendo perdere le sue tracce.
Quando poi a una stazione di servizio si nasconde furtivamente nel bagagliaio dell’auto di Corey, che nel frattempo è uscito di prigione, quest’ultimo crede di aver trovato in lui il complice perfetto per la rapina alla gioielleria.
Vogel accetta di prendere parte al colpo, e propone di coinvolgere anche Jensen ( Yves Montand ), un ex poliziotto alcolizzato, ritenendo necessaria la partecipazione di un tiratore  scelto.
Sebbene la rapina venga portata a termine con relativa facilità, lo stesso non potrà però dirsi per la vendita della refurtiva; per i tre uomini, infatti, le cose non andranno purtroppo come sperato…


« Buddha prese un pezzo di gesso rosso, tracciò un cerchio e disse:
Se è scritto che due uomini, anche se non si conoscono, debbono un giorno incontrarsi, può accadere loro qualsiasi cosa e possono seguire strade diverse, ma al giorno stabilito, ineluttabilmente, essi si ritroveranno in questo "CERCHIO ROSSO"... ».
Così ha inizio questo straordinario noir francese del 1970, con il quale Jean-Pierre Melville ha reso omaggio al capolavoro di John Huston “Giungla d’asfalto”.
Come già apertamente dichiarato nell’incipit della pellicola, protagonista indiscusso della vicenda è il destino che, con la sua forza inconfutabile, riesce sempre ad intrecciare a suo  piacimento i nostri percorsi di vita; ed è esattamente quello che accade anche ai tre protagonisti de “I senza nome”, le cui esistenze si ritrovano inaspettatamente, e sfortunatamente, accomunate da una tragica sorte.
Dialoghi ridotti all’essenziale, e lunghi silenzi, caratterizzano il penultimo lungometraggio del regista francese, lasciando così ampio spazio alla bravura nonché all’espressività di un eccezionale cast di interpreti.
Sullo sfondo di una Parigi plumbea, Alain Delon, Gian Maria Volonté e Yves Montand  si rivelano infatti semplicemente magistrali nel dare vita ai loro rispettivi personaggi: tre uomini costantemente in bilico tra bisogno di redenzione e desiderio di riscatto.


Titolo: I senza nome ( Le cercle rouge )
Regia: Jean-Pierre Melville
Interpreti: Alain Delon, Gian Maria Volonté, Yves Montand, Bourvil
Nazionalità: Francia
Anno: 1970




sabato 13 giugno 2015

“Il paradiso degli orchi” di Nicolas Bary: il surreale mondo di Benjamin Malaussène.


Benjamin Malaussène ( Raphaël Personnaz ) è un giovane uomo sulla trentina che, pur di riuscire a mantenere la sua numerosa famiglia, composta da fratelli e sorelle che hanno  in comune solamente la madre, ha accettato di svolgere un lavoro alquanto ingrato.
In effetti, è stato assunto da un grande centro commerciale di Parigi in qualità di “capro espiatorio”; più precisamente, ogniqualvolta un cliente insoddisfatto della qualità di un articolo da lui stesso acquistato minaccia di fare causa al magazzino, Benjamin è costretto a sorbirsi tutte le sue rimostranze, cercando allo stesso tempo di impietosirlo a tal punto da farlo desistere dal suo intento.
La colorata e gioiosa atmosfera del centro commerciale viene però improvvisamente compromessa da una serie di strane esplosioni verificatesi al suo interno; e poiché  a Benjamin capita sempre di trovarsi nel punto preciso in cui si verifica ognuno di quegli incidenti, tutti i sospetti finiscono ben presto per concentrarsi su di lui.
Con l’aiuto di un’avvenente giornalista, da lui scherzosamente ribattezzata “Zia Julia” ( Bérénice Béjo ) e dell’ombroso guardiano del magazzino ( Emir Kustorica ), Benjamin riuscirà comunque a provare la propria innocenza, nonché a far finalmente luce su di una drammatica serie di sparizioni di minori, avvenuta molti anni prima all’interno di quello stesso magazzino…


