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sabato 3 agosto 2013

“L’amore fugge” di François Truffaut: il geniale epilogo di una delle più famose saghe del cinema.


Dopo dieci anni di matrimonio, Antoine (Jean-Pierre Léaud) e Christine (Claude Jade) decidono di divorziare amichevolmente.
Lui, nel frattempo, ha intrapreso una relazione con Sabine (Dorothée), la graziosa commessa di un negozio di dischi, di cui si è invaghito subito dopo averne visto una foto.
Un giorno, mentre sta accompagnando il figlio Alphonse alla stazione, Antoine rivede Colette (Marie-France Pisier): il suo grande amore di gioventù che adesso svolge la professione di avvocato e che, dopo avere intravisto lo stesso Antoine fuori del tribunale il giorno del divorzio, ha iniziato a leggere il suo romanzo autobiografico, “Le insalate dell’amore”.
L’uomo decide così di seguirla, ma ben presto si renderà definitivamente conto che il suo destino non è quello di viverle accanto


Dopo averci fatto assistere alla sua prima vera crisi matrimoniale in “Non drammatizziamo… è solo questione di corna!”, nel 1978 il regista decise di riportare sullo schermo, per la quinta e ultima volta, il personaggio di Antoine Doinel.
Nonostante abbia ormai oltrepassato la trentina, il simpatico alter-ego di François Truffaut sembra non aver ancora raggiunto una piena maturità, soprattutto affettiva.
Dopo aver provato la gioia della paternità, pubblicato un romanzo autobiografico, e cambiato lavoro per l’ennesima volta, Antoine si prepara ad aggiungere un altro importante tassello alla sua già travagliata esistenza: il divorzio da Christine; per di più, il rapporto con Sabine, la sua nuova compagna, non ci appare dei più idilliaci.
L’inaspettato incontro con Colette, poi, contribuisce a rendere ulteriormente instabile il suo equilibrio.
Ne “L’amore fugge”, con cui Truffaut ha concluso la fortunata saga del personaggio da lui creato, riusciamo a percepire una sottile vena di malinconia per gli anni oramai trascorsi, ma anche, e soprattutto, l’augurio che Antoine riesca finalmente a trovare la sua stabilità emotiva.
La lettura da parte di Colette del suo romanzo autobiografico è il geniale pretesto escogitato dal regista per far rivivere allo spettatore alcuni momenti salienti della vita del protagonista, dagli anni della sua tribolata adolescenza al raggiungimento dell’età adulta; a questo proposito Truffaut è riuscito a inserire magistralmente tra le nuove scene che appartengono al presente, alcuni spezzoni  della “saga Doinel” e di altre sue opere, tra cui il pluripremiato “Effetto notte”.
Ancora una volta, Jean-Pierre Léaud riesce a farci divertire ed emozionare con l’imprevedibilità che contraddistingue il personaggio da lui interpreto; e, nonostante nel corso degli anni abbia indiscutibilmente raggiunto la sua piena maturità artistica, verrà per sempre ricordato da tutti gli amanti del cinema francese, e non solo, per quell’ultima e struggente inquadratura de “I quattrocento colpi”. 




Titolo: L’amore fugge ( L’amour en fuite )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Claude Jade, Marie-France Pisier, Dani, Dorothée.
Nazionalità: Francia                  
Anno: 1978

mercoledì 27 marzo 2013

“Effetto notte” di François Truffaut: un’appassionata dichiarazione d’amore del regista per il cinema.


A Nizza, presso gli studi “La Victorine”, il regista Ferrand (François Truffaut) sta girando “Vi presento Pamela”.
Per tutta la durata delle riprese, i problemi legati alla lavorazione del film si intrecceranno con le vicissitudini personali degli attori e degli altri membri della troupe… 
Girato nell’autunno del 1972, e presentato fuori concorso l’anno successivo al Festival di Cannes, “Effetto notte”, oltre a rappresentare una delle più importanti opere di Truffaut, è ritenuto dalla critica cinematografica uno dei migliori lungometraggi di tutti i tempi.
Ottenuto l’Oscar per il miglior film straniero, oltre a 3 nominations tra cui quella per l’intensa interpretazione di Valentina Cortese, “Effetto notte” tratta la storia di un gruppo di persone che, durante la lavorazione di un film, si ritrovano a percorrere insieme un breve tratto della loro esistenza.
Tra gli interpreti di “Vi presento Pamela” c’è Alphonse (Jean-Pierre Léaud), continuamente ossessionato dalla sua gelosia per Liliane (Dani), una delle segretarie di edizione; Séverine (Valentina Cortese), un’attrice italiana sul viale del tramonto che in passato ha avuto una storia con Alexandre (Jean-Pierre Aumont), un altro degli attori del film; e l’americana Julie Baker (Jacqueline Bisset), la quale, dopo aver superato un grosso esaurimento nervoso, ha sposato un medico che per l’età potrebbe essere suo padre.





