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martedì 14 aprile 2020

“RITRATTO DELLA GIOVANE IN FIAMME” di Céline Sciamma: un imprevedibile viaggio nei sinuosi meandri dell’identità sessuale.




Foto: Allociné

A seguito dell’improvvisa morte della sorella, la giovane e introversa Héloïse ( Adèle Haenel ) abbandona il convento per fare rientro a casa.
Qui trova ad attenderla la madre ( Valeria Golino ), una contessa di origini italiane oramai decaduta, intenta a combinarne il matrimonio con un nobile milanese.
A questo riguardo la donna ha incaricato la pittrice Marianne ( Noémie Merlant ) di realizzare un ritratto della figlia, da inviare poi in Italia al futuro sposo.
Recatasi quindi presso la residenza della famiglia, situata su un’isola al largo delle frastagliate e ventose coste della Bretagna, la giovane viene edotta dalla contessa sulle difficoltà che lo svolgimento del suo compito comporterà per lei: poiché  Héloïse ( tutt’altro che entusiasta all’idea di sposare un uomo che neppure conosce ) non è minimamente intenzionata a posare per il ritratto, Marianne, che le si presenterà invece come una semplice dama di compagnia, dovrà cercare di  memorizzarne le caratteristiche fisiche per poi fissarle sulla tela.
Con il passare dei giorni tra le due giovani si instaura a poco a poco un rapporto di amicizia e fiducia reciproca; ma sarà solamente nel momento in cui Marianne confesserà a Héloïse il vero motivo della sua presenza in quella casa, che la relazione tra le due inizierà a prendere una piega diversa e decisamente inaspettata…


Foto: Allociné

Con questa sua pluripremiata pellicola Céline Sciamma ci riporta indietro nel tempo, più precisamente nella Francia della fine del XVIII secolo, per accompagnarci in un imprevedibile viaggio nei sinuosi meandri della sessualità.
"Ritratto della giovane in fiamme" è un’intensa opera tutta al femminile, dove  protagoniste assolute della vicenda sono due giovani donne di diversa estrazione sociale, ma accomunate dall’insopprimibile desiderio di vivere la propria libertà, andando anche contro le più rigide convenzioni sociali dell’epoca.
Due donne, la cui frequentazione reciproca permetterà a entrambe di portare in superficie alcuni aspetti della loro personalità che fino ad allora erano rimasti nascosti nell’ombra.
Affiancate da una sempre magistrale Valeria Golino, Adèle Haenel e Noémie Merlant riescono scena dopo scena a creare tra i due personaggi da loro interpretati una crescente tensione mista a sensualità, in una pellicola i cui dialoghi sono ridotti all’essenziale, ma dove l’intensità di ogni singolo sguardo è più eloquente di mille parole. 


                                                                Foto: Allociné

Titolo: Ritratto della giovane in fiamme ( Portrait de la jeune fille en feu  )
Regia: Céline Sciamma
Interpreti: Noémie Merlant, Adèle Haenel, Valeria Golino, Céline Morel
Nazionalità: Francia
Anno: 2019
In vendita su: Amazon
     

venerdì 6 aprile 2018

“120 battiti al minuto” di Robin Campillo: il duro e struggente racconto di una battaglia non ancora conclusa.


Parigi, primi anni novanta. Act Up Parigi è un’associazione di attivisti che già da alcuni anni si batte per la tutela dei diritti dei malati di Aids.
A questo proposito, sono soliti riunirsi settimanalmente per discutere le varie iniziative finalizzate a sensibilizzare le forze politiche, come pure le case farmaceutiche, sui drammatici risvolti di una malattia che in poco più di dieci anni ha già mietuto in tutto il mondo migliaia di vittime tra gli omosessuali, tossicodipendenti e prostitute, e che minaccia di espandersi a quelle che, almeno inizialmente, venivano ritenute categorie “non a rischio”.
Sono gli anni in cui parlare di Aids significa affrontare un argomento alquanto scomodo, una questione che riguarda esclusivamente una minoranza ben definita della popolazione; ed è proprio nel tentativo di rompere questi tabù che gli attivisti di Act Up Parigi si muovono, ricorrendo molto spesso a metodi non proprio ortodossi pur di riuscire ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su tale problematica.
Tra i vari militanti dell’associazione spiccano Sean ( Nahuel Pérez Biscayart ), che ha contratto l’Aids quando aveva solamente 16 anni, e che pur dovendo combattere quotidianamente contro la malattia, è costantemente impegnato nelle iniziative dell’associazione, e Nathan ( Arnaud Valois ), da poco entrato a far parte del collettivo. 
A seguito della loro frequentazione, tra i due si sviluppa un rapporto particolarmente intimo; rapporto che tende poi a intensificarsi a mano a mano che le condizioni di salute di Sean peggiorano drasticamente…