A quasi trent’anni dall’uscita del primo romanzo della fortunata saga di Daniel Pennac, nel 2013 Nicolas Bary portò finalmente sullo schermo il personaggio di Benjamin Malaussène.
“Il paradiso degli orchi”, che si avvale di una fotografia estremamente colorata, e di effetti speciali decisamente riusciti, presenta tutti gli elementi della commedia giallo-rosa che, anche se solo velatamente, mascherano tutta la drammaticità di ciò che le mura ( e non solo ) di quel magazzino, da sempre grande attrazione anche per i più piccoli, hanno vigliaccamente tenuto nascosto per troppi anni.
Il regista, nella trasposizione cinematografica dell’opera di Pennac, ha volutamente stemperato la componente thriller e poliziesca, che contraddistingue invece il romanzo, per concentrarsi maggiormente sui risvolti umoristici del personaggio di Benjamin e della vicenda nella quale suo malgrado si ritrova coinvolto, facendo assumere allo stesso tempo alla sua pellicola i tratti caratteristici del fumetto.
Interpreti principali de “Il paradiso degli orchi” sono il divertente Raphaël Personnaz, perfettamente calato nel suo personaggio, nonché la bravissima e bellissima Bérénice Bejo ( già ampiamente apprezzata  dal pubblico internazionale a fianco del premio Oscar Jean Dujardin in “The Artist“ ); ma il film di Bary si avvale anche della straordinaria partecipazione del poliedrico Emir Kustorica e della grandissima Isabelle Huppert; tra l’altro, il divertente cameo in cui quest’ultima appare, riesce nel suo piccolo a riassumere tutta l’essenza del surreale mondo di Benjamin Malaussène.


Titolo: Il paradiso degli orchi ( Au bonheur des ogres )
Regia: Nicolas Bary
Interpreti: Raphaël Personnaz, Bérénice Bejo, Emir Kustorica,
Nazionalità: Francia
Anno: 2013




mercoledì 27 maggio 2015

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lunedì 25 maggio 2015

“Attrici” di Valeria Bruni Tedeschi: un divertente spaccato del variegato universo femminile.


Giunta all’età di quarant’anni senza un compagno e dei figli, Marcelline ( Valeria Bruni Tedeschi ) è un’attrice che vive costantemente un senso di inadeguatezza nei confronti di se stessa e del mondo che la circonda.
La possibilità di riscattarsi sembra giungerle finalmente con la sua interpretazione di Natalia Petrovna in “Un mese in campagna“, dello scrittore russo Ivan Turgenev, in corso di allestimento al Théȃtre des Amandiers di Parigi.
Però, a causa del suo profondo disagio personale, Marcelline si rivelerà ben presto  incapace di gestire il rapporto professionale con il regista Denis ( Mathieu Amalric ) e gli altri membri della troupe, finendo così per sprecare l’ennesima occasione utile per dare una svolta definitiva alla propria vita…


Dopo “E’ più facile per un cammello…”, Valeria Bruni Tedeschi torna a dirigere se stessa in una pellicola che mette a nudo insicurezze, nevrosi e contraddizioni di una quarantenne non ancora professionalmente affermata, e con la spiacevole consapevolezza che per lei, in assenza di un uomo al suo fianco, le probabilità di dare alla luce un figlio si assottigliano con l’inesorabile scorrere del tempo.
Indubbiamente, a renderla ancora più psicologicamente instabile contribuisce poi il  conflittuale rapporto da lei intrattenuto con la madre ( personaggio bizzarro e alquanto ingombrante, interpretato da una divertentissima Marisa Borini - madre della Bruni Tedeschi anche nella vita reale ); la quale, rispetto alla figlia e nonostante la non più giovane età, riesce ancora a mantenere un approccio decisamente meno complicato nei confronti dell’altro sesso.
A Marcelline, comunque, i corteggiatori non mancano; il problema, però, sta semplicemente nel fatto che, proprio a causa della sua estrema fragilità emotiva, tutte le sue relazioni sentimentali sono purtroppo destinate ad avere vita breve.
La sua presenza in teatro non passa ovviamente inosservata neppure tra i membri della sua troupe, dando nel contempo vita ad un’escalation di situazioni decisamente esilaranti, che a tratti rasentano perfino il grottesco.
In effetti, sembra proprio che Marcelline abbia un talento naturale nell’attirare à sé gli uomini sbagliati, allontanando al tempo stesso coloro nei confronti dei quali crede invece di provare un certo interesse; come del resto avviene con Eric, il giovane collega interpretato dal tenebroso Louis Garrel.
Oltre ad essere un divertente e riuscito spaccato del variegato universo femminile, “Attrici” è indubbiamente un omaggio al mondo del teatro e ai suoi protagonisti, le cui vicende personali finiscono spesso per intrecciarsi con quelle dei personaggi a cui danno vita sul palcoscenico; una pellicola che, come confermato anche dal successivo “Un castello in Italia”, denota l’indiscutibile talento di una grande artista italiana.   


Titolo: Attrici ( Actrices )
Regia: Valeria Bruni Tedeschi
Interpreti: Valeria Bruni Tedeschi, Louis Garrel, Noémie Lvovsky, Mathieu Amalric
Nazionalità: Francia
Anno: 2007




venerdì 1 maggio 2015

“Yves Saint Laurent” di Jalil Lespert: un interessante ritratto di uno dei più innovativi stilisti del ventesimo secolo.


