mercoledì 22 marzo 2017

“Elle” di Paul Verhoeven: un thriller decisamente intrigante, costantemente in bilico tra il dramma e la commedia nera.


Michèle ( Isabelle Huppert ) - donna di mezz’età, benestante e di successo – è titolare insieme all’amica  Anna ( Anne Consigny ) di una società produttrice di videogiochi.
Ha un matrimonio fallito alle spalle, un amante, un figlio che sta per renderla nonna, ma soprattutto un doloroso passato dal quale per tutta la vita ha cercato definitivamente di affrancarsi.
Un pomeriggio, un uomo con il viso coperto da un passamontagna irrompe nella sua elegante abitazione situata nella periferia parigina, e abusa sessualmente di lei.
Ripresasi prontamente dalla violenza subita, con incredibile freddezza informa le persone a lei più vicine su quanto le è accaduto, manifestando fin da subito la propria intenzione di non denunciare il fatto alla polizia.
Contemporaneamente, però, intraprende la sua indagine personale al fine di arrivare a scoprire l’identità del suo stupratore; e quando finalmente ci riuscirà, instaurerà con lui un rapporto tanto pericoloso quanto perverso…


Presentato al Festival di Cannes dello scorso anno, dopo un’abbondante incetta di premi, tra cui due César rispettivamente per il miglior film e la migliore attrice, l’ultimo capolavoro di Paul Verhoeven esce finalmente anche nelle sale italiane.
Tratto dal romanzo “Oh…” dello scrittore francese Philippe Djian, “Elle”  si presenta come un thriller decisamente intrigante, costantemente in bilico tra il dramma e la commedia nera.
La vicenda ruota essenzialmente intorno alla figura di Michèle: una donna dal profilo forte ma ambiguo, che reagisce alla violenza di cui è stata vittima in un modo del tutto insolito; ed è proprio il particolare rapporto che in seguito si sviluppa tra lei e il suo stupratore che finisce inevitabilmente per mescolare le carte in tavola, portando così lo spettatore a domandarsi chi tra i due sia effettivamente la vittima e chi il carnefice.
Tutto ciò si svolge sullo sfondo di una società in cui sembra non esistere alcun limite all’indecenza nel comportamento dei singoli personaggi che animano la storia di “Elle”;  e in questo si denota l’intento inequivocabilmente provocatorio di Paul Verhoeven.
Non è ovviamente la prima volta che il regista olandese si cimenta con il personaggio di una dark lady; basti pensare a “Basic Instinct” – la celeberrima pellicola del 1992 che ha regalato fama mondiale alla sempre straordinaria Sharon Stone.
Per questa sua pellicola francese si è avvalso invece  della presenza di una strepitosa Isabelle Huppert, la cui pluripremiata interpretazione, sia in Europa sia negli Stati Uniti,  riporta alla mente alcuni dei ruoli più riusciti della sua lunga carriera cinematografica, tra cui è sufficiente ricordare “Grazie per la cioccolata” di Claude Chabrol e “La pianista” di Michael Haneke.  


Titolo: Elle ( Elle )
Regia : Paul Verhoeven
Interpreti: Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny, Charles Berling, Laurent Lafitte
Nazionalità: Francia
Anno: 2016


lunedì 13 febbraio 2017

“E’ solo la fine del mondo” di Xavier Dolan: disperato gioco al massacro in un interno.



Louis ( Gaspard Ulliel ) è un giovane drammaturgo di successo che ha da tempo interrotto ogni rapporto con la propria famiglia.
Adesso, dopo dodici anni di assenza, decide di tornare a casa, per rivedere i posti della sua infanzia, cercare di riallacciare un legame con i suoi familiari, ma soprattutto per comunicare loro che purtroppo non gli resta ancora molto tempo da vivere.
Ad attenderlo trova sua madre Martine ( Nathalie Baye ) – donna decisamente sopra le righe, dalla quale non si è mai sentito compreso; Suzanne ( Léa Seydoux ) – la sorella minore che fino ad allora è vissuta con il “mito” di Louis; Antoine ( Vincent Cassel ) – l’irascibile fratello maggiore; e infine Catherine ( Marion Cotillard ) -  la timida e impacciata cognata che lui vede per la prima volta.
Il suo ritorno a casa sembra essere accolto con gioia da tutti tranne che da Antoine, da sempre invidioso del fratello minore.
Ben presto, tra la rievocazione di un ricordo e l’altro, vecchi rancori e incomprensioni tornano rapidamente a galla; e così, l’ultima occasione che ha Louis per riconciliarsi con i suoi familiari e il passato, si trasforma inevitabilmente in un disperato gioco al massacro.
In quell’atmosfera così carica di odio e tensione, deciderà comunque di informarli del principale motivo di quella sua visita?


