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mercoledì 17 ottobre 2012

“Play Time” di Jacques Tati: Monsieur Hulot nel caos della civiltà moderna.


Dopo tre anni di lunga e sofferta lavorazione, nel 1967 uscì finalmente nelle sale francesi “Play  Time”: il quarto lungometraggio di Jacques Tati. Questa pellicola, sebbene considerata un capolavoro per l’attenzione quasi maniacale prestata ai singoli dettagli, si rivelò un vero e proprio fiasco al botteghino, determinando così la rovina economica del geniale cineasta francese a causa degli elevatissimi costi di produzione dallo stesso sostenuti per la sua realizzazione.
In una Parigi ultramoderna, popolata da altissimi palazzi in vetro e acciaio, si intrecciano le vite  di una serie di alquanto bizzarri personaggi.
Monsieur Hulot (Jacques Tati) si reca in uno di questi edifici per un importante appuntamento e invece, perdendosi in un complicato labirinto di uffici e corridoi, si ritrova a visitare insieme a un gruppo di turiste americane una fiera campionaria, all’interno della quale vengono presentati dei singolari oggetti dal design moderno.
Successivamente Hulot incontra un suo ex-compagno d’armi che lo invita nel suo appartamento-vetrina, da lui acquistato di recente.
Al calar della notte, poi, si ritroverà insieme agli altri personaggi da lui incrociati nel corso di quella insolita giornata all’inaugurazione di un night-club, durante la quale il locale verrà invece completamente distrutto a seguito del verificarsi di una serie di comici incidenti.



Dopo “Le vacanze di Monsieur Hulot” e “Mio zio”, Jacques Tati portò per la terza volta sullo schermo le peripezie dello strampalato signore dal portamento dinoccolato.
Caratterizzato dall’assenza di una vera e propria trama, e girato in 70mm, “Play Time” sviluppa la sua comicità soprattutto a livello visivo e sonoro, poiché i dialoghi tra i personaggi di cui riusciamo a fare una superficiale conoscenza durante la visione della pellicola sono ridotti praticamente al minimo.
Ancora prima che per la sua genialità e originalità, questo lungometraggio viene ricordato per l’enorme set fatto costruire appositamente da Tati nella periferia di Parigi, nei pressi dell’aeroporto di Orly, che per questo motivo venne soprannominato “Tativille”.
Il regista francese ha immaginato una metropoli futurista dove altissimi e asettici palazzi, che potremmo ritrovare in qualunque altra città del mondo, hanno preso il posto dei ben più armoniosi edifici storici. In effetti, ci rendiamo conto che l’azione si sta svolgendo a Parigi solo nel momento in cui riusciamo a intravedere, riflessi nelle vetrate delle nuovissime costruzioni, la Tour Eiffel, l’Arco di Trionfo e la Basilica di Montmartre.
“Play Time” si presenta come una satira sulla smania del moderno che contraddistingue il genere umano e, allo stesso tempo, tenta di mettere in guardia dai pericoli derivanti dall’uso delle nuove tecnologie che, come vediamo durante la serata inaugurale del Royal Garden, anziché agevolare la nostra quotidianità, rischiano di complicarla inutilmente, ostacolando così i normali rapporti umani.
Così facendo Tati riprende un tema da lui già trattato circa dieci anni prima in “Mio zio”, uno dei suoi indimenticabili capolavori, in cui il calore dei rapporti umani vissuti in un quartiere popolare nella Francia della fine degli anni cinquanta viene raffrontato, ovviamente con la dovuta dose di ironia, con l’eleganza dell’atmosfera che si respira all’interno di una villa ultramoderna, dotata di tutte le ultimissime invenzioni tecnologiche.   




Titolo: Play Time ( Play Time )
Regia: Jacques Tati
Interpreti : Jacques Tati, Barbara Dennek, Rita Maiden
Nazionalità: Francia
Anno : 1967


domenica 3 giugno 2012

“Giorno di festa” di Jacques Tati: le divertenti avventure di un postino di campagna nella Francia dell’immediato dopoguerra.


La cartolina di oggi arriva dal centro della Francia, e più precisamente da Sainte-Sévère-sur-Indre. Qui, nel 1947 Jacques Tati girò “Giorno di festa”, il suo primo lungometraggio, dove riprese il divertente personaggio di François: il postino già visto ne “L’école des facteurs”.
In un paesino della campagna francese fervono i preparativi per la consueta festa annuale. Tra le varie attrazioni, oltre alla giostra, vi è anche un cinematografo ambulante dove viene proiettato un documentario sulla consegna della posta negli Stati Uniti. François, uno dei postini del villaggio, dopo essere venuto a conoscenza degli innovativi sistemi adottati dai colleghi americani, prova ad imitarli, sebbene con risultati catastrofici, suscitando l’ilarità di tutti gli abitanti del paese.


