mercoledì 27 marzo 2013

“Effetto notte” di François Truffaut: un’appassionata dichiarazione d’amore del regista per il cinema.


A Nizza, presso gli studi “La Victorine”, il regista Ferrand (François Truffaut) sta girando “Vi presento Pamela”.
Per tutta la durata delle riprese, i problemi legati alla lavorazione del film si intrecceranno con le vicissitudini personali degli attori e degli altri membri della troupe… 
Girato nell’autunno del 1972, e presentato fuori concorso l’anno successivo al Festival di Cannes, “Effetto notte”, oltre a rappresentare una delle più importanti opere di Truffaut, è ritenuto dalla critica cinematografica uno dei migliori lungometraggi di tutti i tempi.
Ottenuto l’Oscar per il miglior film straniero, oltre a 3 nominations tra cui quella per l’intensa interpretazione di Valentina Cortese, “Effetto notte” tratta la storia di un gruppo di persone che, durante la lavorazione di un film, si ritrovano a percorrere insieme un breve tratto della loro esistenza.
Tra gli interpreti di “Vi presento Pamela” c’è Alphonse (Jean-Pierre Léaud), continuamente ossessionato dalla sua gelosia per Liliane (Dani), una delle segretarie di edizione; Séverine (Valentina Cortese), un’attrice italiana sul viale del tramonto che in passato ha avuto una storia con Alexandre (Jean-Pierre Aumont), un altro degli attori del film; e l’americana Julie Baker (Jacqueline Bisset), la quale, dopo aver superato un grosso esaurimento nervoso, ha sposato un medico che per l’età potrebbe essere suo padre.





Tanto i loro problemi quanto quelli degli altri componenti della troupe finiranno inevitabilmente per rallentare i ritmi delle riprese, con la conseguente disperazione del regista, interpretato dallo stesso Truffaut, che, come già accaduto ne “Il ragazzo selvaggio”, ha voluto nuovamente cimentarsi anche nella veste di attore.
Alla base di “Effetto notte” vi era la sua intenzione di realizzare una pellicola che permettesse allo spettatore di farsi un’idea abbastanza precisa di ciò che accade durante la lavorazione di un film, anche se poi il risultato finale è andato ben oltre le sue aspettative iniziali.
Il titolo si riferisce a una tecnica cinematografica che consiste appunto nel “trasformare” in notturna una ripresa effettuata invece in pieno giorno, grazie all’utilizzo di un apposito filtro.
Questa pellicola è un’appassionata dichiarazione d’amore del regista per il cinema e i suoi grandi maestri; sono in effetti numerose le citazioni dai film che hanno segnato la vita di Truffaut, oltre alle diverse autocitazioni dai propri.
Inoltre, come da lui stesso affermato, “Effetto notte” sintetizza alcune delle sue precedenti opere; opere che in questa pellicola riescono anche a trovare una giusta e degna conclusione.



Titolo: Effetto notte ( La nuit americaine )
Regia: François Truffaut
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Jacqueline Bisset, Valentina Cortese, Jean-Pierre Aumont, Dani
Nazionalità: Francia
Anno: 1973

martedì 19 marzo 2013

“Insieme a Parigi” di Richard Quine: quando la realtà supera la fantasia.


Richard Benson (William Holden) è un famoso sceneggiatore al quale è stato commissionato dal produttore Alexander Meyerheim lo script di un film.
Playboy incallito e abitualmente poco concentrato sul proprio lavoro, a due giorni dalla scadenza del termine previsto per la consegna della sceneggiatura, Benson non ne ha ancora scritto neppure una riga.
Allo scopo di velocizzare il lavoro, decide quindi di assumere Gabrielle Simpson (Audrey Hepburn), una dattilografa; la donna si presenta all’albergo dove Benson alloggia, e durante il week-end i due vedono lentamente svilupparsi la storia de “La ragazza che rubò la Tour Eiffel”.
Nell’elaborare la sua sceneggiatura Benson immagina che siano lui e Gabrielle ad interpretare i due protagonisti della pellicola; e, proprio come accade nella finzione, anche lo sceneggiatore e la dattilografa a poco a poco si avvicineranno per poi innamorarsi.

