“Fino all’ultimo respiro”
è il primo lungometraggio di Jean-Luc Godard; tratto da un soggetto di François Truffaut, e realizzato sotto la
supervisione tecnica di Claude Chabrol, è considerato il film-manifesto della Nouvelle Vague francese.
Al fianco di un superbo Jean-Paul
Belmondo, troviamo una giovanissima Jean
Seberg: la graziosa attrice americana che questa pellicola consacrò icona di stile degli anni sessanta.
Michel Poiccard (Jean-Paul Belmondo) è un giovane balordo
che vive di espedienti, barcamenandosi tra furti e truffe.
Dopo aver rubato l’ennesima auto
a Marsiglia, prima di fuggire in Italia si reca a Parigi per recuperare da un
amico del denaro che gli spetta.
Inseguito da due agenti per
eccesso di velocità, ne uccide uno con una pistola che ha trovato nel cruscotto
dell’auto.
Arrivato a Parigi, dopo aver ritrovato
Patricia Franchini (Jean Seberg), una
studentessa americana della quale si era precedentemente innamorato, cerca di
convincerla ad andare con lui in Italia.
La ragazza però, sebbene non
sembri disdegnare le attenzioni di Michel, non ha nessuna intenzione di
seguirlo, non approvando il suo stile di vita dissoluto.
Poco dopo Michel apprende dai
giornali di essere ricercato dalla polizia, che nel frattempo ha interrogato
Patricia, essendo stata vista insieme a lui.
L’americana, nel tentativo di
farlo fuggire prima che venga arrestato, decide di denunciarlo rivelando il
luogo in cui Michel si è nascosto.
Raggiunto dalla polizia, l’uomo
tenta di fuggire ma inutilmente; muore infatti sotto lo sguardo contrito di
Patricia, dopo essere stato colpito da un agente.
Girato tra Parigi e Marsiglia in
poco meno di un mese e con un budget alquanto limitato, con “Fino all’ultimo
respiro” Jean-Luc Godard reinventò il modo di fare cinema, mettendo in
pratica quella volontà di opporsi alle rigide regole che avevano caratterizzato
fino ad allora l’industria cinematografica francese, secondo quanto rivendicato
dallo stesso Godard e dagli altri registi fondatori del movimento della Nouvelle Vague.
In nome di una libertà di
espressione che abbracciava anche la realizzazione tecnica di un film, durante
le riprese scomparve infatti l’uso di cavalletti e binari; basti ricordare che
per girare la celebre scena in cui Michel
e Patricia passeggiano l’una accanto all’altro sugli Champs-Elysées, il
regista si avvalse di una macchina da presa installata su di una bicicletta.
Caratterizzato da una
sceneggiatura alquanto esile, “Fino all’ultimo respiro” è un omaggio ai vecchi polizieschi americani,
di cui Godard era un grande appassionato.
Il personaggio di Michel,
interpretato magnificamente da un giovane Jean-Paul Belmondo, sebbene viva
costantemente sopra le righe, nasconde in
realtà un lato estremamente tenero come ci è dimostrato dal suo affetto per
Patricia; affetto che gli impedisce perfino di mettersi in salvo, e quindi di
allontanarsi da lei, nel momento in cui la ragazza gli rivela di averlo
denunciato alla polizia.
Fa da sfondo a questa sfortunata
storia d’amore, una Parigi che affascina
nonostante l’immagine estremamente semplice che ci viene restituita da una
fotografia in bianco e nero ridotta all’essenziale, e che è indubbiamente
rappresentativa di un’importante fase di transizione nella storia politica e culturale
della Francia.
Titolo: Fino all’ultimo respiro ( A bout de souffle )
Regia: Jean-Luc GodardInterpreti : Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg, Daniel Boulanger, Jean-Pierre Melville
Nazionalità: Francia
Anno : 1960