venerdì 29 dicembre 2017

“La ragazza senza nome” di Luc e Jean-Pierre Dardenne: l’elaborazione del senso di colpa di una giovane donna costantemente impegnata a servizio del prossimo.


Jenny Davin ( Adèle Haenel ) è una promettente dottoressa che esercita la sua professione nella città di Liegi.
Una sera, mentre si trova ancora nello studio presso il quale abitualmente visita i suoi pazienti, qualcuno suona al citofono ma, essendo già terminato l’orario delle visite, decide di non aprire.
Il giorno seguente, proprio nelle vicinanze di quell’ambulatorio, viene ritrovato il corpo senza vita di una donna, la cui identità purtroppo non è nota alle forze dell’ordine; a questo proposito, la polizia chiede a Jenny di poter visionare i nastri della telecamera di sorveglianza.
Poiché le successive verifiche stabiliscono che la vittima è proprio la persona che quella sera aveva citofonato allo studio di Jenny, quest’ultima, sconvolta per quanto accaduto, decide di intraprendere la propria indagine personale per scoprire chi fosse quella donna e, conseguentemente, poterle quindi dare una degna sepoltura…


Luc e Jean-Pierre Dardenne sono rinomati a livello mondiale per aver portato sullo schermo intensi e sofferti spaccati della quotidianità che si respira all’interno della periferia belga, dove problematiche come la disoccupazione, l’immigrazione e, più in generale, le differenze sociali appaiono più evidenti; e a questo proposito “La ragazza senza nome” non si presenta di certo come un’eccezione.
In effetti, anche in questa loro ultima pellicola i fratelli Dardenne tornano ad affrontare le tematiche a loro più care, in una storia che quasi fin dalle prime scene si tinge di giallo.
Protagonista della vicenda, però, non è un poliziotto o un detective professionista, bensì una giovane medico che, del tutto incidentalmente, si ritrova coinvolta in una vicenda che va ben oltre il suo quotidiano impegno a servizio del prossimo.
Nel tentativo di elaborare il suo senso di colpa per non aver risposto - senza minimamente immaginare le drammatiche conseguenze di quella decisione – a una richiesta di aiuto, decide così di lanciarsi in un’ossessiva ricerca della verità, al fine di giungere all’effettiva e tragica ricostruzione dei fatti.
Jenny Davin, con la sua apparente freddezza e soprattutto con il suo indiscutibile e coraggioso altruismo, va ad aggiungersi alla già lunga lista dei personaggi  dardenniani, ognuno dei quali si muove all’interno di un contesto caratterizzato dall’abbandono sociale.
Adèle Haenel è talmente brava che riesce a coinvolgere pienamente lo spettatore nell’ossessione che si impadronisce del suo personaggio, e che lo spinge a non arrendersi e ad andare avanti, nonostante le pesanti minacce ricevute.
Ad affiancarla ritroviamo ancora una volta con piacere un intenso Jérémie Rénier - attore feticcio dei due registi belga - in un ruolo a lui particolarmente congeniale.


Titolo: La ragazza senza nome ( La fille inconnue )
Regia : Luc e Jean-Pierre Dardenne
Interpreti: Adèle Haenel, Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione, Thomas Doret
Nazionalità: Belgio
Anno: 2016

domenica 3 dicembre 2017

“Happy End” di Michael Haneke: il caustico e pessimistico ritratto di una società destinata inevitabilmente all’autodistruzione.


Eve ( Fantine Harduin ) ha tredici anni, e dopo la separazione dei suoi genitori vive con la madre; dotata di una personalità alquanto introversa, la giovane documenta la sua quotidianità con l’ausilio della fotocamera del suo smart phone.
Un giorno, esasperata dal comportamento della genitrice, che riversa su di lei le sue innumerevoli frustrazioni, decide di avvelenarla.
A seguito del ricovero in ospedale della madre, Eve si trasferisce quindi a Calais, a casa del padre Thomas ( Mathieu Kassovitz ), che recentemente ha avuto un figlio da Anaïs ( Laura Verlinden ).
Eva ha così la possibilità di fare la conoscenza della zia Anne ( Isabelle Huppert ), che con il figlio Pierre ( Franz Rogowski ) dirige l’azienda di famiglia, e che al momento si trova a dover affrontare le conseguenze di un grave incidente verificatosi presso uno dei loro cantieri.
Ma è con il nonno Georges ( Jean-Louis Trintignant ) che Eve intreccia un rapporto particolare.
L’uomo, giunto alla veneranda età di 85 anni, e stanco di vivere, sta cercando disperatamente la persona che possa finalmente accompagnarlo verso il suo “lieto fine”…