Basato su Henriette, la pellicola di Julien Duvivier del 1952, e diretto da Richard Quine, “Insieme a Parigi” è una leggera commedia sentimentale che vede protagonisti un maturo William Holden e un’effervescente Audrey Hepburn.
Sullo sfondo di una coloratissima Parigi durante i festeggiamenti per il 14 di luglio, George Axelrod ha sviluppato una piacevole sceneggiatura che le divertenti interpretazioni della coppia Holden-Hepburn ( per la seconda volta insieme sullo schermo dopo il successo di “Sabrina” ) hanno indubbiamente contribuito a vivacizzare.
Un anno dopo aver recitato in Sciarada, la Hepburn torna a Parigi, città a lei particolarmente congeniale, per interpretare il ruolo di una graziosa e, nella sua semplicità,  seducente dattilografa, che presto si rivela una vera e propria musa ispiratrice per lo scrittore in crisi di idee interpretato da Holden.
Le eleganti scenografie e i raffinati costumi ideati da Hubert de Givenchy contribuiscono a donare un tocco glamour al film, che vanta tra le musiche della colonna sonora la melodiosa “That face”, magistralmente interpretata da Fred Astaire.
Ancora oggi “Insieme a Parigi” continua a entusiasmare gli amanti della commedia classica americana e, al tempo stesso, rappresenta un significativo esempio di come la capitale francese veniva vista dalla Hollywood dei primi anni sessanta.



Titolo: Insieme a Parigi ( Paris, when it sizzles )
Regia: Richard Quine
Interpreti: Audrey Hepburn, William Golden, Tony Curtis, Noel Coward
Nazionalità: USA
Anno: 1964

lunedì 11 marzo 2013

“Ti amerò sempre” di Philippe Claudel: l’estremo e tragico gesto di una madre nei confronti del proprio figlio.


Dopo aver trascorso 15 anni in carcere per l’omicidio del proprio bambino, Juliette Fontaine (Kristin  Scott Thomas) viene ospitata dalla sorella minore Léa (Elsa  Zylberstein) a Nancy, dove vive con il marito, le due figlie adottive e il suocero malato.
La donna adesso può fare esclusivamente affidamento su Léa, dal momento che è l’unica della sua famiglia che nel corso degli anni ha continuato a volerle bene.
Il reinserimento nella società si presenta tutt’altro che semplice per lei, sia sul piano lavorativo, che nei rapporti interpersonali, tanto più che Juliette sembra voler continuare a rimanere isolata da tutto ciò che la circonda.
Grazie però all’affetto e alla vicinanza della sorella, delle nipotine e delle persone che incontrerà nella sua nuova vita fuori dal carcere, la donna riuscirà a poco a poco a riaprirsi verso il mondo esterno e, soprattutto, a rivelare finalmente il vero motivo che quindici anni prima la spinse ad uccidere il proprio figlio…

Ti amerò sempre” è il film che ha segnato il debutto alla regia di Philippe Claudel, uno dei più apprezzati scrittori francesi contemporanei.
Protagonista assoluta della pellicola è una bravissima Kristin Scott Thomas nel ruolo più drammatico e impegnativo della sua carriera cinematografica, grazie al quale nel 2008 si è aggiudicata il premio come migliore attrice agli European Film Awards.
In effetti, l’immagine glaciale che da sempre contraddistingue l’attrice inglese si presta  perfettamente all’interpretazione di una donna la cui condanna sembra destinata a non avere mai fine, sebbene sia uscita recentemente dal carcere dopo avervi trascorso gli ultimi 15 anni.
Come se continuasse a vivere in una prigione virtuale che lei stessa si è imposta, Juliette appare perfino incapace di contraccambiare l’affetto dimostratole da Léa che, nonostante tutto, ha sempre conservato un buon ricordo della sorella maggiore.
Inizialmente, rimaniamo addirittura infastiditi dalla freddezza da lei ostentata ogniqualvolta si trova costretta a parlare del proprio passato; però, il calore dell’ambiente familiare che la circonda riuscirà a poco a poco a sciogliere il gelo interiore nel quale sembra intrappolata, e a infonderle la speranza che anche per lei  possa esserci un futuro.
E’ solamente a seguito della casuale scoperta da parte di Léa di ciò che è effettivamente successo quindici anni prima, che riusciamo finalmente a comprendere l’assoluto distacco di Juliette dal mondo che la circonda e tutta la tragicità del suo gesto; quello di una madre che, di fronte alla prospettiva di veder soffrire inutilmente il proprio figlio a causa dalla malattia da cui lo aveva improvvisamente scoperto affetto, ha dovuto prendere la dolorosa decisione di privarlo della vita.
Anche se alla luce di tutto ciò la sua posizione avrebbe potuto senz’altro essere valutata diversamente, Juliette non ha mai voluto rivelare le reali dinamiche dei fatti; e sebbene questo le sia addirittura costato il disprezzo e l’abbandono da parte dei suoi genitori, dopo la morte del suo bambino nulla ha avuto più  importanza per lei.
Claudel con la sua pellicola di esordio ha sollevato per l’ennesima volta il delicato dibattito sul diritto alla vita e l’eutanasia; e lo ha fatto mettendo in scena il dramma di una madre e il suo estremo atto d'amore nei confronti del proprio figlio.