In questa sua ultima pellicola, tratta dall’omonima pièce teatrale di Jean-Luc Lagrace, Xavier Dolan mette in scena i complessi conflitti tra i componenti della famiglia Knipper, scatenati dall’inaspettato ritorno a casa del “figliol prodigo” Louis.
In effetti, nonostante venga accolto con il sorriso dalla maggior parte dei suoi familiari, non è facile per nessuno di loro riabituarsi così rapidamente alla sua presenza, tanto meno per Antoine, che con il suo atteggiamento aggressivo pretende di decidere ciò che sua moglie possa o non possa dire, litiga in continuazione con la madre e la sorella, ma soprattutto non fa mistero di non tollerare assolutamente la vicinanza del fratello minore.
E’ solo la fine del mondo, che rivela fin da subito la sua chiara matrice teatrale, si sviluppa attraverso un lento susseguirsi di dialoghi che permettono allo spettatore di farsi un’idea sufficientemente precisa delle  dinamiche che molti anni prima hanno spinto il protagonista a cercare la propria strada lontano da casa; e questo grazie anche al sapiente inserimento di efficaci flashback generati dai ricordi di Louis: da quando, ancora bambino, giocava spensierato con Antoine nei giorni di vacanza, fino alla scoperta della propria omosessualità.
Oltre che per i suoi dialoghi particolarmente accesi, questa struggente pellicola dell’enfant prodige Dolan si contraddistingue  per l’incredibile intensità dei silenzi e,  soprattutto, degli sguardi dei suoi personaggi; in primis quelli del tormentato Louis, che trova fin da subito un’inaspettata alleata in Catherine.
Per questo suo sesto lungometraggio, presentato all’ultimo Festival di Cannes e celebrato con il Gran Premio della Giuria, il regista canadese si è avvalso di un cast pluristellato, composto interamente da attori francesi, le cui intense interpretazioni hanno reso decisamente toccante la narrazione delle vicende di un giovane uomo, per il quale la fine del mondo è purtroppo ormai vicina.


Titolo: E’ solo la fine del mondo ( Juste la fin du monde )
Regia : Xavier Dolan
Interpreti: Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Marion Cotillard, Vincent Cassel, Léa Seydoux.
Nazionalità: Canada, Francia
Anno: 2016



domenica 5 febbraio 2017

“Due giorni, una notte” di Jean-Pierre e Luc Dardenne: una triste e inevitabile guerra tra poveri, perennemente in bilico tra egoismo e desiderio di solidarietà.



Sandra ( Marion Cotillard ) – sposata e con due figli piccoli – lavora come operaia presso una società produttrice di pannelli solari.
Reduce da un periodo particolarmente difficile, in cui ha sofferto di depressione, viene a sapere dall’amica e collega Juliette ( Catherine Salée ) che il suo posto di lavoro è stato soppresso.
Nel tentativo di allontanarla definitivamente dalla fabbrica, il suo capo-reparto ha in effetti  coinvolto gli altri operai, chiedendo loro di scegliere tra la possibilità di ricevere un bonus pro-capite di mille euro e la conservazione del posto di Sandra.
Quest’ultima, dopo aver parlato con il titolare dell’azienda, riesce comunque a ottenere la ripetizione della votazione per il lunedì seguente.
Aiutata dal marito Manu ( Fabrizio Rongione ), nel corso dei due giorni successivi la donna si reca quindi presso il domicilio dei singoli colleghi, per cercare di convincerli a rinunciare al loro bonus.
Ovviamente, per lei l’impresa si rivelerà tutt’altro che semplice…