Yves ( Pierre Niney ) ha solo 21 anni, quando nel 1957, a seguito della morte di Christian Dior, si ritrova alla guida dell’omonima casa di moda francese.
Grazie alla sua prima collezione, lo stilista di origini algerine incontra, oltre ad un incredibile successo di pubblico, Pierre Bergé ( Guillaume Gallienne ): colui che poco dopo diviene non solo il suo manager, ma anche e soprattutto il compagno di vita.
Poco dopo essere stato richiamato alle armi per partecipare alla guerra d’indipendenza algerina, Yves subisce un forte esaurimento nervoso, in conseguenza del quale viene ricoverato in un ospedale militare.
Appoggiato da Pierre, una volta dimesso il giovane cita quindi in giudizio per mancato rispetto dei termini contrattuali la maison Dior, dalla quale nel frattempo era stato licenziato; e con il denaro ottenuto a titolo di risarcimento, i due fondano la Yves Saint Laurent, segnando così l’inizio di una lunghissima stagione di successi internazionali…


Con “Yves Saint Laurent” l’attore e regista Jalil Lespert firma un interessante ritratto di uno dei più innovativi stilisti del ventesimo secolo.
Pur ripercorrendo alcune delle più significative tappe della sua fortunata carriera professionale, iniziata alla fine degli anni cinquanta e proseguita poi per oltre quattro decenni, il biopic di Lespert si concentra in particolare sulla lunga ma contrastata relazione tra lo stilista e il compagno Pierre Bergé, all’interno della quale non sono mancati tradimenti e  rivalità; come nel caso di Victoire: l’affascinante modella ( interpretata dalla bellissima Charlotte Le Bon ) che fu alla base di uno dei più feroci scontri tra i due uomini, e che precedentemente era stata la musa ispiratrice di Christian Dior.
Oltre a celebrare Yves Saint Laurent in qualità di artista dotato di un’incredibile immaginazione e forza espressiva, la pellicola tenta di tratteggiarne un profilo più privato, evidenziandone così la notevole fragilità emotiva.
Per dare vita sullo schermo all’indimenticato stilista, Jalil Lespert si è avvalso di un intenso Pierre Niney che, proprio per questa sua impressionante interpretazione, è stato premiato come  miglior attore ai Césars 2015; ad affiancarlo nel ruolo di Pierre Bergé troviamo poi il bravissimo Guillaume Gallienne: anche lui, come Niney, attore proveniente dalla Comédie Française.
Una menzione speciale spetta infine agli elegantissimi costumi nonché alle accurate scenografie, che durante l’intera visione della pellicola offrono allo spettatore un affascinante spaccato della storia della moda francese.


Titolo: Yves Saint Laurent ( Yves Saint Laurent )
Regia: Jalil Lespert
Interpreti: Pierre Niney, Guillaume Gallienne, Charlotte Le Bon
Nazionalità: USA
Anno: 2014






domenica 19 aprile 2015

“Molière in bicicletta” di Philippe Le Guay: le molteplici sfaccettature e contraddizioni della natura umana.


Gauthier Valence ( Lambert Wilson ) è un attore diventato ricco e famoso grazie ad una serie televisiva, in cui interpreta la parte di un medico.
Desideroso di cimentarsi in ruoli professionalmente più stimolanti, ha però in progetto di portare in teatro “Il misantropo” di Molière, con lui nel ruolo di Alceste, il protagonista.
Per la parte di Filinte, invece, decide di rivolgersi a Serge Tanneur ( Fabrice Luchini ), uno stimato collega ritiratosi ormai da tempo dalle scene.
Quest’ultimo, disgustato dall’ipocrisia che regna nel mondo dello spettacolo, e nella società in generale, si è infatti rifugiato sull’Ile de Ré, la suggestiva isola situata di fronte alla costa atlantica francese, dove vive da solo in una vecchia casa ricevuta in eredità da uno zio.
Raggiunto da Gauthier, l’uomo si dimostra fin da subito restio ad accettare la proposta del collega, sebbene sia da sempre un grande appassionato di quella pièce di Molière; ad ogni modo, deciso che il personaggio di Alceste verrà interpretato a turno da entrambi, Serge acconsente ad iniziare le prove dello spettacolo, al fine di verificare se tra loro due la cosa possa funzionare o meno.
Ben presto, però, la loro assidua frequentazione porta a galla tutte le peculiarità dei rispettivi caratteri e, inevitabilmente, allo scontro tra i due uomini.
L’incontro con l’affascinante Francesca ( Maya Sansa ), un’italiana in procinto di separarsi dal marito, finirà poi per mettere definitivamente in crisi il loro rapporto…