Titolo: Ti amerò sempre ( Il y a longtemps que je t’aime )
Regia: Philippe Claudel
Interpreti: Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Frédéric Pierrot, Serge Hazanavicious
Nazionalità: Francia
Anno: 2008

martedì 5 marzo 2013

“La chiave di Sara” di Gilles Paquet-Brenner: per non dimenticare uno dei più drammatici e ignobili episodi della storia francese.


Tra il 16 e il 17 luglio del 1942, tredicimila ebrei parigini furono arrestati dalla polizia collaborazionista francese e imprigionati in condizioni disumane nel Vélodrome d’Hiver, in attesa di essere destinati ai vari campi di concentramento nazisti.
Tra i coinvolti nel rastrellamento vi furono anche i coniugi Starzynski e la loro figlia maggiore Sara (Mélusine Mayance), la quale, prima di lasciare la loro abitazione, rinchiuse il fratellino Marcel in un armadio, affinché almeno lui potesse sfuggire al raid della polizia.
Nel 2009 Julia Jarmond (Kristin Scott Thomas), una giornalista americana sposata con un architetto francese e da anni residente a Parigi, deve realizzare un reportage sulla drammatica vicenda del rastrellamento del Vél d’Hiv
Nel corso delle sue indagini la donna verrà a conoscenza della tragedia di Sara e, inaspettatamente,  scoprirà che le tristi vicende di quella ragazzina sono drammaticamente legate a quelle della famiglia di suo marito…


Tratto dal romanzo di Tatiana de Rosnay e diretto da Gilles Paquet-Brenner, “La chiave di Sara”,  insieme a “Vento di primavera” di Rose Bosch, ha indubbiamente il merito di aver contribuito a riportare alla luce i drammatici eventi dell’estate del 1942 legati al rastrellamento del Velodromo d’Inverno di Parigi.
Muovendosi sullo sfondo della tragedia della Shoah, il regista ci presenta la storia di due donne che, sebbene vissute in epoche diverse, a poco a poco lo spettatore vede dolorosamente intrecciarsi.
Sara, dopo essere riuscita a fuggire dal campo di concentramento in cui era internata insieme ai suoi genitori, non riesce a dimenticare il suo triste passato, attanagliata da un rimorso che ne corrode lentamente l’esistenza.
Nella Parigi dei nostri giorni, un’altra donna, la giornalista americana Julia, sta attraversando un periodo particolarmente delicato, sia nella sfera privata ( con una gravidanza inattesa e le conseguenti incomprensioni con il marito ) che in quella professionale.
L’indagine che sta conducendo sul rastrellamento del Velodromo d’Inverno avvenuto durante il secondo conflitto mondiale, la sta in effetti coinvolgendo profondamente dal punto di vista emotivo, soprattutto dopo che, casualmente, la donna è venuta a conoscenza della triste storia di Sara e della sua famiglia.
Proprio mentre sta cercando di scoprire cosa sia successo a lei e al suo fratellino, i cui nominativi non compaiono tra quelli dei deceduti nei campi di concentramento, Julia farà una terribile scoperta, il cui oggetto, oltre a essere stato alla base del tormento interiore di Sara, le cambierà per sempre l’esistenza, dandole allo stesso tempo la forza di riprogrammare completamente il proprio futuro.
Nei panni della giornalista americana ritroviamo una particolarmente intensa Kristin Scott Thomas, che dimostra per l’ennesima volta tutta la sua incredibile bravura, mentre la giovanissima Mélusine Mayance è semplicemente strepitosa nella parte della piccola ma estremamente coraggiosa Sara.
Il continuo alternarsi dei due piani temporali contribuisce indubbiamente a donare dinamicità alla narrazione, coinvolgendo emotivamente lo spettatore nella stessa e rendendolo, ancora una volta, testimone impotente di fronte agli errori e agli orrori della storia dell’umanità.



Titolo: La chiave di Sara ( Elle s’appelait Sarah )
Regia: Gilles Paquet-Brenner
Interpreti: Kristin Scott Thomas, Aidan Quinn, Mélusine Mayance, Michel Duchaussoy, Frédéric Pierrot
Nazionalità: Francia
Anno: 2010