Con “Due giorni, una notte, presentato in concorso alla 67^ edizione del Festival di Cannes, i fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne tornano ad affrontare la tematica, quanto mai attuale, del lavoro.
Questa volta, protagonista della vicenda è una madre di famiglia appartenente alla classe operaia, che al fine di riuscire a mantenere il proprio impiego nella fabbrica in cui lavora, è costretta ad umiliarsi con i suoi sedici colleghi; questi ultimi, decidendo di accettare un premio produzione, possono infatti determinare automaticamente il suo licenziamento.
E’ una triste e inevitabile guerra tra poveri quella a cui assistiamo nella drammatica pellicola dei due registi belgi, i cui singoli personaggi risultano perennemente in bilico tra il desiderio di esprimere la propria solidarietà nei confronti di una persona in difficoltà, e la necessità di far fronte alle pressanti esigenze economiche imposte loro da una quotidianità particolarmente dura.
A poco a poco si delinea il profilo di una donna che, nonostante la sua psicologia particolarmente fragile e le avversità della vita, riesce comunque a mantenere inalterata la propria dignità e, soprattutto, a continuare a guardare al futuro con speranza.
Marion Cotillard ci regala un’altra delle sue straordinarie interpretazioni, che le è addirittura valsa un’altra nomination agli Oscar, affiancata dal bravo Fabrizio Rongione – attore, sceneggiatore e produttore di origine italiana – a cui è stato assegnato il prestigioso Premio Magritte proprio per questa sua intensa e particolarmente toccante prova di recitazione.  


Titolo: Due giorni, una notte ( Deux jours, une nuit )
Regia :  Luc e Jean-Pierre Dardenne
Interpreti: Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée.
Nazionalità: Belgio
Anno: 2014


domenica 29 gennaio 2017

“Frantz” di François Ozon: le tragiche e imprevedibili conseguenze che ogni guerra porta inevitabilmente con sé.


Dopo la fine della prima guerra mondiale, Anna ( Paula Beer ) - una giovane donna che vive in un paesino della Germania - si reca quotidianamente sulla tomba del fidanzato Frantz, morto proprio nel corso del conflitto appena conclusosi.
Un giorno, giunta al cimitero, si accorge però di essere stata preceduta: vede infatti uno sconosciuto di fronte alla lapide del promesso sposo.
Di lì a breve quell’uomo si presenta a Anna dicendole di chiamarsi Adrien ( Pierre Niney ), di essere francese e, soprattutto, di aver conosciuto Frantz a Parigi, durante gli anni che quest’ultimo vi aveva trascorso prima dello scoppio della guerra.
Anna decide quindi di farlo conoscere ai genitori del suo defunto fidanzato, dai quali è oramai considerata come una figlia, e con cui vive da tempo.
L’arrivo di Adrien in quella famiglia è realmente un’occasione di gioia oltreché di commozione: tutti e tre hanno infatti la possibilità di veder rivivere Frantz nei racconti dell’amico francese.
Inoltre, a poco a poco, tra Anna e Adrien si sviluppa un legame particolare; ma, ben presto, terribilmente oppresso dal senso di colpa, il giovane finisce per confessarle il vero motivo per cui ha voluto conoscere la famiglia dello sfortunato soldato tedesco…


Tratto da una pièce teatrale di Maurice Rostand, precedentemente già portata sul grande schermo da Ernest Lubitsch nel 1932, “Frantz” affronta con estremo garbo e delicatezza le terribili conseguenze che ogni conflitto bellico porta inevitabilmente con sé.
La vicenda è infatti ambientata nell’anno successivo al termine della grande guerra, in una Germania che sta ancora piangendo i propri caduti, e nei cui cittadini l’odio nei confronti della Francia e dei francesi è più vivo che mai.
Come del resto è accaduto anche a tante altre donne, la guerra ha privato Anna dell’uomo che amava e, adesso, la sua unica consolazione è recarsi ogni giorno a rendere omaggio alle sue spoglie.
Il destino sembra comunque darle l’occasione per ricominciare a vivere, soprattutto in considerazione della sua giovane età, con l’arrivo del timido e misterioso Adrien.
Con lui, crede infatti di avere un’altra possibilità per tornare finalmente ad amare; ma per Anna il vero punto di svolta sopraggiungerà solamente dopo aver scoperto la vera natura del rapporto che lega Adrien a Frantz.
Girata in parte in lingua tedesca e in parte in lingua francese, la pellicola di François Ozon riesce a scavare con precisione quasi chirurgica nella psicologia di Anna e Adrien, la particolarità del cui rapporto sembra riuscire a superare l’impatto della più dura delle verità, ma non, purtroppo, le rigide convenzioni sociali dell’epoca.
L’eleganza della regia in bianco e nero, insieme ad una ricostruzione piuttosto accurata del periodo storico, rende “Frantz” estremamente gradevole anche dal punto di vista visivo.
Una menzione speciale spetta infine alle interpretazioni alquanto intense e toccanti dei due attori: il francese Pierre Niney ( già premio César 2015 come miglior attore protagonista per “Yves Saint Laurent” ) e la tedesca Paula Beer, alla quale, proprio per il ruolo di Anna, è stato conferito il Premio Marcello Mastroianni in occasione dell’ultima Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia.