Tanto i loro problemi quanto quelli degli altri componenti della troupe finiranno inevitabilmente per rallentare i ritmi delle riprese, con la conseguente disperazione del regista, interpretato dallo stesso Truffaut, che, come già accaduto ne “Il ragazzo selvaggio”, ha voluto nuovamente cimentarsi anche nella veste di attore.
Alla base di “Effetto notte” vi era la sua intenzione di realizzare una pellicola che permettesse allo spettatore di farsi un’idea abbastanza precisa di ciò che accade durante la lavorazione di un film, anche se poi il risultato finale è andato ben oltre le sue aspettative iniziali.
Il titolo si riferisce a una tecnica cinematografica che consiste appunto nel “trasformare” in notturna una ripresa effettuata invece in pieno giorno, grazie all’utilizzo di un apposito filtro.
Questa pellicola è un’appassionata dichiarazione d’amore del regista per il cinema e i suoi grandi maestri; sono in effetti numerose le citazioni dai film che hanno segnato la vita di Truffaut, oltre alle diverse autocitazioni dai propri.
Inoltre, come da lui stesso affermato, “Effetto notte” sintetizza alcune delle sue precedenti opere; opere che in questa pellicola riescono anche a trovare una giusta e degna conclusione.



Titolo: Effetto notte ( La nuit americaine )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Jacqueline Bisset, Valentina Cortese, Jean-Pierre Aumont, Dani
Nazionalità: Francia
Anno: 1973

sabato 5 gennaio 2013

“Non drammatizziamo… è solo questione di corna!” di François Truffaut: il quarto episodio della saga “Antoine Doinel”.


Diretto nuovamente da François Truffaut, nel 1970, per la quarta volta, Jean-Pierre Léaud tornò a vestire i panni dell’alter ego del regista francese in “Non drammatizziamo… è solo questione di corna!
Due anni dopo “Baci rubati”, ritroviamo l’immaturo Antoine e la dolce Christine alle prese con la loro prima crisi coniugale.
Antoine (Jean-Pierre Léaud) e Christine (Claude Jade) sono due giovani coniugi che conducono una vita tranquilla in attesa del loro primogenito.
Mentre lei impartisce lezioni di violino, lui si guadagna da vivere dedicandosi alla colorazione artificiale dei fiori.
Quando Antoine decide all’improvviso di cercarsi un altro impiego, a seguito di un equivoco viene assunto in una grossa società.
Un giorno, mentre si trova sul posto di lavoro, vede Kyoko (Hiroko Berghauer) e, irretito dal fascino orientale della donna, ne diviene poco dopo l’amante; quando Christine scopre inaspettatamente che Antoine la tradisce, lo caccia immediatamente di casa.
A poco a poco, però, l’uomo si accorge che la sua passione per Kyoko si sta affievolendo e, contemporaneamente, tenta di riconquistare Christine, la quale, sebbene ferita da Antoine, continua ad amarlo.
Un anno dopo, li ritroveremo nuovamente insieme…

