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venerdì 6 aprile 2018

“120 battiti al minuto” di Robin Campillo: il duro e struggente racconto di una battaglia non ancora conclusa.


Parigi, primi anni novanta. Act Up Parigi è un’associazione di attivisti che già da alcuni anni si batte per la tutela dei diritti dei malati di Aids.
A questo proposito, sono soliti riunirsi settimanalmente per discutere le varie iniziative finalizzate a sensibilizzare le forze politiche, come pure le case farmaceutiche, sui drammatici risvolti di una malattia che in poco più di dieci anni ha già mietuto in tutto il mondo migliaia di vittime tra gli omosessuali, tossicodipendenti e prostitute, e che minaccia di espandersi a quelle che, almeno inizialmente, venivano ritenute categorie “non a rischio”.
Sono gli anni in cui parlare di Aids significa affrontare un argomento alquanto scomodo, una questione che riguarda esclusivamente una minoranza ben definita della popolazione; ed è proprio nel tentativo di rompere questi tabù che gli attivisti di Act Up Parigi si muovono, ricorrendo molto spesso a metodi non proprio ortodossi pur di riuscire ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su tale problematica.
Tra i vari militanti dell’associazione spiccano Sean ( Nahuel Pérez Biscayart ), che ha contratto l’Aids quando aveva solamente 16 anni, e che pur dovendo combattere quotidianamente contro la malattia, è costantemente impegnato nelle iniziative dell’associazione, e Nathan ( Arnaud Valois ), da poco entrato a far parte del collettivo. 
A seguito della loro frequentazione, tra i due si sviluppa un rapporto particolarmente intimo; rapporto che tende poi a intensificarsi a mano a mano che le condizioni di salute di Sean peggiorano drasticamente…


Dalla sua presentazione al Festival di Cannes dello scorso anno, dove si è aggiudicato il Grand Prix, alla cerimonia dei César 2018 nel corso della quale è stato premiato come miglior film, il lungo percorso di “120 battiti al minuto” è stato lastricato di innumerevoli e meritati riconoscimenti.
In qualità di ex militante di Act Up Parigi, Robin Campillo ha voluto rievocare in questo suo terzo film da regista gli anni estremamente difficili di un movimento che, parimenti a quello che stavano già facendo i suoi omologhi americani, ha condotto strenuamente una battaglia ( anche politica ) che ancora oggi, nonostante i numerosi e importanti passi avanti fatti dalla ricerca scientifica, non può purtroppo ritenersi conclusa.
I 120 battiti al minuto del titolo  sono quelli della musica techno, molto in voga negli anni novanta, al ritmo della quale i vari membri di Act Up Parigi erano soliti scatenarsi durante le loro lunghe notti trascorse in discoteca, dimostrando così tutta la loro voglia di vivere, e soprattutto di amare, pur ritrovandosi nell’impossibilità di programmare la loro vita nel lungo periodo.
“120 battiti al minuto” è un’opera dura e struggente al tempo stesso, che non risparmia nulla allo spettatore, ma che proprio per questo motivo riesce a catapultarlo nella triste realtà dei malati di Aids.
Sebbene, almeno dalla visione delle prime scene, si abbia l’impressione che la pellicola di Campillo sia stata sviluppata con un freddo taglio documentaristico, ben presto non si può fare a meno di rimanere emotivamente coinvolti nelle drammatiche vicende dei vari personaggi presentati.
Oltre alla bravissima Adèle Haenel ( qui in un ruolo relativamente marginale ), una menzione particolare spetta all’attore argentino Naheul Pérez Biscayart  che per la sua intensa e sofferta interpretazione di Sean è stato premiato con il César 2018 come migliore promessa maschile, e che lo scorso anno il pubblico francese ha avuto modo di apprezzare anche in un'altra pellicola campione di incassi: il commovente “Arrivederci lassù”, diretto e interpretato dal poliedrico Albert Dupontel.



Titolo: 120 battiti al minuto ( 120 battements par minute )
Regia: Robin Campillo
Interpreti: Adèle Haenel, Naheul Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Antoine Reinartz
Nazionalità: Francia
Anno: 2017