Jacques Tati iniziò a girare “Giorno di festa” nel 1947 con due macchine da presa e due differenti tipi di pellicola: una  a colori ( in via del tutto sperimentale ) e l’altra in bianco e nero ( per una copia di sicurezza ). Però, poiché dopo diversi tentativi il laboratorio non riuscì a stampare la copia a colori, nel 1949 il film venne proiettato in bianco e nero. Nel 1994 è stata poi finalmente portata sugli schermi anche la versione a colori, dopo il restauro realizzato grazie all’intervento della figlia del geniale cineasta francese.
In questo suo primo lungometraggio notiamo già tutti gli elementi che caratterizzano la sua comicità e la sua abilità di “fare cinema”, e che ritroveremo successivamente anche nelle pellicole che vedono protagonista Monsieur Hulot: l’originale personaggio creato da Tati.
In effetti François, il postino di “Giorno di festa” interpretato dallo stesso Tati, può tranquillamente considerarsi un antesignano di Hulot. A differenza di quest’ultimo, però, che in pellicole come “Le vacanze di Monsieur Hulot” e “Mio zio” viene quasi emarginato per la sua “originalità” da coloro che lo circondano, François e la sua ingenuità sono invece oggetto di derisione da parte degli altri abitanti di Sainte-Sévère, soprattutto dei due giostrai che fingono di impartirgli consigli utili su come migliorare la sua efficienza nella consegna della posta.
In “Giorno di festa” Tati ritrae la realtà del mondo rurale durante il dopoguerra francese, e riesce a trasmetterci perfettamente tutta l’eccitazione e il fermento degli abitanti del villaggio durante i preparativi che precedono la festa annuale.
La vecchietta che vediamo più volte attraversare le strade del paese portando con sé una capretta, tra i tanti curiosi personaggi che ci vengono presentati durante la visione del film, è indubbiamente colei che con i suoi commenti rimane maggiormente impressa nella mente dello spettatore.
Sainte-Sévère-sur-Indre è un piccolo comune nel dipartimento dell’Indre ( regione del Centro ) che  Tati scelse per le riprese e dove, insieme al suo amico e collaboratore Henri Marquet, si era precedentemente rifugiato durante la guerra, nel 1943. Oggi Sainte-Sévère è la sede della Maison de Jour de Fête, un esclusivo museo all’interno del quale turisti e cinefili hanno la possibilità di rivivere le atmosfere di “Giorno di festa” e conoscere tutti i retroscena legati alle riprese del film. QUI trovate maggiori informazioni su come raggiungere Sainte-Sévere-sur-Indre e sulla visita alla Maison de Jour de Fête.


Titolo: Giorno di festa ( Jour de fête )
Regia: Jacques Tati
Interpreti : Jacques Tati, Paul Frankeur, Guy Decomble
Nazionalità : Francia
Anno : 1949



giovedì 3 maggio 2012

“Le vacanze di Monsieur Hulot” di Jacques Tati: la raffinata eleganza delle immagini in bianco e nero.


Dopo avervi parlato di “Mio zio” in uno dei miei precedenti post, vorrei proporvi oggi un altro film di Jacques Tati: “Le vacanze di Monsieur Hulot”, un lungometraggio del 1953 con il quale il regista francese portò per la prima volta sullo schermo l’irresistibile e strampalato personaggio del titolo.

Tempo di vacanze. Mentre gli appartenenti alla borghesia francese si apprestano a salire su di un treno che li condurrà in una località balneare del nord della Francia, dove trascorreranno le loro vacanze estive in una piccola pensione a gestione familiare, Monsieur Hulot è invece già in viaggio per raggiungere la stessa destinazione a bordo della sua vecchia macchina scoppiettante. Questa pellicola è caratterizzata dall’assenza di una vera e propria trama; il film, infatti, si sviluppa su di una lunga serie di piccole gags che vedono protagonisti i singoli villeggianti, nonché gli abitanti del luogo. Vi sono adulti e bambini, francesi e americani; e poi ovviamente vi è lui: Monsieur Hulot, con il suo cappello, la sua inseparabile pipa e i suoi pantaloni dall’orlo decisamente troppo corto, che a  differenza degli altri non parla, borbotta. Con la caratteristica goffaggine che ci ha divertito anche nelle successive pellicole che lo hanno visto protagonista, Hulot finisce per sconvolgere inevitabilmente la tranquillità di coloro che alloggiano insieme a lui nella pensione; come nel momento in cui appare intento ad ascoltare a tutto volume la musica di un giradischi, senza preoccuparsi minimamente del disturbo arrecato alle altre persone presenti nella sala.
Dalla mattina alla sera, le singole giornate sulla spiaggia vengono scandite dalle irresistibili gags inscenate dal geniale cineasta francese. Quando poi la vacanza giunge al termine, e arriva il momento di prepararsi per la partenza, ad eccezione di pochi, nessuno si preoccuperà di andare a salutare il povero Monsieur Hulot…