Dopo essersi dichiarati il loro amore nel finale di “Baci rubati”, in “Non drammatizziamo… è solo questione di corna!” ritroviamo Antoine e Christine sposati e in attesa del loro primo figlio.
Mentre Christine non appare più la ragazza timida di un tempo, Antoine, la cui simpatia e originalità continuano a sorprenderci e divertirci, sembra comunque non essere ancora riuscito a ritagliarsi un ruolo ben definito all’interno della società.
In questo quarto episodio della saga a lui dedicata, lo vediamo infatti passare nuovamente da un lavoro a un altro; ed è proprio a seguito di questo ennesimo cambiamento che riguarda la sua vita “professionale” che conosce e si invaghisce di Kyoko: una misteriosa e affascinante donna giapponese.
Con lei Antoine intraprende una breve, ma a ogni modo intensa, relazione extra-coniugale proprio poco dopo essere diventato papà; dimostrandosi così, per l’ennesima volta, incapace di assumersi seriamente le proprie responsabilità.
Quando Christine scopre che il marito ha un’amante, viene inevitabilmente a incrinarsi quell’atmosfera idilliaca e spensierata che aveva caratterizzato i primi anni del loro matrimonio; ma a ogni modo l’amore e la voglia di continuare a stare insieme permetteranno loro di superare questa prima crisi coniugale.
Il titolo scelto per la sua distribuzione in Italia, rispetto a quello originale francese, ha indubbiamente contribuito a far perdere a questa pellicola parte di quel tono leggiadro che, al contrario, contraddistingueva la sceneggiatura di “Baci rubati”.
Anche in questo film non mancano comunque i momenti divertenti, e questo grazie non solamente alle interpretazioni di Jean-Pierre Léaud e Claude Jade.
Per finire, una curiosità. In una breve scena ambientata in una stazione vediamo Monsieur Hulot, il dinoccolato personaggio creato e interpretato da Jacques Tati, esibirsi in una delle sue inconfondibili gag; è un piccolo omaggio di François Truffaut all’indimenticabile cineasta francese.





Titolo: Non drammatizziamo… è solo questione di corna ( Domicile conjugal )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Claude Jade, Hiroko Berghaur, 
Nazionalità: Francia
Anno: 1970


domenica 2 dicembre 2012

“I quattrocento colpi” di François Truffaut: il racconto autobiografico di un’infanzia turbolenta.


Premiato per la miglior regia al Festival di Cannes del 1959, “I quattrocento colpi” è il primo lungometraggio, nonché il primo capolavoro, del grande maestro François Truffaut.
E’ anche la pellicola nella quale facciamo la conoscenza di Antoine Doinel: l’indimenticabile personaggio interpretato dal bravissimo Jean-Pierre Léaud, attore feticcio di Truffaut e della Nouvelle Vague francese.
Parigi, fine anni cinquanta. Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud) è un giovane adolescente che vive insieme alla madre Gilberte (Claire Maurier) e al patrigno Julien (Albert Rémy).
Incompreso dalla propria famiglia, decisamente poco affettuosa nei suoi confronti, Antoine non ha voglia di studiare e trascorre le sue giornate organizzando scherzi ai compagni, o saltando addirittura le lezioni per recarsi al cinema o al Luna Park insieme al suo amico René.
A causa di questa sua condotta indisciplinata, viene spesso punito sia dagli insegnanti che dai suoi genitori.
Un giorno, dopo la sua ennesima bravata, Antoine decide di scappare di casa per andare a vivere da  René, all’insaputa dei genitori di quest’ultimo.
Al fine di racimolare un po’ di soldi per poter organizzare una gita al mare ( dove non è ancora mai stato ) Antoine ruba con l’aiuto di René una macchina da scrivere nell’ufficio del patrigno, con l’intento di rivenderla successivamente.
Non avendo però trovato nessuno disposto ad acquistarla, nel momento in cui Antoine decide di restituirla viene scoperto dal custode dello stabile, e denunciato dal patrigno.
In seguito a quest’ultimo episodio, i suoi genitori acconsentono a farlo rinchiudere in un riformatorio lontano da Parigi  ( e vicino al mare ), nella speranza che questo serva a renderlo più disciplinato.
Antoine sperimenta immediatamente sulla propria pelle la durezza delle condizioni di quel luogo, e una mattina, durante una partita di pallone, approfittando di un attimo di disattenzione dei custodi, decide di fuggire.
La sua lunga corsa lo porterà direttamente, e finalmente, al mare.