Nato da un’idea di Fabrice Luchini e Philippe Le Guay, “Molière in bicicletta” è una piacevolissima commedia che, oltre a divertire, ha il pregio di far riflettere sulle molteplici sfaccettature e contraddizioni della natura umana.
Il progetto per l’allestimento de “Il misantropo”, il più atipico tra i capolavori di Molière, è in effetti un riuscito pretesto per mettere a confronto due personalità con percorsi professionali e di vita completamente opposti.
Mentre il burbero Serge ha progressivamente sviluppato nel corso degli anni un’assoluta insofferenza nei confronti delle persone che lo circondano, ritirandosi a vivere pressoché da eremita in una remota località sull’Atlantico, il ben più cordiale ( almeno all’apparenza ) Gauthier si dimostra invece ben più avvezzo a scendere a compromessi, pur di riuscire a rapportarsi con quella società così tanto disprezzata dal collega.
In un affascinante gioco di specchi, il rapporto che si instaura tra i due attori va rapidamente ad intrecciarsi con quello tra i due personaggi da loro interpretati; con Serge che, proprio per la sua visione della natura umana, si rivela fin da subito un perfetto Alceste.
Dopo “Le donne del 6° piano”, Philippe Le Guay torna a dirigere un superlativo Fabrice Luchini, affiancato questa volta da un altrettanto bravo Lambert Wilson.
Da segnalare poi all’interno del cast la piacevolissima presenza della “nostra” Maya Sansa, magnificamente calata nel suo ruolo di vero pomo della discordia tra i due uomini.
Protagonisti assoluti della pellicola sono comunque i suggestivi paesaggi della costa atlantica francese, con le sue incantevoli spiagge e le sue minuscole strade battute dal vento, su cui vediamo pedalare allegramente Serge, Gauthier e la bella Francesca, mentre in sottofondo scorrono le note della nostalgica “A bicyclette”: indimenticabile classico della canzone francese interpretato da Yves Montand.


Titolo: Molière in bicicletta ( Alceste à bicyclette )
Regia: Philippe Le Guay
Interpreti: Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa, Camille Japy
Nazionalità: Francia
Anno: 2013



lunedì 6 aprile 2015

“French Connection” di Cédric Jimenez: la vera storia del giudice Pierre Michel, in lotta contro la malavita organizzata, nella Marsiglia degli anni 70.


Nel 1975, Marsiglia è considerata a tutti gli effetti la capitale mondiale dell’eroina; chi ne gestisce il traffico è La French, l’organizzazione mafiosa capitanata da Gaëtan Zampa (Gilles Lellouche), che esercita tra l’altro il proprio controllo su sale da gioco e locali notturni.
A contrastarne le azioni criminose viene quindi chiamato  il giudice Pierre Michel (Jean Dujardin), il quale si distingue fin da subito per la sua assoluta incorruttibilità.
Con il passare del tempo, l’uomo si ritrova sempre più emotivamente coinvolto nell’indagine che gli è stata affidata, al punto da trascurare la propria famiglia e mettere in pericolo la propria vita.
Sei anni più tardi verrà infatti ucciso in un agguato, mentre alla guida della sua moto sta rientrando a casa dalla moglie e dalle sue due figlie piccole.
Sebbene non ne sia direttamente coinvolto, dell’omicidio verrà immediatamente sospettato Zampa; per lui, questo segnerà l’inizio del suo rapido declino…


Ispirandosi alla vera storia del giudice Pierre Michel e alla sua lotta contro la malavita organizzata nella Marsiglia degli anni settanta, Cédric Jimenez ha realizzato un polar alquanto interessante, che solo nelle sale francesi ha superato il milione e mezzo di spettatori.
Sullo sfondo di una Costa Azzurra d’antan mirabilmente ricostruita con accurate scenografie, perennemente soleggiata ma resa alquanto malinconica da una fotografia in perfetto stile vintage, “French Connection” si focalizza sul doloroso confronto tra due uomini operanti sui due lati opposti della barricata e, in particolare, su quella che per l’eroico giudice divenne una vera e propria ossessione nei confronti del carismatico Zampa; ossessione che inevitabilmente fini per travolgere la vita di entrambi, e delle loro rispettive famiglie.
Per portare sullo schermo questo turbolento spaccato della storia francese, il regista si è avvalso della magistrale interpretazione di due dei più grandi talenti dell’attuale cinema d’Oltralpe: il premio Oscar Jean Dujardin, straordinariamente calato nel personaggio dell’integerrimo e tormentato giudice francese, e il bravissimo Gilles Lellouche, praticamente perfetto nella parte dello spietato e fascinoso padrino.
Amici nella vita reale, Dujardin e Lellouche si sono ritrovati antagonisti sullo schermo, sebbene insieme compaiano solamente in una scena: quella del memorabile incontro faccia a faccia tra Pierre Michel e  Gaëtan Zampa in un’isolata strada dell’entroterra della Costa Azzurra.


Titolo: French Connection La French )
Regia: Cédric Jimenez
Interpreti: Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Céline Sallette, Mélanie Doutey, Benoît Magimel
Nazionalità: Francia, Belgio
Anno: 2014