Questa pellicola si contraddistingue, più che per la particolarità della trama, per l’atmosfera di serenità che si respira durante la sua visione, sebbene in parte velata di malinconia nel finale. I suoi toni delicati sono magistralmente sottolineati dall’eleganza delle immagini in bianco e nero, nonché dall’affascinante suono del saxofono e del vibrafono di Alain Romains, perfetta colonna sonora delle giornate trascorse piacevolmente sulla spiaggia, che potete ascoltare cliccando QUI.
Saint-Marc-sur-mer, il cui nome compare scritto nel timbro postale, nell’inquadratura finale del film, è una stazione balneare appartenente al dipartimento della Loira Atlantica, nel nord-ovest della Francia, dove è stata girata la maggior parte delle scene tra l’estate e l’autunno del 1951.
Nell’anno 1999, sulla spiaggia di Saint-Marc-sur-mer ormai conosciuta come “spiaggia di Monsieur Hulot”, è stata inaugurata una statua raffigurante proprio il buffo personaggio creato da Tati, diventando così l’oggetto di curiosità e interesse da parte di turisti e di cinefili. L’"Hôtel de la plage" invece, che ha avuto un ruolo fondamentale durante le riprese, è stato interamente rinnovato nell’anno 2008, e rappresenta ancora oggi il luogo ideale dove alloggiare e godersi una rilassante vacanza sul mare della costa atlantica francese.
Vi lascio quindi alla visione del trailer del film, e come al solito vi rinnovo l’invito su questo blog per la prossima cartolina dalla Francia.





Titolo: Le vacanze di Monsieur Hulot ( Les vacances de Monsieur Hulot ).
Regia: Jacques Tati
Interpreti : Jacques Tati, Louis Patrault, Nathalie Pascaud
Nazionalità : Francia
Anno : 1953





giovedì 15 marzo 2012

“Mio zio”: la geniale comicità di Jacques Tati.



Con la “cartolina dalla Francia” di oggi vorrei parlarvi di “Mio zio”: la pellicola diretta e interpretata nel 1958 da Jacques Tati, e vincitrice di un premio Oscar come miglior film straniero.
Dopo Le vacanze di Monsieur Hulot, il geniale cineasta francese porta nuovamente sullo schermo lo strampalato personaggio del titolo, rendendolo ancora una volta protagonista di situazioni  comiche, al limite del surreale.
La famiglia Arpel vive in un quartiere moderno, in una villa dotata di tutte le ultimissime invenzioni tecnologiche. Il signor Arpel è il dirigente di un’industria produttrice di materie plastiche, mentre la moglie è una donna dedita in modo quasi ossessivo alla pulizia della casa e alla cura della famiglia. Vi è poi Gérard, il figlio a cui entrambi i genitori vorrebbero imporre il loro stile di vita “perfetto”, verso il quale però il bambino si dimostra del tutto insofferente. Al contrario, ha una simpatia particolare per il confusionario e singolare zio, Monsieur Hulot per l’appunto, il fratello della signora Arpel che vive  invece in un pittoresco quartiere popolare.


Il film è basato proprio sul contrasto tra questi due mondi. Da una parte l’elegante atmosfera vissuta all’interno della villa dei coniugi Arpel, dove tutto funziona ( pressoché ) alla perfezione. Dall’altra il calore dei rapporti umani vissuti in un quartiere popolare, nella Francia di fine anni 50. La macchina da presa ci permette di seguire la vita di alcune di quelle persone durante le loro occupazioni quotidiane: mentre fanno la spesa al mercato rionale, oppure durante un attimo di pausa, mentre conversano piacevolmente tra di loro seduti al tavolo di un café all’aperto.
Jacques Tati in questo film, oltre a regalarci un’indimenticabile prova della sua geniale comicità, ci fa rivivere l’atmosfera di una Francia che fu, e che personalmente ho avuto la possibilità di respirare visitando alcune località francesi, a dire il vero non sempre tipicamente turistiche, le quali sono fortunatamente riuscite a mantenere pressoché inalterato il loro fascino originario.
A chi non conoscesse ancora questo piccolo gioiello della cinematografia francese e fosse interessato a vederlo, consiglierei di guardare subito il trailer del film.






Titolo: Mio zio ( Mon oncle ).
Regia: Jacques Tati
Interpreti : Jacques Tati, Jean-Pierre Zola, Adrienne Servantie
Nazionalità : Francia
Anno : 1958