Titolo: Frantz ( Frantz )
Regia : François Ozon
Interpreti: Pierre Niney, Paula Beer, Ernst Stötzner, Marie Gruber, Johann von Bülow
Nazionalità: Francia
Anno: 2016



martedì 27 dicembre 2016

“Mon roi – Il mio re” di Maïwenn Le Besco: le sofferenze di una donna che, malgrado tutto, non riesce a smettere di amare.



Tony ( Emmanuelle Bercot ) – brillante avvocato quarantenne – dopo essersi gravemente infortunata un ginocchio sciando, è costretta a ricoverarsi in una clinica specializzata per un lungo e difficile periodo di riabilitazione. 
Durante le settimane che seguiranno, Tony avrà così il tempo di riflettere sugli ultimi dieci anni della sua vita trascorsi accanto all’inaffidabile Georgio ( Vincent Cassel ), rivivendo così le varie fasi di un rapporto alquanto turbolento, all’interno del quale, tra i due, l’unica ad aver realmente amato è stata sempre e solamente lei…


Dopo il successo ottenuto da “Polisse”, Maïwenn Le Besco è tornata dietro la macchina da presa per regalarci Mon roi – Il mio re”: un’altra intensa pellicola incentrata questa volta sulla tumultuosa storia d’amore tra due quarantenni.
Alternando il racconto delle dure terapie, a cui Tony deve sottoporsi quotidianamente per poter tornare a camminare, all’utilizzo di riusciti flashback, la talentuosa regista e attrice francese narra i vari momenti che hanno segnato, nel bene e nel male, il suo rapporto con Georgio.
Ciò che ne risulta è il ritratto di una donna votata al masochismo, non certo priva di una propria dignità, ma a ogni modo non sufficientemente forte da permetterle di allontanarsi definitivamente da colui che ama, ma dal quale non è mai stata equamente contraccambiata.
In effetti, Georgio è il perfetto esemplare di uomo egoista, bugiardo e immaturo e, grazie all’impeccabile prova di recitazione di Vincent Cassel, riesce inevitabilmente a farsi odiare anche dal pubblico maschile, o per lo meno da quella parte di spettatori che non possono fare a meno di prendere le distanze dalla mentalità indiscutibilmente maschilista del protagonista.
Da parte sua Emmanuelle Bercot, che proprio per questa sua interpretazione è stata premiata come miglior attrice al Festival di Cannes 2015, è semplicemente straordinaria nel trasmettere allo spettatore tutta la sofferenza fisica e morale di una donna che, malgrado tutto, non riesce a smettere di amare “il suo re”.


Titolo: Mon roi – Il mio re ( Mon roi )
Regia : Maïwenn Le Besco
Interpreti: Emmanuelle Bercot, Vincent Cassel, Louis Garrel, Vincent Nemeth, Romain Sandère
Nazionalità: Francia
Anno: 2015




martedì 8 novembre 2016

“Il riccio” di Mona Achache: una delicata storia sull’importanza di saper realmente ascoltare chi ci sta accanto.



Renée Michel ( Josiane Balasko ) è la burbera portinaia di un elegante stabile dove risiede l’alta borghesia parigina.
Dall’aspetto sciatto e alquanto dimesso, la donna, vedova ormai da diversi anni, coltiva all’insaputa di chi la circonda il piacere per la cultura; è infatti una grande appassionata, tra l‘altro, dei grandi classici della letteratura e del cinema giapponese.
Paloma Josse ( Garance Le Guillermic ), invece, è una bambina di undici anni che vive con la sua famiglia nel palazzo di cui Renée è la custode.
Molto intelligente, e decisamente matura per la sua giovane età, la ragazzina si diverte a riprendere con la videocamera momenti e persone della sua vita quotidiana, ed è solita interrogarsi su problematiche più grandi di lei.
Terrorizzata al pensiero di doversi uniformare, crescendo, ai modelli imperanti nella società moderna, Paloma sta progettando di suicidarsi nel giorno del suo dodicesimo compleanno.
L’arrivo di un nuovo inquilino, Monsieur Kakuro Ozu ( Togo Igawa ) - un elegante e colto signore giapponese che riesce immediatamente a cogliere il vero potenziale di Renée e di Paloma - cambierà inaspettatamente la vita di entrambe…