Dalla sua presentazione al Festival di Cannes dello scorso anno, dove si è aggiudicato il Grand Prix, alla cerimonia dei César 2018 nel corso della quale è stato premiato come miglior film, il lungo percorso di “120 battiti al minuto” è stato lastricato di innumerevoli e meritati riconoscimenti.
In qualità di ex militante di Act Up Parigi, Robin Campillo ha voluto rievocare in questo suo terzo film da regista gli anni estremamente difficili di un movimento che, parimenti a quello che stavano già facendo i suoi omologhi americani, ha condotto strenuamente una battaglia ( anche politica ) che ancora oggi, nonostante i numerosi e importanti passi avanti fatti dalla ricerca scientifica, non può purtroppo ritenersi conclusa.
I 120 battiti al minuto del titolo  sono quelli della musica techno, molto in voga negli anni novanta, al ritmo della quale i vari membri di Act Up Parigi erano soliti scatenarsi durante le loro lunghe notti trascorse in discoteca, dimostrando così tutta la loro voglia di vivere, e soprattutto di amare, pur ritrovandosi nell’impossibilità di programmare la loro vita nel lungo periodo.
“120 battiti al minuto” è un’opera dura e struggente al tempo stesso, che non risparmia nulla allo spettatore, ma che proprio per questo motivo riesce a catapultarlo nella triste realtà dei malati di Aids.
Sebbene, almeno dalla visione delle prime scene, si abbia l’impressione che la pellicola di Campillo sia stata sviluppata con un freddo taglio documentaristico, ben presto non si può fare a meno di rimanere emotivamente coinvolti nelle drammatiche vicende dei vari personaggi presentati.
Oltre alla bravissima Adèle Haenel ( qui in un ruolo relativamente marginale ), una menzione particolare spetta all’attore argentino Naheul Pérez Biscayart  che per la sua intensa e sofferta interpretazione di Sean è stato premiato con il César 2018 come migliore promessa maschile, e che lo scorso anno il pubblico francese ha avuto modo di apprezzare anche in un'altra pellicola campione di incassi: il commovente “Arrivederci lassù”, diretto e interpretato dal poliedrico Albert Dupontel.



Titolo: 120 battiti al minuto ( 120 battements par minute )
Regia: Robin Campillo
Interpreti: Adèle Haenel, Naheul Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Antoine Reinartz
Nazionalità: Francia
Anno: 2017

venerdì 29 dicembre 2017

“La ragazza senza nome” di Luc e Jean-Pierre Dardenne: l’elaborazione del senso di colpa di una giovane donna costantemente impegnata a servizio del prossimo.


Jenny Davin ( Adèle Haenel ) è una promettente dottoressa che esercita la sua professione nella città di Liegi.
Una sera, mentre si trova ancora nello studio presso il quale abitualmente visita i suoi pazienti, qualcuno suona al citofono ma, essendo già terminato l’orario delle visite, decide di non aprire.
Il giorno seguente, proprio nelle vicinanze di quell’ambulatorio, viene ritrovato il corpo senza vita di una donna, la cui identità purtroppo non è nota alle forze dell’ordine; a questo proposito, la polizia chiede a Jenny di poter visionare i nastri della telecamera di sorveglianza.
Poiché le successive verifiche stabiliscono che la vittima è proprio la persona che quella sera aveva citofonato allo studio di Jenny, quest’ultima, sconvolta per quanto accaduto, decide di intraprendere la propria indagine personale per scoprire chi fosse quella donna e, conseguentemente, poterle quindi dare una degna sepoltura…


Luc e Jean-Pierre Dardenne sono rinomati a livello mondiale per aver portato sullo schermo intensi e sofferti spaccati della quotidianità che si respira all’interno della periferia belga, dove problematiche come la disoccupazione, l’immigrazione e, più in generale, le differenze sociali appaiono più evidenti; e a questo proposito “La ragazza senza nome” non si presenta di certo come un’eccezione.
In effetti, anche in questa loro ultima pellicola i fratelli Dardenne tornano ad affrontare le tematiche a loro più care, in una storia che quasi fin dalle prime scene si tinge di giallo.
Protagonista della vicenda, però, non è un poliziotto o un detective professionista, bensì una giovane medico che, del tutto incidentalmente, si ritrova coinvolta in una vicenda che va ben oltre il suo quotidiano impegno a servizio del prossimo.
Nel tentativo di elaborare il suo senso di colpa per non aver risposto - senza minimamente immaginare le drammatiche conseguenze di quella decisione – a una richiesta di aiuto, decide così di lanciarsi in un’ossessiva ricerca della verità, al fine di giungere all’effettiva e tragica ricostruzione dei fatti.
Jenny Davin, con la sua apparente freddezza e soprattutto con il suo indiscutibile e coraggioso altruismo, va ad aggiungersi alla già lunga lista dei personaggi  dardenniani, ognuno dei quali si muove all’interno di un contesto caratterizzato dall’abbandono sociale.
Adèle Haenel è talmente brava che riesce a coinvolgere pienamente lo spettatore nell’ossessione che si impadronisce del suo personaggio, e che lo spinge a non arrendersi e ad andare avanti, nonostante le pesanti minacce ricevute.
Ad affiancarla ritroviamo ancora una volta con piacere un intenso Jérémie Rénier - attore feticcio dei due registi belga - in un ruolo a lui particolarmente congeniale.


Titolo: La ragazza senza nome ( La fille inconnue )
Regia : Luc e Jean-Pierre Dardenne
Interpreti: Adèle Haenel, Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione, Thomas Doret
Nazionalità: Belgio
Anno: 2016