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domenica 7 luglio 2013

BONJOUR TRISTESSE di Otto Preminger: Françoise Sagan e l’incredibile fascino della Costa Azzurra in estate.


Cécile (Jean Seberg), graziosa diciassettenne orfana di madre, vive a Parigi, dove conduce un’intensa vita di società insieme al padre Raymond (David Niven), un incallito playboy.
In occasione delle vacanze estive, la ragazza si trasferisce in Costa Azzurra con il genitore, il quale porta con sé Elsa (Mylène Demongeot), la sua compagna.
Alcuni giorni dopo, i tre vengono raggiunti alla villa anche da Anne (Deborah Kerr), un’amica della defunta madre di Cécile; rimanendo subito affascinato dall’avvenenza e dall’eleganza della donna, e dimenticandosi completamente della presenza di Elsa, Raymond inizia a corteggiarla e, poco dopo, le chiede addirittura di sposarlo.
Turbata dalla notizia delle imminenti nozze del padre, Cécile vede prospettarsi all’orizzonte un inevitabile e radicale cambiamento nello spensierato stile di vita che fino ad allora aveva condotto; quindi, nel tentativo di impedire il matrimonio, fa in modo che Elsa e Raymond si riavvicinino.
Scoperto il tradimento, Anne fugge sconvolta dalla villa a bordo della sua auto, andando così incontro ad un tragico destino…

Partendo dall’omonimo best-seller di Françoise Sagan, il regista è riuscito a realizzare un’elegante pellicola, in cui commedia, intrigo, sensualità e morte si mescolano sapientemente tra loro per raccontare l’ambiguo rapporto che lega un padre dongiovanni alla propria figlia adolescente.
La vicenda si sviluppa su due piani temporali distinti: la narrazione del presente, immerso in un sofisticato bianco e nero, e il racconto di quanto avvenuto durante l’estate dell’anno prima in una coloratissima Costa Azzurra da cartolina.
La scelta di Otto Preminger di alternare la fotografia in bianco e nero a quella a colori deriva dal voler appositamente contrapporre due diversi stati d’animo di Cécile in due distinti momenti della sua vita: da una parte la gioia e la spensieratezza appartenenti ormai al passato e, dall’altro, la tristezza e il rimorso del presente per aver causato, sebbene indirettamente, la morte della futura moglie del padre.
Nonostante “Bonjour tristesse” vanti la presenza di due mostri sacri del cinema di Hollywood, del calibro di Deborah Kerr e David Niven, protagonista indiscussa della pellicola è la splendida Jean Seberg.
Perfetta nella parte dell’adolescente inquieta e ribelle, questa giovane attrice americana, solamente due anni più tardi, diventerà un’icona della Nouvelle Vague francese e, soprattutto, dello stile degli anni sessanta, dopo aver interpretato il ruolo di Patricia in Fino all’ultimo respiro” di Jean-Luc Godard.
Merita infine una menzione particolare la struggente melodia della canzone che dà il titolo alla pellicola, e che vediamo interpretare proprio da Juliette Gréco nelle prime scene in bianco e nero; potete riascoltarla cliccando QUI.     
 


Titolo: Bonjour Tristesse ( Bonjour tristesse )
Regia: Otto Preminger
Interpreti: David Niven, Deborah Kerr, Jean Seberg, Mylène Demongeot, Walter Chiari
Nazionalità: USA / GB
Anno: 1958


lunedì 5 novembre 2012

“Fino all’ultimo respiro” di Jean-Luc Godard: Parigi, gli anni 60 e… la Nouvelle Vague.


Fino all’ultimo respiro” è il primo lungometraggio di Jean-Luc Godard; tratto da un soggetto di François Truffaut, e realizzato sotto la supervisione tecnica di Claude Chabrol, è considerato il film-manifesto della Nouvelle Vague francese.
Al fianco di un superbo Jean-Paul Belmondo, troviamo una giovanissima Jean Seberg: la graziosa attrice americana che questa pellicola consacrò icona di stile degli anni sessanta.
Michel Poiccard (Jean-Paul Belmondo) è un giovane balordo che vive di espedienti, barcamenandosi tra furti e truffe.
Dopo aver rubato l’ennesima auto a Marsiglia, prima di fuggire in Italia si reca a Parigi per recuperare da un amico del denaro che gli spetta.
Inseguito da due agenti per eccesso di velocità, ne uccide uno con una pistola che ha trovato nel cruscotto dell’auto.
Arrivato a Parigi, dopo aver ritrovato Patricia Franchini (Jean Seberg), una studentessa americana della quale si era precedentemente innamorato, cerca di convincerla ad andare con lui in Italia.
La ragazza però, sebbene non sembri disdegnare le attenzioni di Michel, non ha nessuna intenzione di seguirlo, non approvando il suo stile di vita dissoluto.
Poco dopo Michel apprende dai giornali di essere ricercato dalla polizia, che nel frattempo ha interrogato Patricia, essendo stata vista insieme a lui.
L’americana, nel tentativo di farlo fuggire prima che venga arrestato, decide di denunciarlo rivelando il luogo in cui Michel si è nascosto.
Raggiunto dalla polizia, l’uomo tenta di fuggire ma inutilmente; muore infatti sotto lo sguardo contrito di Patricia, dopo essere stato colpito da un agente.



Girato tra Parigi e Marsiglia in poco meno di un mese e con un budget alquanto limitato, con “Fino all’ultimo respiro”  Jean-Luc Godard reinventò il modo di fare cinema, mettendo in pratica quella volontà di opporsi alle rigide regole che avevano caratterizzato fino ad allora l’industria cinematografica francese, secondo quanto rivendicato dallo stesso Godard e dagli altri registi fondatori del movimento della Nouvelle Vague.
In nome di una libertà di espressione che abbracciava anche la realizzazione tecnica di un film, durante le riprese scomparve infatti l’uso di cavalletti e binari; basti ricordare che per girare la celebre scena in cui Michel e Patricia passeggiano l’una accanto all’altro sugli Champs-Elysées, il regista si avvalse di una macchina da presa installata su di una bicicletta.
Caratterizzato da una sceneggiatura alquanto esile, “Fino all’ultimo respiro” è un omaggio ai vecchi polizieschi americani, di cui Godard era un grande appassionato.
Il personaggio di Michel, interpretato magnificamente da un giovane Jean-Paul Belmondo, sebbene viva costantemente sopra le righe, nasconde in realtà un lato estremamente tenero come ci è dimostrato dal suo affetto per Patricia; affetto che gli impedisce perfino di mettersi in salvo, e quindi di allontanarsi da lei, nel momento in cui la ragazza gli rivela di averlo denunciato alla polizia.
Fa da sfondo a questa sfortunata storia d’amore, una Parigi che affascina nonostante l’immagine estremamente semplice che ci viene restituita da una fotografia in bianco e nero ridotta all’essenziale, e che è indubbiamente rappresentativa di un’importante fase di transizione nella storia politica e culturale della Francia.


  
Titolo: Fino all’ultimo respiro ( A bout de souffle )
Regia: Jean-Luc Godard
Interpreti : Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg, Daniel Boulanger, Jean-Pierre Melville
Nazionalità: Francia
Anno : 1960