In questa sua ultima pellicola, presentata nello scorso mese di maggio al Festival di Cannes, Michael Haneke torna a riproporre alcuni dei temi da lui già affrontati in precedenza, questa volta però con un sguardo decisamente più caustico e pessimistico del solito.
Al centro di “Happy End troviamo una famiglia appartenente all’alta borghesia francese, caratterizzata da un’assoluta mancanza di coesione e metafora quindi di una società, la nostra, sempre più individualista e destinata inevitabilmente all’autodistruzione.
Secondo il suo inconfondibile registro narrativo, il regista mira ovviamente a coinvolgere lo spettatore nella vicenda, sebbene  a volte tenda volutamente ad escluderlo, anche se solamente per un breve attimo, da ciò che accade sullo schermo,  creando così su di lui un effetto decisamente disturbante.
A cinque anni di distanza da “Amour, il suo straziante capolavoro a cui in “Happy End” viene fatto un chiaro rimando, Michael Haneke torna a dirigere Jean-Louis Trintignant e Isabelle Huppert, due mostri sacri del cinema francese, i quali ci regalano l’ennesima straordinaria interpretazione della loro lunghissima carriera cinematografica.
Ma la vera rivelazione della pellicola è la giovanissima Fantine Harduin, a cui il regista ha deciso di affidare un ruolo tanto difficile quanto inquietante.


Titolo: Happy End ( Happy End )
Regia : Michael Haneke
Interpreti: Isabelle Huppert, Jean-LouisTrintignant, Mathieu Kassovitz, Fantine Harduin
Nazionalità: Francia
Anno: 2017

domenica 12 novembre 2017

“Il mio Godard” di Michel Hazanavicius: l’ironico e dissacrante ritratto di uno dei più grandi maestri del cinema.


Parigi 1967. Il regista Jean-Luc Godard ( Louis Garrel ) è all’apice della sua carriera cinematografica, adorato e osannato non solamente in Francia.
Nel tentativo di dare un’impronta meno borghese al proprio cinema, e fervente sostenitore del pensiero maoista, decide quindi di girare “La cinese”, che vede come protagonista femminile l’allora diciannovenne Anne Wiazemsky ( Stacy Martin ), della quale è follemente innamorato e con cui convola, sebbene in gran segreto, a nozze.
Diversamente da quelle che erano le sue aspettative, il film viene però accolto tutt’altro che entusiasticamente non solo dalla critica ma anche e soprattutto dal pubblico, abituato ad accorrere nelle sale per applaudire pellicole del grande maestro decisamente meno “ideologiche”.
Purtroppo, l’autore di capolavori del calibro di “Fino all’ultimo respiro” o “Il disprezzo” non esiste più, e questo essenzialmente perché il regista di origini svizzere sta attraversando una fase di profondo cambiamento a livello personale, ancora prima che artistico, che lo spinge ben presto a unirsi ai movimenti rivoluzionari giovanili dell’anno seguente, sebbene con risultati del tutto disastrosi.
Da parte sua, la moglie Anne, innamoratasi principalmente del Godard-artista, non può fare altro che assistere impotente alla “morte” del suo idolo, con l’inevitabile conseguenza che i suoi sentimenti nei confronti del Godard-uomo saranno ben presto destinati a cambiare…


Uscito il mese scorso anche nelle sale italiane, l’ultimo film di  Michel Hazanavicius narra l’appassionata e tormentata storia d’amore tra la giovane attrice Anne Wiazemsky e Jean-Luc Godard, uno dei più grandi maestri del cinema francese e mondiale, giungendo così a tratteggiare di quest’ultimo un ironico e dissacrante ritratto.
Tratto dall’autobiografia "Un an après" della Wiazemsky, qui interpretata dalla graziosa attrice francese Stacy Martin, “Il mio Godard” ci catapulta in un’affascinante Parigi di fine anni sessanta, alla vigilia dei ben noti movimenti rivoluzionari che ebbero il loro apice nel maggio del ‘68.
Con questa pellicola il regista premio Oscar per “The  artist”, pur rendendo omaggio a una delle più grandi icone del cinema francese e non solo, desidera al contempo evidenziare, sebbene con estremo garbo e ironia, gli aspetti contraddittori del suo pensiero; e indubbiamente è riuscito nel suo intento, grazie soprattutto alla magistrale interpretazione del camaleontico Louis Garrel, che con l’accento svizzero e gli inconfondibili occhiali dalla montatura nera, sullo schermo appare straordinariamente somigliante all’originale.



Titolo: Il mio Godard ( Le redoutable )
Regia : Michel Hazanavicius
Interpreti: Louis Garrel, Stacy Martin, Bérénice Bejo
Nazionalità: Francia
Anno: 2017