Considerato uno dei film-manifesto della Nouvelle Vague, con “I quattrocento colpi” Truffaut passò dalla critica cinematografica dei “Cahiers du cinema” alla regia.
Il titolo della pellicola, apparentemente senza alcun significato, è in realtà la traduzione letterale di quello originale che fa riferimento all’espressione francese “faire les quatre cents coups” ( in italiano: “fare il diavolo a quattro” ).
E’ essenzialmente un inno alla libertà dei bambini e, poiché il regista ebbe un’infanzia alquanto turbolenta come quella di Antoine Doinel, può giustamente considerarsi un film ampiamente autobiografico.
In effetti, anche Truffaut trascorse la sua infanzia, con la madre e il patrigno, in un quartiere di Parigi situato nei pressi della Tour Eiffel e, soprattutto, anche lui venne rinchiuso in un riformatorio.
Dopo numerosi provini, decise di assegnare il ruolo di Antoine Doinel all’allora giovanissimo Jean-Pierre Léaud proprio per la sua aria tenera ma al tempo stesso beffarda e scanzonata.
Negli anni successivi quello stesso personaggio divenne poi un vero e proprio alter ego cinematografico del regista, rappresentandolo sullo schermo in diversi momenti della sua vita.
Infatti, dopo averne interpretato la fase adolescenziale ne “I quattrocento colpi”, Jean-Pierre Léaud tornò a vestire i panni di Antoine Doinel nel 1962 inAntoine e Colette” ( uno degli episodi del film “L’amore a vent’anni” ); nel 1968 inBaci rubati”; nel 1970 inNon drammatizziamo… è solo una questione di corna!” e nel 1979 inL’amore fugge”.
Nonostante la sua lunga e lodevole carriera, di Jean-Pierre Léaud viene a ogni modo ricordata dagli amanti di Truffaut, e non solo, la sua espressione smarrita nell’ultima inquadratura de “I quattrocento colpi”, dalla quale si riesce a percepire tutta l’amarezza del protagonista per non aver avuto anche lui la possibilità di vivere un’infanzia spensierata.



Titolo: I quattrocento colpi ( Les 400 coups )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Albert Rémy, Claire Maurier, Patrick Auffay, Georges Flamant
Nazionalità: Francia 
Anno: 1959

domenica 11 marzo 2012

“Baci rubati”: l'indimenticabile pellicola di François Truffaut.



Vorrei dedicare il primo post di questo blog, ovvero la prima delle “Cartoline dalla Francia”, a “Baci rubati”: la commedia sentimentale di François Truffaut del 1968 che ho avuto occasione di vedere, e apprezzare, per la prima volta purtroppo solo di recente.
In questo film il regista, uno dei più importanti esponenti della Nouvelle Vague francese, dopo I 400 colpi e L’amore a vent’anni porta nuovamente sullo schermo il personaggio di Antoine Doinel, interpretato da Jean-Pierre Léaud, suo attore feticcio.
Riformato dal servizio militare per instabilità di carattere, Antoine torna dall’ex fidanzata Christine, nel tentativo di riallacciare, ma senza successo, i rapporti con lei.
Nel frattempo trova lavoro come portiere di notte in un albergo di Montmartre, ma viene subito licenziato per aver involontariamente aiutato un detective privato a cogliere in flagrante un'adultera. Viene quindi successivamente assunto dalla stessa agenzia investigativa, ma anche in questo caso dimostrerà ben presto di non essere all’altezza degli incarichi che gli vengono assegnati, arrivando perfino ad innamorarsi della moglie di un cliente.
Nella sua ricerca di una stabilità economica, passando rapidamente da un impiego ad un altro, e sentimentale, spaziando dall’amore mercenario a quello per una donna matura dell’alta borghesia, alla fine Antoine riuscirà comunque ad assicurarsi l’affetto della sua ex fidanzata, e a raggiungere, apparentemente, una più completa maturità interiore.



Oltre che per le tematiche trattate dal regista, a mio avviso ciò che rende questa pellicola particolarmente affascinante è il fatto di esser stata girata a Parigi proprio durante i giorni della contestazione studentesca del 1968, appartenendo quindi a un’epoca così densa di cambiamenti per la Francia e non solo.
Tra una gag di Antoine Doinel e l’altra, François Trauffaut ci accompagna con la sua macchina da presa lungo le strade e i giardini di una Parigi da favola, oppure, anche semplicemente spalancando la finestra di una camera da letto, ci regala incantevoli viste della città, fra cui mi è rimasta particolarmente impressa quella della basilica del Sacro Cuore a Montmartre.
Ritengo inoltre che una menzione particolare vada a Que reste-t-il des nos amours?, brano del 1942 scritto e interpretato da Charles Trenet, nonché indimenticabile colonna sonora del film, che con la sua struggente melodia riesce bene a sottolineare le tematiche della pellicola, e contribuisce a renderla indubbiamente una delle migliori di Truffaut.



Titolo: Baci rubati ( Baisers volés ).
Regia: François Truffaut
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Claude Jade, Delphine Seyrig, Michael Lonsdale, Daniel Ceccaldi
Nazionalità: Francia
Anno: 1968