Basato sul romanzo di Muriel Barbery, caso letterario del 2007 in Francia, “Il riccio” è stata la pellicola di esordio di Mona Achache; ed è proprio grazie a lei che  i tre personaggi creati dalla penna della scrittrice francese, già tanto amati dal pubblico dei lettori, hanno potuto finalmente prendere vita sul grande schermo.
Un’intensa Josiane Balasko si è rivelata una Renée praticamente perfetta per come ha saputo cucirsi addosso il personaggio della schiva portinaia, tanto impegnata a mantenere un basso profilo quanto a negarsi qualunque tipo di gioia che non derivi dai suoi adorati libri, da lei gelosamente custoditi all’interno di una stanza “segreta”: la sua oasi felice.
Dalla morte del marito sembra infatti aver definitivamente chiuso la porta all’amore, ma il saggio Kakuro Ozu riesce a poco a poco a farle acquisire una maggiore consapevolezza di se stessa, ma soprattutto a convincerla ad uscire da quella “tana” nella quale, proprio come se fosse un riccio, si è comodamente adagiata con il passare del tempo.
Da parte sua la piccola Paloma ( straordinariamente interpretata dalla giovanissima Garance Le Guillermic ) assiste divertita e compiaciuta a questo tardivo risveglio dal letargo di Renée, trovando al tempo stesso nei due adulti due importanti punti di riferimento proprio per il loro distinguersi dalla moltitudine di persone che quotidianamente la circonda e da cui, invece, cerca disperatamente di fuggire.
Quella de “Il riccio” si conferma così anche sul grande schermo una delicata storia sull’amore e l’amicizia, ma soprattutto sull’importanza di saper realmente ascoltare chi ci sta accanto.


  
Titolo: Il riccio ( L’hérisson )
Regia : Mona Achache
Interpreti: Josiane Balasko, Garance Le Guillermic, Togo Igawa
Nazionalità: Francia, Italia
Anno: 2009




domenica 25 settembre 2016

“Un amore all’altezza” di Laurent Tirard: quando il tema del “diverso” viene trattato con il “sorriso”.


Diane ( Virginie Efira ), bionda e affascinante avvocato, è titolare con l’ex-marito di uno studio legale.
Una sera, rientrata a casa, riceve la telefonata di un certo Alexandre ( Jean Dujardin ), un architetto di successo, il quale le comunica di aver ritrovato il suo cellulare, dimenticato sul tavolo di un ristorante nel quale si trovava anche lui.
L’uomo le confessa fin da subito di aver preferito ricontattarla in un secondo momento al solo scopo di chiederle un appuntamento.
Alquanto incuriosita dall’indiscutibile ironia del suo interlocutore, la donna accetta quindi il suo invito; il giorno del loro incontro, però, rimane decisamente sorpresa nello scoprire che Alexandre è alto un metro e trentasei centimetri.
Nonostante tutto, conquistata dai modi estremamente garbati del simpatico architetto, e dalle attenzioni che prodiga nei propri confronti, Diane decide di frequentarlo.
Ben presto, però, si ritroverà a essere alquanto dibattuta tra i propri sentimenti per Alexandre e i numerosi pregiudizi che coloro che la circondano nutrono riguardo alla loro relazione…



Remake di “Corazón de León”, film argentino del 2013, “Un amore all’altezza” è una piacevole commedia francese in cui viene trattato con il “sorriso” l’importante tema del “diverso”: in particolare di come tutto quello che esula dagli “standard abituali ” viene percepito dalla società in cui viviamo e, soprattutto, del modo in cui ognuno di noi viene influenzato dai pregiudizi altrui.
Questo è ciò che esattamente accade a Diane, la quale, più che mai determinata a lasciarsi definitivamente alle spalle un matrimonio ormai finito da tempo, si ritrova a poco a poco coinvolta in una storia d’amore in cui realmente crede, e che sarebbe veramente perfetta solo se lei non si lasciasse scoraggiare da ciò che pensano al riguardo parenti e amici.
Nonostante il finale possa sembrare alquanto semplicistico, il messaggio del film è alquanto preciso e mira dritto al punto: riuscire sempre ad abbattere le barriere mentali in nome di ciò che amiamo e in cui crediamo.
Per questa sua ennesima pellicola, Laurent Tirard ha effettuato un sapiente uso degli effetti speciali, oltreché di una controfigura, per riuscire a “rimpicciolire” un sempre straordinario Jean Dujardin, il cui personaggio non solo diverte, ma anche commuove per la maniera in cui vive la drammaticità della sua situazione.


  
Titolo: Un amore all’altezza ( Un homme à l’hauteur )
Regia : Laurent Tirard
Interpreti: Jean Dujardin, Virginie Efira, Cédric Kahn, César Domboy
Nazionalità: Francia
Anno: 2016